Capitolo 1.

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Eccomi tornata con una nuova storia abbastanza differente dalle altre. Provo a pubblicarla, anche se non mi convince tantissimo. Non perchè sia scritta male, sia noiosa ecc, ma solo perchè non so se verrà davvero letta da qualcuno. È drammatica, vi avverto, anche se dai primi capitoli non si direbbe. XD
Bhe, buona lettura! :P

<<Ci sono più di sette miliardi di persone sul nostro pianeta, ed ogni singolo uomo ha una storia da raccontare. Alcune possono essere tristi e monotone, ma altre vi sorprenderanno fino all'ultimo secondo di narrazione. Purtroppo di molte non siamo neanche a conoscenza, ma altre possiamo trovarle ovunque. Film, libri... tutto può dare un insegnamento. Sfruttate tutto ciò che avete a disposizione per imparare. Gli insegnamenti più importanti si apprendono fuori dalle scuole.>> 

La campanella suona e tutti ci alziamo in piedi, intenti a preparare i nostri zaini. Alcune delle mie compagne di classe si avvicinano al mio banco, aspettandomi per uscire. Come sempre sono la più lenta del gruppo.
Dopo aver indossato il cappotto e preso la mia borsa, mi incammino verso l'uscita dell'aula.

<<Buona giornata ragazzi e, mi raccomando, studiate per il compito di domani. Sarà strutturato come quello che avrete all'esame di stato.>> conclude la professoressa, inserendo i libri nella sua borsa e salutandoci.

Esco dall'aula e percorro velocemente il corridoio, parlando con le altre.
Un'altra giornata di scuola è finalmente terminata, sembrava davvero infinita.
Devo resistere ancora qualche mese, poi tutto questo finirà una volta per tutte. Di certo continuerò a studiare, ma con l'università sarà tutto più semplice.

Appena fuori dalle porte della scuola, sento una voce pronunciare il mio nome.
Mi volto, distraendomi dalle parole delle mie compagne, ma alle mie spalle non vedo nessuno. Pensando che, nella confusione generale, l'abbia solo immaginato, torno a guardare le mie amiche. Solo ora, però, mi accorgo di non averle più al mio fianco. Con una rapida occhiata ai dintorni, mi rendo conto di non essere più nel cortile del liceo. 

Continuo a guardarmi attorno, spaesata.
Come sono giunta qui? Non conosco questo posto. Io stavo percorrendo i vialetti del giardino fino a qualche secondo fa...

Improvvisamente, un interminabile corridoio compare davanti a me. La curiosità di percorrerlo è troppa, incontrollabile. Mi sento costretta ad addentrarmi in quella totale oscurità, pur essendone spaventata.
Dopo neanche dieci passi, la mia attenzione viene attirata da alcuni rumori raccapriccianti provenienti dalle mie spalle. 

Sento grida, lamenti, pianti...non riesco a distinguerli bene.

Confusa e terrorizzata, aumento il passo, correndo sempre più velocemente. Sono immersa nel buio, non so neanche dove sto andando. 
Dopo massimo trenta metri di corsa vengo avvolta da una luce bianca, come fosse un lampo. Con le mani mi copro il volto, accecata.

Quando allontano i palmi dal viso, mi rendo conto di essermi spostata ancora.
Mi trovo in un'altra stanza, molto più luminosa. È una camera vuota, solo con una finestra e un letto. Le pareti sono interamente coperte da un intonaco color panna e il pavimento è  composto da splendenti mattonelle bianche.

Mi avvicino sempre di più al materasso e noto solo ora una persona seduta su di esso. Appena mi vede, il ragazzo sorride e mi fa posto vicino a lui. È molto giovane, avrà all'incirca la mia età.

Poso delicatamente una mano sulla mia guancia e sento le lacrime calde scendere.
Perché mai sto piangendo?
Non ce ne motivo!

Le mie gambe si bloccano e iniziano a tremare, come se nel vedere quella persona una miriade di sensazioni mi abbiano riempito la mente.
Lui, vedendomi paralizzata, si alza con difficoltà dal letto e muove qualche passo nella mia direzione.
Quando arriva a pochi centimetri da me, sorride. Non ha un volto familiare, non l'ho mai visto in vita mia.
Si sporge leggermente in avanti e prova ad abbracciarmi ma, appena mi sfiora, tutto scompare.


...


<<Maia! Maia, sveglia!>>
Apro lentamente le palpebre e vedo mia sorella che spalanca le tende, correndo e saltellando per la camera.

Mi stropiccio gli occhi, confusa e ancora assonnata. Ho avuto un altro di quei sogni stravaganti, che ormai si ripetono da alcune notti.
Tutte le volte rivivo la stessa scena, ma in un contesto diverso. In qualsiasi modo il sogno possa cominciare, terminerà sempre con quella stanza completamente bianca e quel ragazzo in pigiama. Purtroppo, ogni volta che mi sveglio, non riesco mai a ricordare il volto del tale. Cerco sempre di studiare il suo viso nei minimi dettagli, ma è tutto inutile. Non saprò mai com'è fatto.
Eppure, nell'incubo sentivo una strana sensazione, come se tenessi molto a quel ragazzo.

<<Dai, alzati! Sono già le sette!>> esclama mia sorella provando a togliermi le coperte, interrompendo i miei pensieri.

È il peggior risveglio che si possa avere, avrei voglia di strangolarla.

<<Anna, vattene! Lasciami dormire!>> mi lamento, strappandole le lenzuola dalle mani e coprendomi fino alla testa.

Lei rimane immobile a fissarmi per qualche secondo e poi grida:
<<MAMMA! MAIA NON VUOLE SVEGLIARSI!>>

Mi porto le mani alle orecchie, infastidita dalla sua voce troppo acuta. Non la sopporto!

<<Vorrà dire che si preparerà la colazione da sola!...>> risponde mia madre, dal piano di sotto.

Sbuffando mi siedo sul bordo del letto e indosso le pantofole, sotto lo sguardo soddisfatto di mia sorella.
<<Vai, ora arrivo...>> le dico aspramente, spingendola verso la porta.

<<MAM...>>

<<ORA ARRIVO!>> esclamo tappandole la bocca e chiudendola fuori dalla stanza, evitando che chiami nuovamente mia madre.

La odio quando fa così... anzi, credo di odiarla sempre. I miei la vedono come la figlia perfetta, e la premiano per ogni cosa, anche per i voti a scuola. Capisco che abbia solo sette anni, ma spesso esagerano.
Non che io sia gelosa, sia chiaro. Ormai ho diciott'anni, l'attenzione dei miei genitori è l'ultima cosa che voglio.

Sento Anna scendere al piano di sotto e io ne approfitto per vestirmi, finalmente in totale tranquillità e silenzio. 

Indosso dei jeans azzurri strappati, un felpone nero e un paio di Converse bianche, osservandomi poi davanti allo specchio della mia stanza. Sorridendo, soddisfatta del mio abbigliamento, lego i miei capelli in una coda alta.  

Prendo lo zaino, inserisco qualche libro a caso preso dalla scrivania e vado in cucina. Mi siedo al mio solito posto, accendo la televisione e bevo una tazza di latte.

<<Spegni la TV, sei già in ritardo.>> mi rimprovera subito mia madre togliendomi il telecomando di mano.

Sbuffo, poggiando il gomito sulla tavola e sorreggendomi la testa con una mano.
Mentre sto ancora mangiando Anna entra nella stanza, correndo sfrenatamente.

<<Dobbiamo andare o facciamo tardi!>>

Smetto di mangiare, quasi strozzandomi con un biscotto e fulminandola con lo sguardo.
Lei ignorandomi, indossa il suo grembiule blu, allacciando malamente i bottoncini.
Mia madre, sorridendole dolcemente, le si avvicina. Si piega sulle ginocchia e l'aiuta.

Quando torna in piedi, le lancio un'occhiataccia.
Lei, sempre sorridendo, afferma: <<I patti sono patti! Avevamo deciso fin da subito che avresti preso il motorino solo se avessi accompagnato tua sorella a scuola durante i mesi più caldi.>>

Sussurro un "vaffanculo" e prendo le chiavi dello scooter, rinunciando anche al terminare la colazione.

Odio la mia vita.

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