Sono tante le persone che, anche in Italia, finiscono per rovinarsi la vita a causadell'appartenenza ad una setta; un lato oscuro della nostra società che deveessere affrontato e, soprattutto, reso il più possibile noto. Tutti facciamo parte di un qualcosa, di una famiglia, un'associazione di volontariato osemplicemente di un gruppo . Questi gruppi diffusi hanno delle regole ma sono semplicie di facile comprensione ed hanno lo scopo di formare una persona, diaccomunare interessi. Sono ambienti generalmente sani dove si parla, si ascoltail prossimo e ci si confronta. In una setta invece si tende col tempo a isolarel'adepto dai sui interessi quotidiani, di instradarlo verso un'esclusivadedizione al gruppo settario, di conformarsi con idee e riti spessoincomprensibili ma dove l'ultraterreno è la mistificazione della realtà e farneparte è il tuo massimo desiderio. In genere le sette promettono la crescitainteriore e professionale, il benessere psicofisico e/o promuovono corsi diformazione per migliorare le proprie capacità. Inoltre organizzano ritiri dovesi impara a fidarsi dei componenti del gruppo, si crea passo dopo passo ladipendenza e poi si subisce una sorta di lavaggio del cervello. Vivo in Trentino-Alto Adige. Nel gennaio del 2010 intorno alle 11:30 dinotte come spesso facevamo all'epoca io e altri 2 amici eravamo andata a cacciadi cinghiali nei boschi. Nello specifico in un boschetto molto vasto che siaffacciava sul piccolo lago di Tovel. Uno dei laghi più belli di tutta laregione. C'era la luna piena, sceglievamo sempre serate come quella per vedercimeglio, in oltre faceva abbastanza freddo. Così freddo che se fossi uscito conil cane sarei rientrato con un pinguino. Quel posto è molto isolata,specialmente a gennaio. Incominciammo a camminare al buio come al solitopercorrendo due o tre chilometri del fitto bosco. Un mio amico era l'addetto alfucile, l'altro era quello con la torcia e io portavo sempre le corde perlegare eventuali prede e anche alcuni attrezzi, come il machete, per aprire deivarchi nella fitta vegetazione. Si tratta di un posto che noi conosciamo amemoria ad una decina di km dal centro abitato più vicino. Arrivati sul luogoci sedemmo a terra e attendemmo con pazienza il passaggio di qualche animale. Avolte ci vogliono ore ma quest'hobby ti insegna l'arte della pazienza, come lapesca del resto. Durante l'attesa sentimmo un suono che ci scosseprofondamente. Dalla fitta vallata sottostante sentimmo un rumore che non sembravaa nessuna specie d'animale che conoscessimo. Una specie di ululato ma con unsuono molto stridulo. Rimanemmo increduli fino al secondo e al terzo ululato.Iniziammo a domandarci chi o cosa stesse producendo quei versi in quel posto esoprattutto a quell'ora. Neanche il tempo di pensarci su che si levò il grido asquarciagola di una donna. Eravamo impietriti, poi partì un ritmo di tamburifisso, lento e forte. Al che ci alzammo prontamente e per i successivi cinqueminuti fu il panico totale. Eravamo soli nel bel mezzo della boscaglia e nonsapevamo cosa fossero quei rumori. Decisi di prendere in mano la situazione edi calmare gli altri, certo eravamo soli ma armati. Ripreso il respiro ciincamminammo spalle contro spalle verso il luogo in cui era parcheggiata lanostra auto. Io ero interessato ad indagare ma i miei due amici la pensavanodiversamente, che vigliacchi. Quasi arrivati alla mia auto continuai achiedermi chi potesse essere a generare quei versi e da dove fosse arrivato.Saliti a bordo decisi di deviare per una via laterale che portava a un belvedere, posizionato sul lato del bosco da cui si vedeva tutto. Ad un certopunto accostai, nonostante non fossero molto vicini, più in là si distinguevanouna serie di sagome nere, si trattava di una fila di persone vestite di scuroche tenevano delle torce di fuoco in mano. Cantavano qualcosa diincomprensibile e molto lentamente camminavano fra gli alberi formando unaspecie di serpente luminoso. Sembrava proprio una processione. Il loro andamentoera lento e si poteva notare che portavano dei cappucci sulla testa. Deicappucci neri. Solo lì capimmo che si trattava di una qualche setta religiosa.Da bambini i nonni ci mettevano in guardi su quei boschi. Ci raccontavanostorie sulle loro messe nere. Non abbiamo mai dato peso a quelle voci e inquella parte della regione ci andavamo da sempre, ma senza aver mai vistonulla. Fino ad oggi. Di notte non ci ritorniamo più, è stata forse l'unicavolta in cui ho avuto veramente paura.
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I Racconti del Delirio
Mystery / ThrillerUna raccolta di tutte le storie che ho scritto nel corso degli ultimi anni da quando ho sviluppato la passione per la scrittura. Le storie si differenziano per personaggi, ambientazioni ed eventi, oltre che per la loro lunghezza. Ogni racconto e fru...