Capitolo 32.

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<<È solo un incubo...non è reale...>> prova a rassicurarmi Andrea, dopo circa mezz'ora in cui stiamo ancora parlando al telefono.

Inizialmente lui era sconvolto tanto quanto me, ma poi ha preso in mano la situazione e si è convinto del fatto che il mio sia stato realmente solo un sogno.

<<Lo so... ma ho paura Andrea...>> rispondo con la voce rotta dai singhiozzi, cercando di calmarmi ma fallendo miseramente.

Asciugo le mie lacrime con un palmo, senza mai allontanare il cellulare dal mio orecchio.

<<Anch'io sono preoccupato e credo che Giova lo sia più di noi due messi assieme...ma dobbiamo essere ottimisti.>> afferma lui, sospirando. <<Sappiamo quanto grave sia la situazione di Giova e sappiamo quanto ancora peggiore possa diventare...ma un miglioramento potrebbe sempre avvenire, non dobbiamo perdere le speranze!>> esclama, forse cercando più di tranquillizzare se stesso che me.

Ovviamente ha ragione, ma non sempre esser speranzosi è semplice. Purtroppo abbiamo tutti momenti di cedimento, in cui il pessimismo piomba su di noi senza che nulla possa impedirglielo. E se io e Andrea stiamo così male, figuriamoci Giovanni, poverino.
Come vorrei poterlo avere qui accanto adesso. Poterlo tranquillizzare ogni giorno, ogni secondo.

<<Si... hai ragione...>> sospiro, asciugandomi ancora le lacrime.

Entrambi restiamo in silenzio per più di un minuto, ancora estremamente turbati da ciò che ho sognato.

<<Giovanni guarirà Maia... non mi interessa cosa tu abbia sognato, lui presto uscirà da quell'ospedale. Ne sono più che certo.>> continua Andrea, con la voce tremolante.

<<Certo che uscirà...>> rispondo sorridendo tristemente nel sentire le condizioni del mio amico.

Andrea è davvero preoccupatissimo, lo sto notando solo ora. Forse non sarebbe stato neanche il caso di raccontargli il mio sogno, ma ormai il danno è fatto. Mi dispiace solo di averlo spaventato ancora di più di quanto non lo fosse già.  

Oltretutto, durante la telefonata gli racconto che sono in punizione, e lui mi promette che troveremo un modo per rimediare. Spero davvero che abbia ragione.

Prima di terminare la chiamata, decido di chiedere un'ultima cosa.

<<Andre...>> sussurro.

<<dimmi...>>

<<Domani possiamo tornare in ospedale? Tanto non abbiamo scuola...>> domando.

<<Sai che per me non c'è problema, ma devi convincere tuo padre.>> mi ricorda lui.

<<Sarà difficile...ma ci proverò...>> rispondo, passandomi una mano sul viso.

<<Buona fortuna allora...>> dice ridendo.

Ridacchio anch'io, mentre già solo immaginare la conversazione tra me e mio padre mi preoccupa.

<<Grazie... buonanotte.>> lo saluto, sorridendo.

<<Notte.>>

Chiudo la telefonata e mi rigiro più volte nel letto. Stranamente, anche se con mille pensieri in testa, riesco ad addormentarmi. 

Dopo circa un'ora, mi sveglio.
Subito mi alzo dal mio letto, dirigendomi al piano inferiore per parlare con mio padre prima che vada a lavoro.
Lo trovo nel suo studio, mentre riordina dei documenti.

<<Papà...>> richiamo la sua attenzione con voce insicura, poggiandomi allo stipite della porta.

<<Cosa c'è?>> domanda senza degnarmi di uno sguardo, continuando a raccogliere i fogli sparsi per la scrivania.

<<Mi dispiace per ieri...scusa...>> tento, balbettando lievemente.

<<Non rimedierai chiedendo scusa, dovevi pensarci prima.>> risponde lui, con voce fredda e alterata.

<<Lo so pà... ma... io... ecco... devo parlarti...>> sussurro tentennante, sedendomi sulla poltroncina accanto alla sua scrivania.
Sospirando, si siede anche lui.
<<Di cosa? Sentiamo...>> chiede, aspettandosi probabilmente altre giustificazioni.

<<So che probabilmente non ti importerà e non ti farà cambiare idea ma...>> inizio titubante, sringendo una ciocca di capelli e attorcigliandola tra le dita.
<<Maia vai al dunque, tra poco devo andare a lavoro.>> risponde  guardando l'orologio.

<<C'è un ragazzo...un bellissimo ragazzo...che con i suoi sorrisi, la sua voce e i suoi bellissimi occhi mi rallegra le giornate. Si chiama Giovanni.
Non riesco a stare per molto lontana da lui e ogni giorno sento la sua mancanza. Questo ragazzo ora è in ospedale a Milano...ha la meningite. Quando ero io ad aver bisogno, lui c'era sempre per me e ora che è lui a stare male non posso aiutarlo...>> spiego con le lacrime agli occhi, sperando di poterlo convincere.

<<Maia...>> sussurra mio padre, prima che lo interrompa.

<<Ieri non ero a casa perchè ero al parco con Andrea, il suo migliore amico. Entrambi stiamo passando un momento orribile e cerchiamo di farci forza a vicenda. Ti prego papà...lasciami uscire di casa...non posso restare qui senza far nulla...>> esclamo alzando la voce e singhiozzando.

Mio padre sorride, si alza e mi abbraccia.
<<Potevi dirmelo subito qual'era la situazione, non ti avrei mai messa in punizione.>> bisbiglia continuando a stringermi.
<<Grazie, ti voglio bene>> rispondo asiugandomi le lacrime e stringendolo più forte.

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