Capitolo 19.

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Dopo circa due ore passate con il nostro amico, io e Andrea decidiamo di andare via. 
Sono già le quattro di pomeriggio, i miei saranno in pensiero. Non li ho neanche avvertiti del fatto che non sarei tornata a casa subito dopo scuola.

Andrea saluta il suo amico e esce dalla camera, aspettandomi subito fuori dalla porta.
Mi alzo dalla sedia e mi avvicino a Giovanni, poggiando una mano sulla sua spalla.

<<Se serve chiamami, sono sempre disponibile.>> mi raccomando, sorridendogli.

Lui annuisce, poggiando una sua mano sul mio polso.

<<Grazie, davvero.>> afferma, ricambiando il sorriso.

Prima di salutarmi, aggiunge:
<<Non ho dimenticato la sorpresa, arriverà a breve. Non appena starò meglio.>>

Rispondo con un risolino, accarezzandogli delicatamente il viso. È così dolce, anche quando è malato.

Ci salutiamo, ripromettendoci di incontrarci domani a scuola.



...



Salgo velocemente le scale del mio condominio, arrivando al mio piano e aprendo la porta dell'appartamento in cui abito. 

<<Sono a casa!>> avverto la mia famiglia, dirigendomi subito verso la mia camera e sperando di non essere fermata da nessuno.

Mia madre balza in piedi dal divano, raggiungendomi velocemente. Il suo sguardo è furioso, ma posso percepire un minimo di preoccupazione nei suoi occhi.

<<Si può sapere dove sei stata tutto il pomeriggio?! Sono le cinque!>> esclama alzando la voce, poggiando le mani sui fianchi.

Sospiro, roteando gli occhi verso l'alto.

<<Prima a scuola e poi in ospedale!>> le rispondo stizzita.

Lei strabuzza gli occhi, piegandosi lievemente verso di me con il busto.

<<In ospedale!?>>

Passo una mano sul mio volto, stringendo poi la parte iniziale del naso tra le dita.
Che stupida che sono, non potevo inventarmi qualcos'altro? Ora dovrò anche raccontarle quello che è successo.

<<Si Mà! Giovanni si è sentito male e l'abbiamo dovuto accompagnare in ospedale.>> rispondo, con un tono di voce meno aggressivo.

Mi allontano da lei, arrivando al mobile in cui ripone tutte le cianfrusaglie che trova per casa e frugando in un cassetto.

<<Davvero? E ora come sta?>> domanda mia madre, seguendo i miei movimenti con lo sguardo e parlando i modo più dolce.

<<Bene mamma, non ti immischiare, per piacere.>> 
Prendo in mano il telefono, che per qualche strana ragione era finito proprio lì dove lo stavo cercando, e mi dirigo di nuovo verso il piano superiore. 

Salgo le scale e entro nella mia stanza, accendendo subito il mio portatile.
Mi getto sul letto, inserendo il CD dell'album Night Visions degli Imagine Dragons nel computer. La prima canzone a partire è Radioactive.
Alzo il volume al massimo, mentre la musica rimbomba tra le pareti della stanza.
Chiudo gli occhi, concentrando la mia attenzione solo e unicamente sulla melodia.
Voglio svuotare la mia mente, liberarmi da qualsiasi tipo di pensiero, dimenticare la mia vita per qualche istante. Riesco nel mio tentativo solo per un minuto, venendo poi riportata sulla terra da una vocina stridula che tenta di chiamarmi.

<<Maia! Puoi togliere la musica? Non riesco a fare i compiti!>> si lamenta mia sorella, piegandosi su di me e urlandomi in un orecchio.

Sobbalzo, alzandomi a sedere. Quando mi rendo conto che sia solo lei, alzo gli occhi al cielo e blocco la canzone. 

<<Che c'è?>> domando irritata.

<<Non riesco a fare i compiti se hai la musica così alta.>> spiega. 

Sospirando, estraggo il CD e chiudo il portatile. Che noiosa.

<<Cos'hai? Sei strana...>> mi chiede lei perplessa, sedendosi sul bordo del mio letto.

<<Nulla, Anna. Dovevo solo liberare la mente.>> rispondo senza neanche guardarla, sdraiandomi di nuovo sul letto e chiudendo gli occhi.

La bambina, senza farsi troppe domande, si alza dal materasso. I suoi passi si allontanano, fino a raggiungere la camera accanto. La sento canticchiare Radioactive nella sua stanza, inventando ovviamente tutte le parole. La cosa mi provoca una risatina, mentre scrollo il capo sconsolata.
Vorrei tanto tornare ad avere sette anni. Vorrei tornare ad emozionarmi anche per le più piccole cose, a vivere ogni giorno come un'avventura. Vorrei tornare ad essere spensierata.

Le palpebre diventano sempre più pesanti, fino a costringermi a chiuderle. Cado in un sonno profondo, riimmergendomi di nuovo in uno dei miei soliti sogni.



...



Anche questa volta siamo in un posto che conosco molto bene: la mia stanza.
Sono seduta alla mia scrivania, con Andrea accanto a me. Sotto gli occhi abbiamo entrambi dei libri di scuola.
Mi volto alle mie spalle, trovando Giovanni sdraiato a rilassarsi sul mio letto.
Nella camera risuona della musica, proveniente da una radio posizionata sul mio comodino. 
Appena Giova nota che lo sto guardando, sorride.
Quegli occhi, quel sorriso... sono le cose più belle che io abbia mai visto.
Improvvisamente, sento il ragazzo chiamarmi.

<<Maia, puoi aprire? Si muore dal caldo.>> mi domanda, indicando l'unica finestra della mia stanza.

Annuisco, alzandomi in piedi e avvicinandomi ad essa. Appena la apro e guardo l'esterno, tutto il panorama cambia.

<<Grazie>> sussurra una debole voce alle mie spalle.
Solo quando mi volto, capisco di trovarmi di nuovo in un ospedale.
Sento qualcuno tossire e, osservando il letto dietro di me, assisto ad una scena che mi fa rabbrividire. Giovanni sdraiato di fianco sul materasso, pallidissimo e molto più magro. 

Cosa l'ha ridotto così?



...



Mi sveglio, senza neanche più sorprendermi del mio incubo. Sto sognando talmente tante cose strane, che ormai penso realmente di star impazzendo.
Sento il mio stomaco brontolare per colpa della fame e, ignorando il senso di angoscia da cui sono stata colta dopo il mio risveglio, scendo al piano di sotto a cercare qualcosa da mangiare.

Mentre sgranocchio alcuni Pavesini (unico cibo presente in casa mia), rifletto sui miei incubi.

Perchè ho sognato lui? E perchè proprio in ospedale?
Forse è solo dovuto preoccupazione di questa mattina... o forse no.

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