Capitolo 75. [FINALE]

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1 Novembre

Siamo in macchina. Io, Andrea e il nostro bambino di cinque anni.
Oggi stiamo andando al cimitero, giusto per portare nuovi fiori alle tombe dei miei nonni e dei parenti defunti. A me non piace portare il bimbo con noi, ma lui adora venire. In queste zone i giardini sono pieni di gatti, curati dagli anziani che si dedicano alla pulizia e alla manutenzione del luogo, e lui ama giocare con loro. Andrea non è mai d'accordo nel farlo venire, ritiene che sia molto piccolo e che alcune cose sia meglio non saperle alla sua età.

Parcheggiamo davanti all'entrata e il piccolo corre subito dai gattini.
<<Parla a voce bassa e fa attenzione.>> lo rimprovera il padre, mentre lo segue.
<<Amore lascia che si diverta, tanto a quest'ora il cimitero è sempre vuoto.>> affermo prendendo Andrea per mano e camminando per i piccoli sentieri tra i giardinetti.

Io e lui ci fermiamo alle tombe dei nostri cari, mentre il bambino insegue i gatti e si diverte.

<<Guarda papà, questo signore si chiama come me.>> esclama poi entusiasta, fermandosi davanti ad una lapide.
Andrea si avvicina e si sofferma a guardare la grande pietra di marmo bianco.
La sua espressione è un misto tra stupore e malinconia, quasi tristezza.
Incuriosita, vado da loro.

<<Giovanni Le...Leve...Leveghi.>> legge nostro figlio, cercando di pronunciare bene il cognome.
A quel nome mi blocco, rivivendo tutta la nostra storia in qualche secondo.
<<Da quanto tempo non sentivo più il suo nome...>> sussurro, rivolta ad Andrea.
Lui non risponde, è pietrificato.
<<Papà, tutto bene?>> domanda Giovanni, afferrando il suo giubbotto e strattonandolo.
<<Si Giova, tranquillo.>> dice lui scuotendo il capo e abbassandosi all'altezza del bambino.
<<Sai che il tuo nome viene proprio da questo ragazzo?>> domando al piccolo, inginocchiandomi anch'io li accanto.
<<Davvero? Perché?>> chiede curioso.
<<Era un grande amico, sia mio che di mamma.>> afferma Andre, sorridendo.
<<E come mai è qui? Non c'è più?>> domanda poi, rattristandosi.
<<No...>> rispondo sospirando.
<<Perchè?>>
Andrea alza le spalle.
<<Spesso le persone migliori sono le prime ad andarsene, ma nel poco tempo in cui restano con te ti insegnano più cose di gente conosciuta da tanti anni...>> spiega poi, senza spostare lo sguardo dalla lapide.
Giovanni lo guarda con un espressione confusa e Andrea, sorridendo, gli scompiglia i capelli.
<<Lo capirai quando sarai piu grande...>> dice poi continuando a sorridere.
Giova annuisce e si avvicina al masso, osservando la foto e sorridendo.

Ritraeva Giovanni davanti al liceo, con lo zaino sulle spalle e una delle due bretelle stretta in una mano. Nell'altra manteneva il suo casco dello scooter. Rivolgeva uno splendido sorriso a chi scattava la fotografia, voltandosi verso l'obbiettivo. I suoi occhi azzurri risplendevano di un colore vivo. Una tonalità che non assumevano piu da quando era in ospedale e che io avevo completamente dimenticato.

Io e Andrea torniamo in piedi. Lui mi cinge i fianchi con un braccio e io poggio la mia testa contro la sua spalla.
<<Sembra felice...>> dice poi il nostro bimbo, sfiorando la foto.
<<Lui era sempre felice.>> affermo sorridendo.

<<Dai Giova, andiamo. Altrimenti i gatti penseranno che ti sia dimenticato di loro.>> aggiunge Andrea sospirando, prendendo per mano il bambino.

Prima di andar via il piccolo saluta la tomba con la manina.

So che Andrea sia voluto andare via perché non riesce a vedere la lapide del suo amico. Raramente abbiamo riparlato di Giovanni dopo la sua morte. Lui non vuole, e io nemmeno. È ancora una ferita aperta per entrambi e credo che non si rimarginerà mai.

Mentre i due si allontanano resto per qualche istante davanti alla tomba, continuando ad osservare il viso di Giovanni. Com'era bello quel sorriso, era impossibile non innamorarsene.

Prima di raggiungere Andre e il bambino accarezzo la fotografia teneramente, sorridendo.

Chissà come sarebbe andata se lui non si fosse mai ammalato...

...

Abbiamo chiamato il nostro bambino Giovanni, in suo onore. Era il minimo che potessimo fare per lui, dopo quello che ha fatto per noi.

Tornati a casa, Andrea mi racconta che la fotografia della tomba era stata scattata e scelta per la lapide proprio da lui. Quando celebrarono il funerale non venne subito posizionata la cornicetta con la fotografia, ma credetti fin da subito che ci avrebbe pensato la madre di Giovanni a trovare un immagine del figlio da poter utilizzare. Non avrei mai immaginato che alla fine fosse stato Andrea ad occuparsene.

Quella notte stessa, dopo tutti quegli anni, riaccade.
Liceo, temporale, classe, passi e poi lui...Giovanni.

Il mio cuore si riempie di gioia, mentre lui si volta verso di me e mi rivolge uno dei suoi splendidi e dolcissimi sorrisi.
Immediatamente corro verso di lui e mi fiondo tra le sue braccia, stringendolo a me con forza.
Ha ancora l'aspetto da diciottenne, ma è tornato alla normalità, la malattia non sembra aver lasciato nessuna traccia.

<<Perchè mi hai abbandonata per tutto questo tempo?>> domando piangendo, accoccolandomi contro il suo petto, senza staccarmi da lui.

<<Non è stata colpa mia. Il giorno della mia morte, la tua voglia di rivedermi era talmente tanta che sei riuscita a sognarmi, ma ora...semplicemente sei andata avanti e hai nuove priorità.>> risponde sorridendo teneramente, accarezzandomi la schiena e cercando di confortarmi.

Lentamente mi allontana da se, prendendo il mio viso tra le sue mani. 
Lo osservo con la bocca semi aperta, sentendo una punta di rammarico nella sua voce. Dev'essere orribile essere solo spettatore delle vite altrui, e non poter più vivere la propria.
La vita di Giovanni è stata stroncata troppo presto, non ha potuto assaporarla come me, o come Andrea.

Il ragazzo asciuga le mie lacrime con i suoi pollici, riportando la mia attenzione solo sul suo viso.

<<Hai una famiglia Maia, una splendida famiglia. Hai Andrea, il bambino...>> prosegue, dolcemente <<Io non servo più, hai ritrovato la tua felicità, il tuo splendido sorriso.>>

Sorrido tristemente, mentre i miei occhi si riempiono di commozione. Vederlo finalmente sano, al pieno delle sue forze, sorridente...non posso non intenerirmi.

Allungo una mano verso una sua guancia, sfiorandola e accarezzando la sua pelle morbida e colorita.

<<Tutto questo solo grazie a te Giovanni. Ora so cosa significa vivere e sorridere per la gioia di qualcun'altro, come tu hai sempre fatto per me.>> affermo osservando i suoi occhi azzurri, che mai avevo visto così splendenti. 

Lui, subito, risponde:

<<Se non cambiasse mai nulla, non ci sarebbero le farfalle.
C'è per tutti noi la possibilità di un grande cambiamento nella vita che equivale più o meno a una seconda possibilità di nascere. Ognuno di noi può cambiare la propria vita semplicemente cambiando il proprio modo di pensare.>>

Change your mind.

Dopotutto era questo il nome della storia.
Si, parlo al passato perché anche questa FanFiction è terminata.
È stata la storia più lunga che io abbia mai scritto, ma anche la più bella, a mio parere.
La risposta a ciò che è scritto nella descrizione (ovvero: Una persona può cambiarti la vita?) è SI. Tutti noi, possiamo cambiare grazie (o per colpa) di una persona, o comunque di qualcosa che abbiamo vissuto. La storia di Maia e Giovanni lo dimostra. Lei è una ragazza igenua, ribelle, menefreghista e lui è un ragazzo intelligente, dolce e altruista.

Come ultimo messaggio vorrei dirvi di godervi ogni vostra giornata, le delusioni, le arrabbiature, le risate, i pianti, le parole...
In qualunque momento qualcosa potrebbe stravolgere la vostra vita e farvi rimpiangere tutto questo.

Bene, credo di aver finito. :')

Ci vediamo con la prossima storia ragazzi, spero che continuiate a seguire me e tutte le mie Fanfiction, perché siete davvero fantastici. Ogni vostro commento e vostra stellina, equivale ad un mio sorriso. ;) <3

-Silvy

Change Your Mind •~Spawn~•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora