Capitolo 15.

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Appena esco in cortile lo noto: è seduto su una panchina con la testa china e stretta tra le mani.
Lentamente mi avvicino a lui, sempre più preoccupata.

<<Giova... ma cos'hai?>> chiedo sedendomi li accanto, sporgendomi leggermente in avanti per vedere il suo volto.

<<Niente, tranquilla. Sono solo molto stanco.>> mi risponde, sollevando la testa e voltandosi verso di me sorridendo.

<<Si vede... non hai una bella cera...>> commento.

Ha lo sguardo spento, è pallido e ha gli occhi lucidi. Mentre continuo ad osservarlo, poggio la mano sulla sua fronte. Scotta.

<<Porca miseria, sei bollente!>> esclamo spostandola poi sulla sua guancia.

Il ragazzo abbassa lievemente lo sguardo, come per non incrociare il mio.

<<Giovanni devi tornare a casa, finirai con l'ammalarti seriamente.>> tento di convincerlo, senza spostare il palmo dal suo viso.

Lui tentenna, cercando palesemente una scusa da darmi.

<<Non posso andare via, devo ascoltare la spiegazione di scienze dell'ultima ora.>> inventa.

Gli rivolgo un espressione confusa e sorpresa, rimettendo la mia mano al suo posto.

<<Ma sei scemo? La salute è più importante della scuola!>> affermo guardandolo negli occhi.

Lui sbuffa, rendendosi conto probabilmente della cazzata che ha appena detto.

<<Non se mancano meno di due mesi all'esame...non posso perdermi nessuna spiegazione.>> prosegue.

<<Dai, non fare il coglione. Chiederai gli appunti a qualche tuo amico!>> affermo esasperata, non capendo la motivazione per cui stia mentendo.

Lui apre la bocca come per dire qualcosa, ma si blocca e abbassa lo sguardo. Quella della scuola è pelsemente una scusa, il motivo è sicuramente un altro.

<<Dimmi la verità, perché non vuoi andare a casa?>> chiedo dolcemente, guardandolo negli occhi.
Sembrano aver assunto un'altra tonalità, più sul grigio che sull'azzurro.

<<Perchè i miei genitori la mattina non lavorano, e io non voglio vederli. Ho già dovuto discuterci prima di uscire di casa, non mi va di vederli ancora.>> sussurra, ammettendo finalmente la verità.

Anche se sono curiosa del sapere il perchè di questa decisione, non voglio sembrare troppo invadente. Avrà certamente i suoi motivi, non mi è dovuto saperli.

<<Allora vieni a casa mia, resterai da me per la mattinata.>> dico decisa, poggiandogli una mano sulla spalla.

Lui scrolla freneticamente il capo.
<<Assolutamente no! Non voglio essere un peso!>>

Mi alzo velocemente dalla panchina, corrugando la fronte. Mi segue, balzando anche lui in piedi.

<<Un peso? Ma quale peso e peso! È il minimo che io possa fare per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me.>> affermo, non volendo sentire ragioni. Lo afferro
per un braccio e lo trascinando verso la scuola, anche se cerca di dimenarsi dalla mia presa.

<<Dai Maia, lascia perdere!>> mugula, provando a farmi cambiare idea.

Non lo ascolto.

<<Maia, non ha senso! Mancano solo due ore, posso resistere. Non sono un bambino, la sopporto un po' di febbre!>> esclama alzando leggermente la voce, puntando i piedi con forza e frenandomi.

Mi volto e lo fisso negli occhi, pronta a ribattere.

<<Dopotutto dovremmo andare con il motorino, prendere freddo peggiorerebbe solo la situazione.>> cerca di farmi ragionare, impedendomi di parlare.

Abbasso lievemente lo sguardo, essendo costretta a dargli ragione.
Quello che più mi dispiace è non poterlo aiutare, lui ha fatto tanto ieri per me e io non posso ricambiare.

La campanella suona, segnando la fine della ricreazione.

Il ragazzo continua ad osservarmi, sperando che lo lasci stare. Senza rendermene conto lo sto ancora stringendo per il polso.
Sbuffando, lascio la presa.
Mi avvicino lentamente a lui, restando a pochi centimetri di distanza e immergendomi nei suoi occhi chiari.
In pochi istanti le mie braccia si allacciano attorno ai suoi fianchi, mentre poggio la testa contro la sua spalla. Non so neanche perché lo stia abbracciando, ma la mia è stata un'azione spontanea.

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