Capitolo 16.

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<<Sto bene...davvero.>> tenta di rassicurarmi, accarezzandomi i capelli e la schiena.

Quando mi rendo conto di ciò che sto facendo, sciolgo subito l'abbraccio.
Deglutisco imbarazzata, ricomponendomi  e sistemandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
Lui ridacchia, vedondomi così tesa.

<<Ci vediamo dopo!>> mi saluta, sorridendo debolmente e rientrando nella scuola.

Aspetto qualche istante che si sia allontanato, per poi tornare anch'io in classe. Fortunatamente adesso ho un'ora di arte. Sarà comunque noiosissima, ma almeno non rischio di essere interrogata.

Entro nell'aula, scusandomi per il ritardo e sedendomi al mio banco.
La professoressa spiega per tutta la durata dell'ora, mentre noi alunni "ascoltiamo distrattamente" la lezione. Dopo neanche dieci minuti,  poggio la testa sul banco, emanando un profondo sospiro. Non ho mai trovato la storia dell'arte più noiosa di oggi.

Senza rendermene conto, essendo troppo immersa nei miei pensieri, mi addormento. Dimentico completamente di essere a scuola, non curandomi del fatto di essere seduta a pochi banchi di distanza dalla cattedra.

...

Un altro sogno, ancora.

Questa volta, però, riconosco molto bene il posto in cui mi trovo.
Sono nel liceo e, precisamente, sto attraversando il corridoio del secondo piano, lo stesso in cui è situata la mia classe.

Mentre mi dirigo verso il bagno, rincontro lo stesso ragazzo a cui oggi ho chiesto dove fosse Giovanni.
Lui mi ferma, poggiando una mano sulla mia spalla e voltandomi verso di sé.

<<Hey Maia, Giovanni ti stava cercando. Credo che stia poco bene.>> mi informa con non curanza, come se la sua notizia sia un fatto naturalissimo.

Subito strabuzzo gli occhi, preoccupata.
<<Dov'è?>> domando.

Il tipo ci pensa un po' su, per poi schioccare le dita e indicarmi con il dito indice.

<<Al terzo piano, in fondo al corridoio.>> afferma, ricordandoselo.

Senza neanche ringraziarlo, corro velocemente verso le scale. Salgo i gradini a due a due, mentre l'ansia cresce dentro di me. Sapevo che non avrei mai dovuto lasciarlo solo, sono stata una cretina.

Mi precipito al punto indicatomi il più velocemente possibile, individuando subito Giovanni. Lo trovo seduto a terra, con la testa poggiata contro il muro e gli occhi chiusi. Respira affannosamente, utilizzando sia il naso che la bocca.

Resto paralizzata per qualche secondo, mente sento il cuore galoppare del petto.
Corro verso di lui ma, appena provo ad avvicinarmi, ...

...

<<Maia!... MAIA!>>

Sobbalzo. Silvia mi scuote per un braccio mentre tutta la classe mi guarda divertita.

<<Sei sempre disattenta, se continui così non supererai mai l'esame di stato!>> esclama la professoressa con aria esasperata, mettendosi a braccia conserte.

<<che rottura di maroni!>> rispondo sbuffando, senza rendermi conto di aver alzato fin troppo il tono di voce.

Tutti i miei compagni ridacchiano, mentre la prof mi osserva con il volto sconvolto.

<<Vai immediatamente fuori dalla classe, e ritieniti fortunata se non ti becchi un espulsione!>> grida, balzando in piedi e battendo il libro sulla cattedra con forza.
Con un dito indica la porta, mentre mi scruta con sguardo severo.

Sospirando e lamentandomi, mi alzo dalla mia sedia e esco dall'aula. Non che mi dispiaccia saltare la spiegazione, ma preferivo di gran lunga starmene sdraiata sul banco.

Chiudo la porta alle mie spalle e subito, guardandomi attorno, noto un ragazzo che va verso il bagno dei maschi. È lo stesso che nel mio sogno mi fermava nel corridoio, lo stesso con cui ho parlato questa mattina.

Resto immobile davanti alla porta, attendendo che mi passi davanti.
Fortunatamente prosegue oltre e non mi degna di uno sguardo.
Mentre emano un sospiro di solievo, il ragazzo si volta verso di me.

<<Hey... tu!>> mi chiama poco educatamente.

<<I-io?>> balbetto, osservando i dintorni e costatando che noi due siamo gli unici nel corridoio.

<<Si! Tu!>> prosegue <<Alla fine hai trovato Giovanni questa mattina?>> mi chiede, sorridendo divertito alla mia reazione.

<<Si...>> inizio tentennate <<Si, l'ho trovato. Grazie.>> riprendo sicurezza.

<<Di niente.>>

Continua lungo la sua strada, mentre l'ansia da cui ero stata travolta svanisce lentamente. Per un momento avevo temuto davvero che il sogno potesse essere reale. Rido alle mie stesse paranoie, rendendomi conto di quanto effettivamente sia preoccupata per il mio amico.

Inizio anch'io a passeggiare per la scuola, non avendo nulla da fare.
Mentre cammino per il terzo piano, vedo la porta del 4^H aprirsi lentamente. Appena capisco chi sia il ragazzo che sta uscendo, mi precipito da lui.

<<Andrea! Come va?>> chiedo avvicinandomi e dandogli un pugnetto sulla spalla.

<<Maia! Benone, te?>> risponde sorpreso il ragazzo, sorridendomi.

<<Non mi lamento.>>

Restiamo a parlare per un bel po'. A quanto pare anche lui è stato cacciato fuori.

<<Andre, ti ho visto spesso parlare con Giovanni Leveghi, quello del 5^H...vi conoscete bene?>> domando, ricordandomi di aver notato questa cosa ancor prima di conoscere Giova.

<<Si.>> annuisce <<Ci conosciamo da sempre, siamo vicini di casa. Spesso mi accompagna a scuola con il suo scooter.>>

<<Se lo vedi puoi dirgli di fermarsi davanti all'entrata alla fine della scuola? Io lo aspetterò li.>> approfitto dell'occasione.

<<Va bene, glielo dirò.>>

Suona la campanella, ci salutiamo e torniamo entrambi in classe. Sono felice di averlo rincontrato, era da molto che non ci vedevamo.

Ho conosciuto Andrea grazie ai miei genitori, visto che è figlio di una coppia loro amica. È un ragazzo di un anno più piccolo di me, ma di un intelligenza impressionante. Dimostra molto di più della sua età, sia mentalmente che di aspetto. Spesso ragiona proprio come un adulto, molto più maturamente di me o di qualsiasi altro diciottenne.

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