Capitolo 18.

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<<Sicuramente c'è ancora qualcuno nella scuola. Torno subito.>> mi avverte Andrea, correndo fuori dalla stanza.

Resto con lo sguardo rivolto verso la porta per pochi istanti, riportando poi i miei occhi a Giovanni.
Il suo petto si solleva velocemente, mentre con una mano si preme lo stomaco.
Deve sentirsi così male...

<<Giova, che hai? Cosa ti senti?>> chiedo, tentando di capire meglio la situazione. Gli afferro una mano, stringendo la sua fredda pelle e cercando di scaldarla.

Il ragazzo si volta verso di me, aprendo debolmente gli occhi. Sono così sofferenti, spaventati...

<<Nausea, mal di testa, mal di pancia...>> sussurra con voce tremante, scrollando il capo sconsolato.

<<Mi fa male tutto!>> si lamenta ancora, strizzando le palpebre e stringendo la mia mano con più forza.

<<Resisti ancora un po'. Vedrai, Andrea tornerà presto con qualcuno.>> cerco di tranquillizzarlo, ignorando il dolore e il formicolio che mi sta provocando alle dita.

Subito dopo aver pronunciato questa frase, sento due voci dialogare in corridoio. Una appartiene sicuramente ad Andrea e l'altra...sembra essere quella del mio prof di italiano!

<<Si chiama Leveghi, Giovanni Leveghi. È nella terza porta, insieme ad una ragazza.>> afferma il nostro amico, entrando nell'antibagno al seguito dell'insegnante.

L'uomo si precipita velocemente nel cubicolo, squadrando subito sia me che il suo alunno.

<<Che ha?>> mi chiede, avvicinandosi e abbassandosi alla sua altezza.

<<Non lo so prof... ha detto di provare dolore a qualsiasi cosa... senza dubbio ha la febbre molto alta.>> cerco di spiegare, cercando di assumere una voce più ferma possibile.

Lui annuisce, poggiando una mano sulla fronte di Giovanni e constatando che io abbia ragione. Si volta poi nella direzione di Andrea.

<<Tu!>> afferma indicandolo <<chiama un ambulanza, muoviti.>> ordina duramente.

Il ragazzo ubbidisce, componendo il numero. Mentre lui telefona, il mio professore torna a rivolgersi a me.

<<Sei stata tu a trovarlo qui?>> mi chiede, parlando in modo stranamente gentile.

<<Si prof. È un mio amico, lo stavo aspettando davanti alla sua classe...>> racconto, accarezzando la mano di Giovanni con il pollice.

Spero vada tutto per il meglio.
Giovanni non merita nessun tipo di sofferenza.


...


L'ambulanza arriva dopo neanche mezz'ora e Giova viene subito trasportato in ospedale. Io e Andrea andiamo con lui, ma il professore preferisce non seguirci. Si raccomanda solo di fargli sapere come si risolverà la questione.
Contro ogni mia aspettativa, è stato molto disponibile e gentile. Sono davvero sorpresa.

Arrivati al pronto soccorso, i medici effettuano vari controlli sul nostro amico. Alla fine, arrivano alla conclusione che il tutto sia dovuto solo ad una normale influenza. Giustificano tutti i sintomi spiegando che molto probabilmente siano stati dovuti all'ansia e allo spavento.

Sembra così assurdo... un'influenza non può farti stare così male...
Io ho visto le condizioni in cui era Giovanni, è sono convinta che la questione sia molto più grave.
Cercando di essere ottimista e sperando in ciò che i dottori ci hanno comunicato, dimentico tutte le mie paranoie e mi convinco del fatto che il il mio amico stia davvero bene.

I medici decidono comunque di farlo rimanere li per il resto del giorno, controllandolo costantemente.
Io e Andrea restiamo con lui per qualche ora, per tenergli compagnia.

<<Non posso credere che sia stata una semplice febbre...>> affermo incredula, dando voce ai miei pensieri. Siamo tutti e tre nella sua camera d'ospedale, riflettendo su ciò che è successo.

<<Sono d'accordo, è impossibile...>> mi appoggia Andrea sospirando, gettandosi sulla sedia accanto alla mia, vicino al letto del nostro amico.

Giovanni non commenta e mantiene lo sguardo rivolto verso il soffitto, sdraiato sul materasso.
Si è spaventato molto prima, posso capirlo. Sicuramente i dottori avranno alleviato i suoi dolori, ma non possono eliminare la sua preoccupazione.

Nella stanza regna il silenzio per alcuni istanti ma decido di romperlo subito, tentando di essere positiva.

<<Ma l'importante è che ora stai meglio.>> affermo, sorridendo dolcemente e accarezzando un braccio di Giovanni.

Lui si volta verso di me e mi guarda, abbozzando un sorrisetto. Subito dopo torna serio, rivolgendo di nuovo il suo sguardo pensieroso al muro bianco sopra la sua testa.
Non so bene che cosa gli frulli nella mente, ma suppongo che anche lui non sia per nulla tranquillo dopo quello che gli è successo. Eppure, fino a ieri era lui a ricordarmi di essere ottimista. 

<<Qualcosa non va?>> domanda Andrea con aria preoccupata, guardando prima me e poi Giovanni.

Il ragazzo scrolla il capo, cercando di apparire sereno.
<<No no, tutto ok.>> lo rassicura <<Stavo solo pensando che tutto questo è strano...>>

Con una mano si tocca la fronte, constatando che la sua temperatura si sia abbassata.

Sospira. <<Eppure avevo la febbre così alta...>> 

Mi scambio una rapida occhiata con Andrea, cercando entrambi un modo per tranquillizzarlo.

<<Non pensarci troppo. I dottori hanno detto che stai bene e che ti serve solo un po' di riposo...>> tenta il ragazzo.

<<Speriamo...>> sussurra Giovanni tentando di non farsi sentire da noi, sospirando ancora.

Io non mi esprimo, essendo confusa e dubbiosa tanto quanto lui.

Oggi pubblicherò tre capitoli invece di due. Amatemi.

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