Capitolo 65.

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Sento una bestemmia sussurrata tra le lacrime, unita ad altre voci che alle mie orecchie appaiono ovattate e confuse.
Un rumore di qualcosa che si infrange a terra mi fa quasi sobbalzare, mentre stringo con più forza il telefono tra le mani e strizzo le palpebre.
Mi dispiace aver dovuto dare questa notizia a Giorgio, proprio ora che è stato liberato dalla prigionia di questo ospedale. Immagino che anche lui sperasse che, per un po', non dovesse averci più nulla a che fare.

Ma anche lui, come tutti gli altri, era presente ieri sera. Anche lui sapeva come fosse critica la situazione di Giovanni, e immagino che questa notizia la stesse anche attendendo.

<<Maia, mi dispiace, tantissimo>> sussurra Pietro con voce piangente.
Credo abbia preso il telefono da Giorgio, visto che probabilmente quest'ultimo non riesca più a parlare.

Continuo a sentire il suo pianto straziante in sottofondo, insieme ad una voce femminile che sembri tentare di rassicurarlo.

<<Grazie Piè...>> mugugno, ancora tra i singhiozzi.

Dopo che anche lui scambia qualche rapida parola con il suo migliore amico, riprende a parlare al cellulare.

<<Stiamo arrivando tutti, a tra poco.>> mi saluta tristemente, chiudendo la chiamata.

Sospirando, metto via il telefono e mi avvicino ad Andrea, seduto su una sedia difronte alla porta della camera di Giovanni. Mi siedo accanto a lui, fissando anch'io l'entrata della stanza.

<<Non doveva finire così...>> Andrea scrolla il capo, lasciandosi andare ad un sospiro tremante <<Giovanni non doveva morire...>>

I suoi occhi si riempiono di nuovo di lacrime, mentre vedo i suoi denti stringere il labbro inferiore, ormai tremante.

Viene colto improvvisamente da un pianto disperato, poi, cercando di smettere, prende fiato e continua a parlare.

<<Lui non lo meritava, era una persona stupenda...>> quasi grida tra le lacrime, asciugandosi gli occhi con nervosismo e tirando su con il naso.

Ascolto le sue parole silenziosamente, senza riuscire a trattenermi dal piangere con lui.

Ha ragione, pienamente ragione.
Giovanni non doveva andarsene! È così ingiusto!

Perché!? Perché, tra sette miliardi di persone, proprio lui!?

Sentendomi iniziare a singhiozzare, Andrea si volta verso di me e, sorridendomi teneramente, mi abbraccia. Poggio la testa sul suo petto, sfogandomi.

<<Il mio Giovanni!...>> mi lamento, stringendo la felpa di Andrea in una mano <<Perche!? Perche!? Non è giusto!>>

Prima che Andrea possa anche solo tentare di consolarmi, sentiamo dei passi venire verso di noi.

Entrambi, tentando di ricomporci un minimo, spostiamo lo sguardo, senza dividere il nostro abbraccio.
I nostri amici attraversano silenziosamente il corridoio, chi asciugandosi le lacrime e chi mantenendo solo lo sguardo rivolto verso il basso.
In ogni caso, hanno tutti gli occhi lucidi, ma gli unici che piangono ancora sono Matteo, Federico e... Giorgio.

Appena lo noto tra io gruppo, balzo in piedi dalla sedia e vado ad abbracciarlo. Circondo il suo collo con le braccia, poggiandomi alla sua spalla e continuando a versare le mie lacrime su di essa.
Subito il ragazzo ricambia l'abbraccio, senza smettere di piangere.

<<Maia i-io...>> balbetta, allontanandosi lentamente e delicatamente dal contatto.
Osservando il mio volto per qualche istante, prende un grande respiro, proseguendo.

<<Posso vederlo? Solo un ultima volta...>> mi implora, asciugandosi gli occhi e chinando il capo in avanti.

Mi volto verso Andrea che, annuendo, apre la porta della stanza dietro di noi.
Entriamo tutti nella camera, anche se non sono ancora certa di essere pronta a vederlo lì, inerme, su quel letto che per tutti questi giorni è stata la sua casa.

Luca, Mauricio e Pietro restano vicini all'entrata, mentre noi altri ci avviciniamo al suo letto.

I medici hanno già staccato il suo esile e fragile corpo da tutti i vari aghi e i numerosi tubi che lo tenevano in vita.
Non sentire più quel debole suono che scandiva i battiti del suo cuore, mi fa mancare il respiro per qualche secondo. Ancora non riesco a credere, a realizzare, che lui possa davvero essersene andato.

Mi avvicino ancora di qualche passo, osservando l'espressione beata impressa sul suo viso e il suo aspetto angelico.

Se non fosse per il camice che indossa, la sua pelle si confonderebbe con il candido lenzuolo sopra di lui.

Non riuscendo più a sopportare tutte queste emozioni e tutta questa sofferenza, mi paralizzo accanto al materasso.
Piangendo, poggio una mano sulla mia bocca, tentando di bloccare i miei singhiozzi.
Non ho il coraggio di vederlo, non ce la faccio.

Andrea si avvicina a me e mi abbraccia dolcemente, sussurrandomi parole dolci tra i capelli, per tranquillizzarmi.
Successivamente, mi porta vicino agli altri e continua a parlarmi, per farmi calmare.

Giorgio si avvicina al letto coraggiosamente e prende la mano di Giovanni, "accarezzandola" con il pollice. Subito dopo si copre il viso con una mano e inizia a singhiozzare. Ben presto, scoppia in un pianto disperato. Si inginocchia li davanti e continua a fissarlo mentre le lacrime scorrono lungo le sue guance.

<<Giorgio...>> sussurra Pietro dolcemente, sedendosi accanto a lui.

<<So che fa male, ma sapevamo come sarebbe andata a finire. Non potevamo farci nulla. Non sentirti in colpa per la serata, credo che Giovanni ci sarà per sempre riconoscente per ieri...>> continua sorridendo teneramente all'amico e stringendolo in un abbraccio.

<<Vieni...andiamo.>> aggiunge poi porgendogli una mano e aiutandolo ad alzarsi.
Mentre stanno uscendo dalla stanza, Andrea li ferma.

<<Giovanni non si dimenticherà mai di te...ti voleva davvero un mondo di bene.>> afferma con la voce rotta dal pianto e poggiando una mano sulla sua spalla.

Giorgio annuisce e, insieme all'amico, va verso il bagno.

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