Capitolo 27.

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Appena ci dividiamo Andrea poggia la mano sulla maniglia e, prima di entrare, si volta verso di me. Sorrido, annuendo. 
La porta si apre lentamente, lasciando entrare un fievole fascio di luce nella stanza semibuia. 
Alla nostra destra ci sono due letti, uno occupato da un anziano e l'altro vuoto e con le coperte perfettamente ordinate.

Lui è a sinistra.

Lo vedo, è lì che parla con una donna seduta sul suo letto. Probabilmente è sua madre. La signora ci nota per prima e sorride, spostandosi un ciuffo da davanti agli occhi e bloccandolo dietro l'orecchio. Con la coda dell'occhio guardo Andrea, ha un sorriso a trentadue denti stampato sul viso.

<<Ciao Andrea e ciao...Maia?>> mi chiede lei alzandosi in piedi e venendoci incontro.

Annuisco, sorridendo.

<<Vi lascio soli ragazzi, a dopo.>> ci saluta, dopo aver abbracciato Andrea e stretto la mano a me.

<<Giova se hai bisogno di qualcosa sono qui fuori...>> aggiunge poi sorridendo al figlio, che annuisce e si siede sul materasso, sistemando i cuscini dietro alle sue spalle per sorreggerlo.

Non sembra poi così sofferente, ma da l'impressione di essere veramente stremato, esausto.
Dalle sue narici escono due tubicini trasparenti, che passano dietro le orecchie e si allacciano all'altezza del petto, per poi ricongiungersi ad un "macchinario". Suppongo che lo aiutino a respirare meglio, o qualcosa del genere. Vederlo così, però, mi stringe il cuore.

La donna, prima di uscire dalla camera, si volta verso di noi sorridendo.

<<Grazie per essere venuti ragazzi. Mi raccomando, non fatelo stancare troppo.>> si affida a noi, chiudendosi poi la porta alle spalle.

Quando finalmente siamo soli Andrea si avvicina a Giova e poggia una mano sulla sua spalla.

<<Da quanto tempo...sono due mesi che non ci vediamo...>> sospira il più piccolo, sorridendo e stringendo delicatamente l'amico in un abbraccio.

<<Per quanto possa sembrarti strano...mi sei mancato Giova.>> afferma poi dividendosi e ridacchiando, contagiando anche l'altro ragazzo.

Nel mentre osservo la scena dall'entrata, paralizzata. Le gambe tremano e si rifiutano di camminare, gli occhi diventano lucidi e le guance si bagnano di lacrime. Sono così felice di vederlo.

Giovanni mi nota e mi osserva, sorridendo dolcemente. Successivamente sposta lo sguardo sui vari aghi e macchinari a cui è "collegato" e, ancora sorridendo, sussurra: <<Se solo potessi, verrei io ad abbracciarti...>>.

Finalmente i piedi si sbloccano e mi danno la possibilità di correre tra le sue braccia. La mia paura non c'è più. È sempre lui, il ragazzo sorridente e altruista che era fino a due mesi fa.

Lo so, non mi lapidate. Il capitolo è cortissimo, ma posso spiegare.
Piu tardi pubblicherò un altro capitolo, giusto perché volevo dividera la "scena". XD
A questa sera con il continuo. <3

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