Il mio lavoro mi permette di avere a che fare con persone di un certo tipo, soggetti con cui non vorresti mai trovarti faccia a faccia, gente veramente tremenda. Ho dovuto cambiarlo dopo una serie di situazioni spiacevoli accadute con il mio precedente impiego. Ero un poliziotto, vivevo a Rimini, una delle città italiane con il più alto tasso di criminalità in Italia. La compagnia dei miei colleghi mi aiuta a rendere il mio nuovo lavoro più sopportabile. Una sera ero con uno di loro, Nevio, parlavamo di come il paese sta cambiando.
Io: <Il paese non è mai stato così diviso, nessuno vuole più scendere a compromessi. Il divario tra ricchi e poveri continua ad aumentare, i ragazzi imparano a difendersi da una pistola prima di imparare l'alfabeto. Sta andando tutto in malora, dopo tutti questi anni e dopo tanti sacrifici, le persone hanno paura di perdere la loro libertà>.
Nevio: <Non deve per forza essere così. Alcuni direbbero che il libero arbitrio è ciò che ha messo questo mondo in ginocchio. Il vero male oggi non è più bianco o nero. Non più contrabbandieri o gangster, ma corruzione nelle aziende, nei politici. Nell'uomo tranquillo che non parla mai e che trama di nascosto>.
Io: <Stai dicendo che la legge e la giustizia non hanno più validità, è così?>.
Nevio: <No, non dico questo. Ma non comincia a sembrarti tutto un po' ripetitivo, sei veramente convinto che imprigionare rapinatori di banche renderà il mondo un posto migliore?>.
Nevio: <Siamo sulle sabbie mobili>.
Le sue parole mi colpirono duramente, sapevo che aveva ragione ma non lo volevo ammettere. Nel mio cuore cercavo di trovare la positività per sperare in un futuro migliore di questo, per i miei figli e per i miei nipoti che avrebbero ereditato questo mondo alla mia morte.
Era notte inoltrata il 17 febbraio del 2021 ed ero di turno in una delle carceri più sicure d'Italia. La Casa Circondariale di Rimini. Come hai potuto intuire sono un agente di polizia penitenziaria e lo faccio da almeno 21 anni. Nel corso della mia carriera ho lavorato in molte sedi e, fidati, di criminali ne ho conosciuti abbastanza. Questo mestiere mette a dura prova la salute mentale di chi lo svolge, non è facile gestire e stare a stretto contatto con persone che giorno e notte vivono in una cella. Una volta un detenuto si è impiccato in cella perché non sopportava la vita qui dento, o sentito di un altro che dopo esser stato qui per 11 anni è uscito e pochi giorni dopo ha chiamato il 118 fingendo un'emergenza, i due paramedici sono stati subito aggrediti, li ha pugnalati allo stomaco apparentemente senza motivo, dopo essere stato immobilizzato si è scoperto che lo aveva fatto apposta per tornare in carcere perché non riusciva a sopportare la vita là fuori. Alcuni possono diventare davvero molto pericolosi ma ovviamente non tutti sono così. Molti di loro sono abbastanza disciplinati e furbi da nascondere i loro veri intenti. Si tratta di detenuti che io definisco i più pericolosi perché tramano qualcosa e nonostante accettino la propria pena non rinunciano alla gestione della carriera criminale nemmeno in prigione. E' ormai risaputo che molti di loro gestiscono le organizzazioni persino all'interno di strutture di massima sicurezza come quella in cui lavoravo. Tornando a quella sera, si erano fatte circa le 23:00, quando un gruppo di agenti ci consegnò un uomo sui 50 anni. Io lo riconobbi subito, si trattava di un rinomato pregiudicato del mio paese arrestato qualche mese prima, ma che per ragioni di sicurezza venne trasferito da noi. La prima volta che lo guardai mi colpì il suo sguardo freddo, gelido come il ghiaccio, aveva l'aspetto di un uomo calmo ma al contempo burbero e davvero pericoloso nonostante le apparenze. Nella sua prima settimana di permanenza non fu affatto difficile da gestire. L'uomo collaborava e rispettava le regole della struttura. Tuttavia un giorno durante l'ora d'aria inizio ad attaccare bottone con me confessandomi che mi conosceva. Aggiunse che ero di buona famiglia e che mi avrebbe rispettato nonostante fossi uno sbirro. Essendo una persona molto attenta e sapendo che tipo di soggetti finiscono in quel carcere ovviamente non risposi alle sue parole. Lui noncurante mi invitò a collaborare, ma in cosa? Mi disse di trattarlo bene poiché aveva dei complici fuori a sentire quelle parole non vi nego che mi provocò una forte agitazione lui mi conosceva e aveva ragione. Era proprio così perché nel paese in cui vivo ci conosciamo tutti. Fu da quel giorno che iniziai ad essere ossessionato dalle sue parole che con il passare del tempo compromisero le mie regolari mansioni. Lui si era accorto del potere intimidatorio che esercitava su di me. Per non creare problemi, dato che si trattava di gente pericolosa, ma davvero molto pericolosa, decisi di non fare rapporto ai miei superiori sull'accaduto e questo forse divenne l'errore più grande che abbia mai potuto commettere. Le cose peggiorarono quando mi accorsi degli incontri che aveva con i propri familiari, egli parlava con un linguaggio subdolo, molto particolare. Compresi col tempo il suo dialetto, anche grazie all'aiuto di un mio collega che veniva da un paese vicino in cui si parlava spesso, era chiaro avesse una certa abilità nel comunicare messaggi nascosti in apparenti parole banali. Le cose si aggravarono quando mi disse che avrebbe dovuto scrivere una lettera e che io avrei dovuto inserirla in una cassetta delle lettere all'interno di un edificio pochi chilometri da casa mia. La missiva avrebbe dovuto contenere un messaggio che l'ufficio del direttore e gli operatori del carcere non dovevano assolutamente leggere, mi domandò se volessi bene alla mia famiglia, non aggiunse altro, ma il messaggio era chiaro. Non riuscì a chiudere occhio o perlomeno a riposare bene per tre giorni e per tre notti di fila non andai a lavoro da momento fossi esausto. Alla fine dopo una lunga riflessione presi coraggio tornai al lavoro e lo denuncia ai miei colleghi e ai miei superiori. Prima però presi delle precauzioni, dissi ai miei parenti di trasferirsi in una località più tranquilla per un po', finché la situazione non si fosse risolta. Sapevo di dover giocare d'astuzia per poterlo battere. Dopo averlo detto al direttore della prigione egli capì la situazione e accetto di risolvere la cosa con discrezione. Contattò le autorità e loro chiamarono una sorta di traduttore per decifrare quel messaggio, anche con la mia comprensione del dialetto non sarei mai potuto riuscire neanche tra 600 anni a capire di cosa parlava quel messaggio. I miei sospetti riguardavano la possibilità che si trattasse di un omicidio su commissione, forse aveva chiesto a qualche suo complice di sbarazzarsi di qualcuno che era scomodo avere intorno. Avrei dovuto imbucare quel messaggio una settimana dopo me lo avesse dato, erano già passati 3 giorni, quindi il tempo volava. Fortunatamente dopo soli 2 giorni il "traduttore" della polizia riuscì a decifrare il suo contenuto. Era una richiesta di distruzione di alcune prove che lo avrebbero fatto restare in prigione molto più tempo di quanto aveva previsto se fossero state trovate. Pensavo di peggio. Vennero intercettati i due complici di quel tizio e furono arrestati subito. Lui sapeva che era stato io ovviamente, avrebbe potuto vendicarsi, perciò si decise di trasferirlo in un carcere molto lontano dalla mia famiglia e da me. Un luogo chiamato Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale. Lì erano stati negati i domiciliari a molti detenuti, la richiesta di quel posto specifico era venuta direttamente da me, sapevo che sarebbe stata dura per lui e inoltre avevo saputo che alcuni detenuti erano morti anche di Covid-19. Il che mi dava un motivo in più per apprezzare quel luogo. Venni a sapere che i suoi due complici erano finiti molto male, uno dei due veniva picchiato dai miei colleghi ogni sera qui, per avere tentato di ricattare una guardi di sicurezza, l'altro era morto accoltellato da un suo rivale. Una giusta fine per certi soggetti. La situazione mi permise di richiedere così il trasferimento in un altro carcere e per fortuna non accade nulla. Pensai fosse la giusta per sicurezza, non si sa mai. Quello che voglio trasmettere attraverso la mia storia e far capire quanto sia potente un'organizzazione criminale come la mafia e a cosa può arrivare un gruppo di criminali così potenti ed infiltrati ovunque. Però anche che certe persone finiscono sempre male alla fine. Sono pochissimi i criminali che hanno potuto godere della loro cosiddetta ricchezza. Infatti venni a sapere che dopo 5 anni quel soggetto era morto di coronavirus, esattamente come avevo previsto.
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I Racconti del Delirio
Mystery / ThrillerUna raccolta di tutte le storie che ho scritto nel corso degli ultimi anni da quando ho sviluppato la passione per la scrittura. Le storie si differenziano per personaggi, ambientazioni ed eventi, oltre che per la loro lunghezza. Ogni racconto e fru...