Capitolo 37

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Passarono 2 settimane.
Due settimane che Cristel era lì, su quel letto, che non si svegliava.
Due settimane che non toccavo cibo, o che per lo meno, mi forzavano a mangiare. Due settimane che non chiudo occhio, che verso lacrime, che sento la sua mancanza. Due settimane che non vivo più.

Mi alzai da quella scrivania, aprì l'armadio. A breve Anastasia doveva venire a prendermi, dovevamo andare lì.

Il mio rapporto con john peggiorava di giorno in giorno, ed io cercavo sempre più di evitarlo.
E lui me la faceva pagare sempre.
Mi trattava male.

Il clacson dell'auto di Anastasia mi fece distogliere dai pensieri, scesi giù per le scale, e mi diressi fuori.

Prima che potessi avvicinarmi all'auto  mi sentì afferrare per un braccio.

<<TU OGGI STAI CON ME>> Era john.

<<Jonathan lasciami, mi fai male>>
Implorai.

<<No, mai, tu stai con me >> disse ulrando.

Mi slacciai dalla sua presa, e mi allontanai, lui restò lì, impalato.
Salì in macchina, ed Anastasia era ancora impaurita dalla reazione di John, aveva assistito alla scena a quando pare.

Mi guardò e non disse niente.

<<Tranquilla non è niente>> e la salutai.

Durante il tragitto, mi voltai verso il finestrino, ripensando a quando eravamo io e Cristel, alle nostre mani intrecciate e all'imbarazzo che si era venuto a creare tra di noi.

Arrivammo in ospedale, ci dirigemmo verso la porta di Cristel, io mi sedetti all'uscita.

<<Vai tu>> le dissi.

Lei entrò, avevo bisogno di un momento per tranquillizzarmi, per pensare, per respirare profondo, feci entrare prima lei per questo.

Ero seduta fin quando un tocco lieve mi sfiorò la gamba.

<<Ehi, ciao, io, io mi chiamo Ariel e tu? >> Udì una piccola voce, abbassai lo sguardo, era una bambina.

Mi strinse il cuore quando vidi il tubicino che le fuorisciva dal suo piccolo braccino fino ad arrivare ad una bottiglia appesa ad un piccola asta con le rotelle, e la sua dolce manina che la stringeva forte trascinandola con se.

<<Io mi chiamo Isabel, lo sai, hai un nome bellissimo>> dissi avvicinandomi a lei, mi abbassai per vederla in quei piccoli occhietti color nutella. E quei capelli biondi le ricadevano lungo le piccole guanciotte di un rosa candido.

<<Ti va di diventare mia amica? >> disse lei con una voce adorabile.

<<Certo piccola>> le dissi.

Lei si avvicino e mise il suo braccino attorno al mio collo, era così piccola.

<<Ariel - Ariel, dove sei? >>
Una voce urlò disperata, la stava cercando.

<<Adesso devo andare uffa, ciao >>
Mi salutò con un bacino sulla guancia.
Era adorabile.

Chissà cosa aveva.
Così piccola, vederla così.

La porta si spalancò ed uscì Anastasia con lo sguardo abbassato.

Prima che entrassi il medico si avvicinò verso noi.

<<Noi stiamo facendo il possibile ma la paziente non da nessun segno, non
reagisce agli stimoli, l'unica speranza e solo il suo cuore, batte, anche se lui a poco a poco si sta spegnendo insieme a lei, noi non possiamo fare più nulla, adesso sta a lei. Con tutto quello che abbiamo fatto dovrebbe aver reagito, ma non è stato così.>>
A quelle parole mi sentì morire, non riuscì a controllare le lacrime che ormai prendevano il sopravvento nel mio viso.

Due destini uniti da una foto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora