Capitolo 45.

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Nei giorni successivi Andrea non viene più a Milano. E' molto preso dallo studio e i suoi genitori non vogliono che esca di casa durante il periodo di fine anno scolastico. Lui non è mai stato bravo a scuola e i suoi temono che possa essere rimandato o bocciato, visto che anche gli anni precedenti ha rischiato che accadesse.

Sapendo della situazione di Giovanni, però, gli danno il permesso di andare in ospedale almeno una volta ogni due settimane.

Io invece trascuro gli studi e vado ogni giorno da Giova. Non posso sopportare l'idea di lasciarlo solo, in quell'ospedale... non posso sopportare l'idea di lasciarlo a combattere questa guerra da solo.

I miei non condividono per niente la mia scelta, ma non hanno il coraggio di obbligarmi a stare lontana da lui. Sanno quanto grave sia la sua situazione e, probabilmente, temono che io possa incolpare loro della sua morte nel caso io non sia li quando accadrà.

Mio Dio... pensare che lui potrebbe andarsene da un momento all'altro mi distrugge. Io non posso ancora crederci, e mai riuscirò ad accettarlo.
Lui non può aver perso, la malattia non può aver vinto su una persona così forte come Giovanni. Non può aver vinto su una persona che ha lottato così tanto, con tutte le sue forze. Non è giusto.

...


Un pomeriggio, mentre sono nel bagno dell'ospedale, sento qualcuno discutere in corridoio. Ascoltando attentamente riesco a riconoscere le due voci, una è la madre di Giovanni, l'altra, credo, suo padre.

<<Quindi...sta morendo...>> dice l'uomo. 

<<Fino a questa mattina neanch'io sapevo nulla...>> risponde lei, rattristandosi.
<<...e poi, cosa vuoi che ti importi, non sei mai venuto a trovarlo...>> aggiunge la donna amaramente. 

<<Ah, io? E tu allora?>> ribatte l'altro, puntandole un dito contro.
Lentamente esco dal bagno, cercando di non farmi notare.

<<Io sono venuta alcune volte...>>

<<Appunto, alcune volte! ...Giovanni non sa che hai lasciato il lavoro tempo fa, vero?>> afferma lui, provocandola.

<<Abbassa la voce, potrebbe sentirci...>> lo rimprovera, voltandosi verso la porta delle camera.

<<Cosa vuoi che senta...non sappiamo neanche se è ancora vivo...>> risponde il padre, sospirando.

<<Che persona orrenda che sei...almeno ricorda che è tuo figlio...>>

<<È anche tuo figlio! Perché non gli dici che hai perso il lavoro e che non sei mai venuta da lui solo perché ora hai una nuova famiglia? Ah già, Giovanni non sa che stiamo divorziando e che tu stai per avere un figlio da un altro uomo...>> grida il padre di Giovanni, indicando la pancia della ormai ex moglie.

<<Senti, appena lui morirà io andrò a vivere lontano da te, con il mio vero marito e non riuscirai mai a farmi cambiare idea!>> esclama la signora.

<<Ma chi ti vuole! In questi anni mi avete portato solo spese tu e quell'altro.>>

<<Perché tu invece non sei mai venuto qui in ospedale? Lavori solo il pomeriggio, la mattina sei libero.>> ribatte la donna.

<<E perché mai sarei dovuto venire...>>

<<Perché il ragazzo dentro quella stanza è il bambino che hai cresciuto...>>

<<Ancora non l'hai capito che a me non frega un cazzo di te e di lui!?>> esclama indicando la porta della camera. 

Continuano a litigare gridando ininterrottamente e io, infuriata, mi avvicino a loro a passo pesante.

<<Siete due persone di merda! Giovanni sta morendo e voi siete qui fuori a discutere di altri mariti e cazzate varie!>> esclamo bloccando la loro discussione.

<<Maia!? cosa ci fai qui!?>> domanda la donna, riconoscendomi.
<<E tu chi saresti?>> chiede invece il padre, squadrandomi.

<<Sono la fidanzata di quello splendido ragazzo che è vostro figlio!>> rispondo al quanto incazzata.
Senza attendere risposte entro nella camera e chiudo la porta. 

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