capitolo ottantatre: ti sento profodamente mio.

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Il buio era fin troppo nella stanza ma Riccardo non osava dirlo, preferiva evitare di interromperlo quel buio.
Se ne stava quasi rifugiato nell'oscurità che tanto avvolgeva da nascondere le sue guance rosse e il suo volto preoccupato.
Voleva, assolutamente, entrare dentro Alessandro ma, chissà per quale assurdo motivo, ne era letteralmente terrorizzato.
Forse un po' perché quel passo sarebbe significato tanto per lui, sarebbe stato come ammettere, a sé stesso a ad Alessandro, che effettivamente ciò in cui aveva sempre creduto non era vero.
Quel bisogno di sentire Alessandro così vicino a sé, quel bisogno di sentirlo suo così tanto era la chiara, palese e lampante dimostrazione della sua sessualità.
Anzi no, non era una prova di nulla, era solo un modo per complicare tutto ancor di più.
Se gli fosse piaciuto anche quello le domande nella sua mente si sarebbero triplicate, i dubbi lo avrebbero schiacciato, lui avrebbe perso il fiato.
"Possiamo prima parlare?" sussurrò ad un certo punto, tra le sue labbra.
"Di cosa?" domandò Alessandro confuso.
"Scusa, sono un caga cazzo" piagnucolò Riccardo scendendo dalle sue gambe.
Si vergognava di se stesso e dei suoi mille dubbi. Si vergognava dei suoi continui cambi di idea, del modo in cui aveva paura.
Sapeva di portare Alessandro al limite della sopportazione, sapeva di fargli venire chiaramente voglia di allontanarlo.
"Come fai?" domandò di conseguenza ai suoi pensieri "Come fai a non respingermi?" proseguì.
"Cosa?" chiese Alessandro sporgendosi in avanti per accendere la luce nel comodino e voltandosi vide Riccardo mettere una mano davanti agli occhi.
"Vuoi che la spengo?" proseguì "È che sai preferirei guardarti per.."
"No" lo interruppe Riccardo "Lasciala pure accesa ma vieni qui" proseguì con un tono di voce fin troppo disperato.
"Okay" sospirò Alessandro per poi sedergli accanto, poggiando i piedi nudi sul pavimento freddo.
"Dimmi" sussurrò per nulla spazientito.
Certo si, avrebbe voluto tantissimo ciò che stava per accadere ma di fronte al volto bianco di Riccardo ogni cosa era passata in secondo piano. Era lui la cosa più importante tra tutte, era lui ciò che più di tutto contava.
Doveva capire cosa avesse, doveva farlo stare meglio.
Renderlo tranquillo era per lui quasi un obbligo.
Non importava nulla se Riccardo era preoccupato, importava solo lui.
"Non ti annoio?" domandò ancora Riccardo mentre, con un movimento lento, si sistemava le coperte sulle gambe.
"Perché dovresti annoiarmi?" rispose il più grande sfiorandogli la spalla con la sua "Mh?" proseguì con un sorriso.
Riccardo però quel sorriso non riuscì a ricambiarlo, troppo tormentato da chissà cosa.
"Che succede Richi?" domandò ancora, tornando serio.
"Succede che interrompo sempre tutto e non ti faccio mai capire cosa voglio" sbuffò Riccardo senza guardarlo.
"So cosa vuoi" disse Alessandro cercando di avere il suo sguardo addosso.
"Richi" proseguì sfiorandogli una spalla per attirare la sua attenzione "So cosa vuoi" disse solo quando il ricciolino lo stava guardando.
"E cosa voglio?" domandò Riccardo sfinito.
Magari Alessandro avrebbe saputo dire ciò che lui non capiva, magari gli avrebbe dato una mano nel capire cosa voleva.
Perché la verità era che non sapeva nulla, assolutamente nulla.
Sapeva ciò che provava, ciò che desiderava, ma non ciò che voleva.
Lui non sapeva più chi era.
"Ti viene così difficile ammettere che vuoi me?" domandò Alessandro alzando le spalle, per poi riabbassarle poco dopo.
Aveva trovato giusto arrivare subito dritti al punto, senza giri di parole inutili.
Riccardo era visibilmente scosso e spaventato, far discorsi vaghi non lo avrebbe di certo aiutato.
Lui in quel momento voleva sentirsi dire la verità e questo Alessandro lo sapeva bene.
"No" piagnucolò quasi il piccolo, per poi stringersi forte alle spalle.
Sentiva i brividi su tutto il corpo e il freddo nella pancia.
"Anzi si" proseguì per poi sbuffare "Ale io so che voglio te ma non riesco a dirlo non per te, ma per me" proseguì guardandolo "Se soltanto lo ammettessi io dovrei andare incontro a certe cose, farci i conti" finì torturandosi le mani.
"Hai freddo?" domandò Alessandro mentre si metteva in piedi, rimettendo i suoi boxer.
Il più piccolo si limitò a far un cenno per poi guardare con attenzione Alessandro muoversi nella stanza.
"Quando avevo diciassette anni" iniziò a parlare il moro mentre cercava qualcosa tra i suoi cassetti "Ho conosciuto un ragazzo bellissimo" disse mentre metteva una maglietta.
Poi, a passi svelti, si diresse verso Riccardo porgendogliene un'altra "Tieni" disse.
"Grazie" biascicò il piccolo per poi osservarlo mentre si sedeva di nuovo "E?" disse dopo un po'.
"E io non sapevo assolutamente cosa mi stava succedendo" riprese a parlare il più grande.
Parlava con parole così dolci che Riccardo si sentì accarezzato senza che Alessandro gli sfiorasse il volto.
"Avevi già provato attrazione per qualche ragazzo prima?" domandò mentre cercava di ritrovarsi dentro la maglietta.
Gli capitava di continuo di ingarbugliarsi nelle magliette, di perdersi dentro quel tessuto come fosse infinito.
Alessandro prontamente allungò le mani per aiutarlo e quando Riccardo uscì fuori la testa il tessuto della maglietta scivolò sul suo corpo facilmente.
"Non è così difficile trovare un buco" disse Alessandro scoppiando a ridere.
"Scusa" biascicò subito dopo abbassando la testa "ho scelto le parole sbagliate" proseguì notando l'attinenza tra quella discussione e la situazione precedentemente vissuta.
Riccardo, dopo qualche secondo di silenzio scoppiò in una risata impossibile da trattenere "Che coglione" proseguì poi dandogli un colpetto spostandolo appena.
"Lo so" biascicò Alessandro con un sorriso colpevole nascosto tra le labbra "Lo so" proseguì.
"Comunque si, avevo già guardato qualche ragazzo, come avevo guardato qualche ragazza" disse tornando al discorso precedente e riacquistando così, improvvisamente, tutta l'attenzione del piccolo su di lui.
"Non sapevo se volessi essere loro o stare con loro" disse ancora "Intendo sia i ragazzi che le ragazze" sorrise.
"E questo ragazzo che aveva di diverso?" domandò il ricciolino mentre incrociava le gambe per mettersi più comodo.
"Lui era...diverso" disse Alessandro come iniziando a ricordare cose così vecchie da sembrare quasi un sogno.
Con un movimento si lasciò scivolare sul letto, poggiando la schiena sul materasso.
"Aveva qualcosa negli occhi" riprese a parlare mentre stringeva al petto un cuscino.
"Qualcosa negli occhi?" domandò Riccardo osservandolo attentamente.
Era così bello mentre se ne stava perso in chissà quale pensiero.
Aveva gli occhi così accesi che Riccardo si ritrovò a pensare che avrebbe pagato qualsiasi cosa pur di vedere in quale pensiero si trovasse al momento.
Di colpo, di fronte ad un improvviso sorriso di Alessandro, di certo non rivolto a lui, una strana gelosia si fece strada nel suo petto.
Una gelosia tranquilla però, nulla che lo facesse arrabbiare.
Era più che altro invidia per quel ragazzo che, a distanza di tantissimi anni, provocava ancora dei sorrisi sul volto di Alessandro anche in dei semplici ricordi.
Anche se non fisicamente lì riusciva comunque a provocare un sorriso di quella portata al moro.
Riccardo avrebbe voluto provocargli gli stessi sorrisi.
Guardando i tratti sereni sul volto di Alessandro si ritrovò quasi a sperare di poter essergli sorriso in quel modo un giorno.
Sapere che dopo tanti anni ad Alessandro il ricordo di lui gli avrebbe provocato quel sorriso gli sarebbe bastato.
Tanto che se avesse avuto una palla del futuro, in quel momento, tra le mani, avrebbe di certo chiesto di vedere proprio l'esatto momento in cui, tra tanti anni, Alessandro avrebbe parlato di lui.
Avrebbe voluto vederlo quel sorriso che gli provocava ancora, sarebbe stata come una promessa sussurrata.
Come tutto quello che avevano fatto finora d'altronde, come tutto quello che stavano facendo.
Loro si stavano sussurrando promesse senza dire una parola.
"Si, aveva qualcosa di proibito negli occhi" proseguì tornando a guardarlo "Ma non faceva paura" proseguì come ricordando quelle sensazioni.
"Non avevi paura?" domandò Riccardo stendendosi accanto a lui, però di pancia.
Poggiò la mano sotto al mento per sorreggerlo.
"Morivo di paura" sussurrò Alessandro sporgendosi per parlargli all'orecchio, per poi scoppiare a ridere.
Si sistemò allo stesso modo di Riccardo, poggiando una mano sulla testa per sorreggerla.
Adesso erano uno di fronte all'altro.
"Ma?" domandò Riccardo prendendo il cuscino che il ragazzo stava prima stringendo e lasciando che la faccia gli sprofondasse dentro.
Sentì immediatamente il profumo del più grande entrargli dentro le narici così interamente da fargli venire i brividi.
Sentiva di stringerlo pur non facendolo realmente e il profumo della pelle di Alessandro era in assoluto tra i suoi profumi preferiti.
"Ma?" domandò Alessandro mentre, delicatamente, gli accarezzava la spalla con un dito, come facendo dei cerchi immaginari sulla sua pelle bianca.
Riccardo lo lasciò fare, coccolato da quel tocco gentile.
"Deve esserci un ma" fece spallucce appena "Sennò che senso ha?" proseguì.
"Che senso ha?" sospirò Alessandro ripetendo la domanda con un altro tono "È questo il problema" tornò a guardalo "Per te deve sempre avere tutto un senso?" domandò.
"Si" disse rapido il piccolo "Anzi, non tutto, ma questo si" lo guardò ancora.
Era così sereno nei tratti del volto, tanto da trasmettergli serenità di conseguenza.
"Sai quando ho capito che questo ragazzo a me piaceva realmente?" domandò il più grande sistemandosi sul cuscino, accanto a lui.
"Quando?" chiese il piccolo dopo aver fatto segno di no con la testa.
"Quando ho smesso di chiedermi se ci fosse un senso" disse riprendendo ad accarezzargli la spalla con un dito, per poi scendere lungo il braccio.
"E non è arrivato tutto dopo?" domandò Riccardo curioso.
"Tutto cosa?" chiese il moro.
"Le domande" piagnucolò "Io sono pieno di domande" si lasciò sfuggire.
"Sono tutt'ora pieno di domande" ammise Alessandro "Ma chi non ha domande quando ci sono di mezzo sentimenti?" disse ancora con un gran sorriso, quasi imbarazzato.
"Sentimenti?" chiese Riccardo allarmato, rialzando ancora la testa, tenendo il mento schiacciato contro la mano.
"Non allarmarti" rise Alessandro guardandolo "i sentimenti comprendono mille altre cose prima dell'amore" chiarì mettendosi poi sdraiato di schiena, per guardare meglio il piccolo.
Messo com'era aveva il volto esattamente sul suo, e guardarlo dal basso era bello tanto quanto guardare il sole sorgere dal finestrino di un aereo.
Starsene sotto il suo volto, ammirarlo dal basso, in quel modo, era uno dei privilegi più grandi che Alessandro potesse vivere.
Privilegio si, perché era sicuro, anzi sicurissimo, che avere Riccardo accanto non fosse niente di meno che un privilegio.
Perché Riccardo non poteva mai essere meno, più però si, più era certamente.
"E lui quindi è stato il tuo primo amore?" domandò Riccardo abbassando la testa per guardarlo.
Alessandro si limitò a far un cenno.
"Dimmi di lui" disse ancora il piccolo.
"No" parlò rapido il più grande "Perché?"
"Perché mi piacerebbe sapere qualcosa di te" ammise sincero il ragazzo "E perché magari questa storia può aiutarmi"
"Non era di qui" iniziò a parlare Alessandro mentre, con un dito, percorreva distrattamente i tratti del volto di Riccardo.
Tanto aveva toccato quel volto ormai da conoscerlo a memoria.
Se avesse chiusi gli occhi lo avrebbe avuto comunque inciso nelle palpebre chiarissimo, come se avesse in realtà gli occhi aperti, come se lo stesse vedendo.
"E io ero in vacanza con mia mamma, mia zia, e i miei cugini, come ogni anno" raccontò piano e gli occhi gli si illuminano ancora.
"Era di Il Cairo" sorrise "Ricordo che trovai fosse un segno del destino che venissimo da posti così vicini"
"Tu sei egiziano no?" domandò il piccolo sistemandosi meglio sulla sua mano.
"Si" disse Alessandro facendo cenno di sì due o tre volte "bravo, hai studiato" rise poi premendo un dito sul suo naso.
"Ma zitto" biascicò il piccolo arricciando il naso per farlo allontanare "Ricordo e basta" si giustificò.
"Sisi" sorrise Alessandro "Tu sei pazzo di me"
"Se" sbuffò Riccardo "continua a raccontare" lo incitò.
"Viveva due o tre ville più giù di questa e ci incontrammo per la prima volta al bar infondo alla strada, adesso ha chiuso, non esiste più" ricordò rattristato "Peccato, faceva il gelato migliore della zona" osservò facendo un finto broncio.
Riccardo si ritrovò a sorridere, intenerito dalla visione di quel ragazzo rattristito.
"Su non fare cosi" cantilenò infatti prendendolo in giro "Domani ti porto io a prendere un gelato" proseguì accarezzandogli i capelli.
Sul volto del modo si accesse l'ennesimo sorriso.
"Grazie" farfugliò appena in quel sorriso "Comunque ci siamo frequentati solo per venti giorni, poi lui è tornato a Il Cairo" finì.
"Vi siete più rivisti?" domandò Riccardo curioso.
"Ci siamo risentiti, e ripromessi di rivederci per anni" parlò rapido il più grande "quando sono andato nella sua città ci siamo visti ma le cose erano ormai cambiate" disse mentre si godeva le carezze di Riccardo.
"Cioè?" domandò il ricciolino.
"Parlavamo come due vecchi amici con ricordi in comune, lui sembrava quasi distaccato, come se avesse dimenticato quei baci, le giornate al mare, le volte in cui stavamo nascosti nella sua soffitta" disse tornando a sorridere.
"Ricordo che ne rimasi deluso ma adesso ripensandoci non è poi così strano, erano passati un sacco di anni" notò.
"Ci pensi ancora?" domandò Riccardo come intimorito.
"Si, capita di pensarci" ammise Alessandro "Ma è un bel pensiero, qualcosa di bello vissuto" disse poco dopo e notò Riccardo tirar un sospiro di sollievo.
"Avevi paura che non l'avessi superata?" domandò infatti incuriosito.
"Ne parli come se fosse una cosa fresca" notò il piccolo.
"Ci siamo rivisti tre o quattro anni fa, ma non è una cosa fresca e non ne parlo come se lo fosse" tentò di rassicuralo "È solo che me lo hai fatto ricordare" proseguì tornando ad accarezzargli il volto.
"Ancora geloso" disse dopo poco non riuscendo a trattenere un sorriso trionfante e lusingato.
"Io geloso?" domandò Riccardo, ma questa volta senza rabbia né fastidio, stava piuttosto sorridendo.
"Si, tu geloso" proseguì Alessandro rimettendosi in bilico sui gomiti, avvicinandosi al suo volto.
"Non so cosa te lo faccia credere" fece spallucce il piccolo mentre gli sorrideva vicino alle labbra.
"Hai fatto a pugni per me" osservò Alessandro alzando un dito tra loro "Mi hai tenuto d'occhio tutta la sera come fossi di tua proprietà" alzò il secondo dito.
"Tu sei di mia proprietà" disse Riccardo avvicinandosi appena alle sue labbra.
Alessandro sentì il cuore fargli un tuffo nel petto, come staccandosi dal posto in cui stava, come cadendogli nello stomaco, scendendo per i polmoni e togliendogli il fiato, passandogli per l'intestino e provocandogli dolore, per poi posarsi sul fondo, distrutto.
Mai nessuno gli aveva distrutto il cuore per la forte emozione, mai nessuno gli aveva fatto così bene da fargli così male.
Riccardo era dolore piacevole, era apnee costanti, era balzi di cuore dappertutto e farfalle nello stomaco più simili a scosse.
Come se nello stomaco avesse lampadine accesse, o meglio, tizzoni ardenti che non la smettevano mai di bruciargli le pareti.
Ma era un dolore che non avrebbe annaffiato mai, neppure se avesse avuto l'acqua a portata di mano.
Riccardo era l'unico dolore che voleva provare.
"Hai appena ammesso questo" disse dopo un po' alzando il terzo dito tra loro "Mi hai ballato accanto pur di tenere quello lontano" proseguì.
"Vuoi altre motivazioni?" disse ancora, sorridendo.
"Sono cose che hai visto te, nulla di palese" disse ancora Riccardo fingendosi fisso nella sua posizione.
Eppure rideva, adesso rideva e Alessandro fu certo fosse ironico.
Di lì a poco avrebbe ammesso la verità, di lì a poco avrebbe detto ciò che da una serata voleva sentirsi dire, ne era certo.
"Nulla di palese? Riccardo ma se hai fatto letteralmente la famosa pipì sul palo oggi" urlò quasi, scoppiando a ridere.
Anche Riccardo rise, lasciandosi scivolare sul cuscino "Te ne ricordi?" chiese guardandolo.
"Si, ovvio che sì" rispose rapido Alessandro "Non è che sono geloso, è che se una cosa è mia e te lo faccio capire perché devi cagare il cazzo?" lo imitò.
Ricordava perfettamente quel discorso avvenuto tra loro due il mese precedente.
Si ritrovò a sorridere quando si rese conto che quello che aveva detto era avvenuto.
Si erano letteralmente detti ciò che adesso era accaduto.
Tornando indietro e pensando di dire a quell'Alessandro che presto o tardi quell'azione l'avrebbe vissuta sulla sua pelle si ritrovò a ridere.
Chi lo avrebbe mai detto?
Chi lo avrebbe mai detto quella sera che Riccardo sarebbe stato geloso di lui un giorno?
"Quindi sono una cosa tua?" disse avvicinandosi appena al piccolo.
"Ma che cazzo" rise Riccardo ancora perso nei suoi pensieri "Ho fatto quel che ti ho detto" disse poi guardandolo "Chi lo avrebbe mai detto quella sera?" proseguì.
"Chi lo avrebbe mai detto?" ripetè Alessandro.
Si sentiva felice, così tanto da tremare, così tanto da non riuscire a smetterla di sorridere mentre sentiva il suo cuore battere forte nel petto.
"Riccardo alla faccia del "non sono geloso" però eh" disse ancora.
"Non sono geloso" ripetè il piccolo.
"Ti sei mangiato Vittorio con il pranzo e sei saltato addosso a uno in discoteca" rise Alessandro.
"Perché gli ho fatto capire che eri cosa mia e hanno continuato a cagare il cazzo" disse sorridendo "Te lo avevo detto" finì.
"Quindi sono cosa tua?" domandò ancora Alessandro.
"Si" fece spallucce Riccardo.
"Quindi sei geloso?" proseguì il più grande prendendo la palla al balzo.
"Si" disse ancora il ricciolino con così tanta naturalezza che ad Alessandro quella vittoria non piacque quanto sperava.
"Lo avessi ammesso prima ci risparmiavamo una rissa" lo rimproverò facendolo ridere.

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