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Derek non sa perché continua ad andare in quel posto. Cioè, sì, lo sa, ma davvero ogni volta che ci mette piede si pente della sua scelta. Quando esce di lì, se ne pente ancora di più. 
Quel giovedì si è svegliato di buon umore però, quindi, dato che non ci va da quasi un mese, pensa di poter sopravvivere alla persona che vi lavora. 
Stiles. Un ragazzino, in realtà ha vent’anni, alto, magro e con gli occhi più belli che Derek abbia mai visto. 
Derek si ricorda bene il primo giorno che l’ha visto, è stato lui ad accoglierlo quattro mesi prima: un sorriso che gli arrivava fino agli occhi, vestito completamente di nero e molto gentile, nonostante poi si fosse rivelato alquanto…sfacciato. 
Quando Derek si era accomodato, l'aveva sentito sussurrare alla sua collega bionda un “Quel tipo è mio, non permetterti di avvicinarlo, l’ho visto prima Io”. Derek l'aveva osservato dallo specchio che aveva di fronte e lui, senza vergognarsi perché l'aveva sentito, gli aveva semplicemente fatto un occhiolino e poi si era a avvicinato a lui aggiungendo un “Anche io sono tutto tuo, bellezza. Dimmi cosa vuoi che faccia”. 
E lì erano iniziato j guai di Derek perché, vittima dell'imbarazzo, gli aveva detto “Mi fido, fai Tu”. 
Forse è p3r questo che Derek continua a tornarci. È una sfida. Non si è mai lasciato imbarazzaredai complimenti altrui, anzi, di solito è lui quello che con un solo sguardo mette soggezione agli altri. 
Quindi è per quello che sta aprendo la porta e sta di nuovo mettendo piede lì dentro. Per guardare quel ragazzino con il suo sguardo da duro e farlo cadere ai suoi piedi, magari sulle ginocc-
“Ehi, raggio di sole!” 
“C-ciao.” 
Come non detto. 
Stiles gli va in contro con il suo solito sorriso e la sua solita divisa nera e pulita. 
“È tanto che non ci vediamo. Sono stato molto triste, sai? Mi sei mancato un sacco” dice, sporgendoil labbro inferiore in un broncio adora-
“Ero fuori città. Posso sedermi?” 
“Certo, bel lupone, sono prontissimo solo per Te.” 
Derek quasi si strozza con la saliva mentre segue l'altro. Sì siede, cerca di rilassare le spalle, cerca di ricordarsi cosa vuole chiedergli di fare, ma Stiles lo interrompe. 
“Posso fare Io? Ti prego ti prego ti prego ti prego!” 
Derek lo osserva dallo specchio che ha di fronte: ha di nuovo il broncio, le dita delle mani incrociate mentre spera nella risposta positiva di Derek e gli occhi da cucciolo. 
Derek non resiste. 
“Va bene” dice e Stiles comincia a battere le mani saltellando, facendo per allontanarsi, probabilmente per prendere qualcosa. 
“Aspetta" aggiunge Derek, l'altro si blocca. “Ho una condizione questa volta.” 
Ok che si lascia sempre convincere da quel ragazzino, ma ora è arrivato il momento di fargli vedere chi comanda. 
Stiles annuisce e si riavvicina. Derek gli afferra un polso facendolo abbassare e gli parla in un orecchio. 
“Solo se quando finisci vieni a cena con me.” 
Vede le guance di Stiles diventare porpora e il respiro del ragazzo bloccarsi. 
“Allora devo fare proprio un bel lavoro, se devo andare in giro con te dopo” gli dice, cercando di nascondere l'imbarazzo con il suo essere sfacciato. Derek gli sorride lasciando la presa e si mette comodo. 

Due ore dopo, Derek è seduto su una panchina ad aspettare il ragazzo. Lo vede arrivare di corsa, con il suo solito sorriso e le guance ancora rosse. 
“Ehi, raggio di luna, vedo che sei ancora perfetto!” 
Derek sbuffa alzando gli occhi al cielo e spostandosi dagli occhi una ciocca di capelli che Stiles gli ha a deliberatamente lasciata libera, senza legarla insieme alle altre nella treccia che gli cade sulle spalle. 
“Il nastro rosso potevi evitarlo, però” gli dice appena si avvicina. 
“Nah, ti sta benissimo, ti rende sia elegante che dannatamente sexy.” 
Derek rischia ancora una volta di strozzarsicon la propria saliva, quindi comincia a camminare, facebdo finta di nulla. 
“Muoviti ragazzino, il ristorante ci Aspetta!” 
E sorride quando sente i passi di Stiles raggiungerlo. 

La parola era “TRECCIA”. 

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