Capitolo 37.

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Maia's pov

Corro, corro più veloce che posso...
Voglio andare il più possibile lontano da lui e dall'ospedale.
Ho bisogno di stare sola, di pensare..
Mi sento così stupida ad averlo amato. Lui non ricambia, lo so, ne sono certa.

Ricevo una decina di chiamate da Andrea ma non rispondo, sicuramente vuole convincermi a tornare in ospedale ma non voglio vederlo mai più, ne Giovanni ne quel posto.
Quando sono ormai esausta dalla corsa, mi siedo su una panchina e cerco di riprendere fiato. 
Perchè mi sono affezionata così tanto a Giovanni? Perchè ero convinta che tra di noi potesse esserci qualcosa di più di una semplice amicizia? Figurati se lui, con tutto quello che gli sta succedendo, a tempo di pensare a me e ai miei sentimenti. Sono stata così stupida.

L'unica domanda ancora senza una risposta è: perchè non vuole dirmi la verità sulla sua malattia?

A distrarmi dai miei pensieri è il mio cellulare, che comincia a vibrare da dentro la tasca.
Lo sfilo dai jeans, osservando le notifiche. Venti chiamate perse da Andrea...

Poverino, lo sto facendo preoccupare per nulla. Lui dopotutto non ha colpe. Probabilmente Giovanni lo ha implorato di non riferirmi nulla di quello di cui hanno parlato e lui, da bravo amico, sta solo rispettando le sue volontà.

Non deve essere per nulla bello vedere il proprio migliore amico in condizioni simili...
Anche Andrea sta soffrendo tanto, è solo che lui non lo da a vedere. 

Improvvisamente numerose paranoie cominciano ad affliggermi. 
Ho attaccato Giovanni senza pensare alle conseguenze.
Non avrei dovuto farlo, ora come ora lui ha solo me, Andrea e la madre affianco...
Comincio a pensare al peggio. Magari per colpa mia è successo qualcosa a Giova e io come un idiota non sto rispondendo.

Richiamo immediatamente Andrea, sperando per il meglio.
Il telefono comincia a squillare mentre io, presa dalla preoccupazione, lascio che qualche lacrima scorra lungo il mio volto. 

Ti prego...fa che non sia successo nulla...

<<Maia...dove sei?>> risponde Andrea con il fiatone, rivolgendomi subito una domanda.

Mi guardo intorno, cercando un punto di riferimento.

<<vicino alla stazione...>> quasi sussurro.

<<Stazione!? Quanto cazzo hai corso!?>> esclama lui, evidentemente esausto.

Sorrido asciugandomi una lacrima con un palmo, rassicurandomi nel sentire il suo solito tono di voce.

<<Non muoverti, arrivo!>> esclama poi riattaccando, non dandomi neanche il tempo di rispondere.

Dopo neanche dieci minuti si siede accanto a me, respirando affannosamente. 
<<Perchè sei venuto?>> chiedo freddamente, senza voltarmi verso di lato.

Il ragazzo rotea gli occhi verso l'alto, poggiando pesantemente la schiena contro la panchina.

<<Per riportarti all'ospedale, ovvio.>>

<<Io non torno da Giovanni, non voglio più vederlo ne sentire il suo nome. Lo odio.>> mugugno tra le lacrime, anche se so bene quante bugie ci sono nella mia frase.

<<Lo odi!? Fino a qualche giorno fa soffrivi per non averlo accanto e ora lo odi!?>> chiede Andrea incredulo, sgranando gli occhi.

<<Si...>> sussurro, con voce insicura e rendendomi conto di quanto assurdo sia.
Non ne sono convinta neanch'io di quello che dico.

Andrea ride, scrollando il capo con fare sconsolato. Ma cosa c'è da ridere?!

<<Ma non hai capito perchè si comporta così?>> domanda quasi prendendomi in giro, come se fosse ovvio il comportamento del suo amico.

<<Perchè, c'è anche una motivazione?>> chiedo freddamente e amaramente, storcendo il naso.

Ride di nuovo, passandosi una mano sul viso.

<<Ti ama Maia...ti ama più della sua stessa vita...>> afferma guardandomi negli occhi, sempre sorridendo. 

<<Ma cos...>> balbetto sorpresa e imbarazzata. 

<<Hai capito bene...per questo devi tornare da lui, per stargli accanto. Ha bisogno di te...non ce la fa più da solo...>> continua, mentre il suo sorriso divertito muta in uno triste.

Un'altra lacrima scorre lungo il mio viso, mentre lentamente abbasso il capo.
Piango. Non tanto perchè sono commossa, ma perchè sono stata così stupida da non capirlo prima e da abbandonarlo così. Giovanni non deve essere assolutamente lasciato solo, sopratutto ora. Dobbiamo goderci ogni singolo secondo con lui, anche se la paura continuerà a trasparire nei nostri occhi e nei suoi. 

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