Capitolo 2.

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Scendiamo velocemente lungo le scale e usciamo fuori dal palazzo, avviandoci verso i parcheggi riservati ai residenti del nostro condominio.
Per tutto il tragitto cammino con passo pesante, mantenendomi dall'insultare mia sorella. Lei mi segue  silenziosamente, cercando di stare al mio passo. Con le mani stringe le bretelle del suo zainetto rosa, evitando di farlo scivolare a terra.

Dopo qualche metro nella direzione del parcheggio in cui credevo di aver lascito lo scooter, noto che stranamente non è lì.
Chissà dove l'ho lasciato, neanche lo ricordo.

Sussurrando qualche maledicenza tra me e me, mi guardo attorno, cercandolo.

<<Maia, credo sia quello...>> quasi sussurra Anna, affiancandosi a me e indicandomi un motorino a circa trenta metri da noi.

Senza neanche guardarla o ringraziarla, riprendo la mia marcia verso il mezzo.
Inserisco la chiave, apro il sellino e il bauletto, afferro i due caschi che porto sempre con me e aiuto Anna, con movimenti più che bruschi, a salire dietro di me.
Quando entrambe siamo sù, parto. Sfrecciando tra le stradine del paese, cerco di calcolare il tragitto più veloce da compiere.
La strada per arrivare alla scuola di mia sorella è molto più lunga di quella per il mio istituto e, contando che sono già in ritardo, appena arriverò al liceo dovrò correre subito in classe. Che rottura, neanche un minuto per passeggiare nei dintorni.

Dopo averla lasciata davanti alle elementari, senza neanche salutarla, cerco di arrivare il prima possibile alla mia scuola, per evitare di entrare in ritardo e beccarmi la solita ramanzina. Ogni giorno è la stessa storia: c'è se sempre un motivo, che la maggior parte delle volte riguarda qualche litigata, per cui io non arrivi in orario.

Parcheggio il motorino nel primo posto libero che incontro e corro verso la porta principale del liceo, salendo i pochi gradini davanti ad essa.

Attraversato l'atrio, percorro rapidamente le due rampe di scale davanti a me. La mia classe è al secondo piano, alla fine del corridoio.
Supero, con sgomitate e spallate, chiunque mi ostacoli il passaggio: molti studenti sono ancora in giro per la scuola, anche se la campanella è  ormai suonata da oltre cinque minuti.
Possibile che solo i miei professori non tollerino neanche un minimo ritardo?

Appena arrivo davanti alla mia classe, entro nell'aula e lancio lo zaino sul mio banco.
Fortunatamente il prof non è ancora arrivato, questa volta mi è andata bene.

Tutti i miei compagni sono sparsi per la classe, seduti sui banchi e poggiati alle pareti. Chiacchierano, ridono e gridano...
Solo io la mattina non ho la forza e la voglia di fare nulla?

Sospirando, mi lasciò cadere pesantemente sulla mia sedia.

Questa giornata è già cominciata malissimo.

... 

(userò i puntini per far capire che il resto avviene più tardi.)

<<Maia...guardalo...>> sussurra una voce femminile alle mie spalle, con aria sognante e incantata.

Corrugando la fronte, confusa, mi guardo attorno.
<<guardare chi?...>> chiedo assonnata, voltandomi poi verso Erica, seduta dietro di me.

La ragazza, senza neanche rivolgermi uno sguardo, continua ad osservare un punto davanti a sé.

<<Quello...guardalo...>> risponde, indicando un ragazzo alto e moro che parla con il nostro professore di italiano davanti all'entrata della classe.

<<Non lo conosco.>> mugulo, stiracchiandomi e allungandomi sulla sedia.

<<Neanch'io, però...>> esita per qualche istante, lasciandosi sfuggire un sospiro sognante

<<È stupendo! Guarda che occhi!>> esclama Federica, la sua compagna di banco, concludendo la frase dell'amica.

Dopo aver riosservato entrambe le ragazze, torno a guardare il tale.

<<A me sembra un normalissimo ragazzo di quinto...>> ribadisco osservandolo meglio, per poi poggiare la testa sul banco.

Sara, un'altra mia compagna, passa accanto a noi e ascolta le nostre parole, fingendosi disinvolta.

<<Tu non capisci nulla di ragazzi!>> sbotta Erica, roteando gli occhi verso l'alto con fare esasperato.

<<Sono d'accordo...secondo me è il più bello di tutto il liceo...>> afferma allora l'ultima ragazza arrivata, intromettendosi nella conversazione.

<<Bhe, forse si, lo è...contando che qui ci sono solo cessi con le gambe...>> rispondo annoiata, prendendo il cellulare dalla tasca dello zaino e controllando le notifiche di Facebook.

Tutte e tre sospirano e iniziano a chiacchierare tra di loro. 
Mi isolo dalle loro conversazioni, osservando lo schermo del mio telefono. Se i loro argomenti di discussione sono solo i ragazzi, posso tranquillamente estraniarmi. Non mi interessa giudicare dei maschi qualsiasi dal loro aspetto.

Poco dopo il nostro dibattito, entra in classe il professore, seguito proprio dal ragazzo "stupendo".

<<Silenzio! Seduti!>> ci rimprovera subito l'insegnante, poggiando la sua borsa nera sulla cattedra e estraendo i libri. L'uomo inizia di nuovo a parlare con il suo alunno, mostrandogli vari fogli.

Alzo lentamente gli occhi dallo schermo del mio telefono e noto che il ragazzo mi sta fissando, senza farsi notare dall'adulto che ha accanto.
I nostri sguardi si incrociano per pochi secondi e lui sorride, timidamente.

...forse i suoi occhi, non sono poi così male...

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