#105

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Stiles scende dal cubo, la musica è finita e le luci si sono spente. Ha dieci secondi per raggiungere il retro del palco, prima che i riflettori si riaccendano e Jackson cominci il suo ballo. 

Lavora in quella discoteca solo da tre mesi, ma ormai consoce i tempi di tutti a memoria. Il ballo di Jackie durerà cinque minuti e quarantasette secondi, poi arriverà Danny a ballare con lui per sette minuti. Poi sarà il turno di Noah e così via, fino alle cinque del mattino, quando ci sarà solo qualche ultimo avventore, ubriaco, che sarà accompagnato alla porta. 

Entra nel camerino che divide con gli altri, che ora è deserto, e si sdraia sul divanetto, scolando una bottiglia di bibita al limone che di limone ha ben poco. Fa caldo, è luglio inoltrato e stare lì dentro lo soffoca ogni sera. Ci lavora tutti i giorni tranne il weekend, quando torna da suo padre e quando ha qualche esame imminente e non ha proprio modo di staccarsi dai libri. Non gli piace ballare davanti ad una folla di ragazzi, ma siguadagna bene e non può negare che sentirsi desiderato fa bene alla sua autostima. Fino a tre mesi prima, nemmeno sapeva di poter essere attraente e di avere il coraggio di sculettare su un cubo e intorno ad un palo. 

Lancia la bottiglia vuota verso il cestino, mancandolo, quando la porta del camerino si apre ed entra un ragazzo. Alto, moro, occhi chiari. Bellissimo. 

Stiles scatta a sedere. 

"Ciao, sei Stiles?" 

"Sì."

"Io sono Derek, il figlio del proprietario. Puoi venire con me?"

Stiles annuisce e lo segue fuori. Derek gli fa strada fino all'ufficio del capo, di suo padre e lo invita a sedersi. Si siede a sua volta, di fronte a Stiles, non dietro la scrivania. 

"Come mai fai questo lavoro?" chiede il ragazzo. 

"Per pagarmi gli studi. Non che la borsa di studi non basti, ma non mi piace stare al campus, non riesco a studiare, quindi divido l'appartamento con Jackson e una nostra amica, Lydia e bisogna pagare l'affitto, le bollette e...oh, beh, sì, per pagare il college. Stavo uscendo fuori traccia."

Il ragazzo sbuffa una risata. 

"Tieni."

Derek gli allunga una busta bianca. 

"Cos'è?" 

"La tua liquidazione. Sei licenziato."

Stiles sbianca. Non ha mai sbagliato nulla, non ha mai ceduto alle avances dei clienti, non ha mai fatto tardi...

"PErché? Cosa ho fatto?" chiede quasi disperato. 

"Nulla" risponde l'altro, calmo. "Ma..." Stiles lo sente tentennare. "Vuoi uscire con me?"

Stiles ora è confuso. 

"Mi licenzi per chiedermi di uscire? Non è un'ottima tecnica per conquistare le persone, sai?"

"Non voglio che la persona con cui esco abbia tutti quegli occhi puntati addosso ogni sera. E tu sei quello che viene guardato di più. Sei bellissimo."

Stiles ora arrossisce, ma è ancora arrabbiato. 

"Ma cosa ti fa pensare che io possa accettare?! E poi mi serve il lavoro! Tasse, affitto!"

"Oltre a questa discoteca, abbiamo anche un bar al centro e questo" gli allunga un foglio, "è il tuo contratto. Puoi lavorare solo di mattina, così puoi studiare senza addormentarti sui libri". 

Stiles ora non sa cosa dire.

"Dimmi di si."

Stiles afferra una penna, guarda Derek negli occhi, quasi con aria di sfida. 

"Io firmo il contratto, ma non esco con te." 

"Perché?" 

"PErché non sono un oggetto, Derek Hale. Puoi fare di meglio."

Un mese dopo 

"STILES! VIENI!"

"ERICA, STO PESANDO LA FARINA PER I DOLCI, COSA C'E'?"

"PACCO PER TE!"

"ARRIVO!"

"Eccomi, chi mi cerca?"

"Lui."

"Derek?"

"Questo è per te."

"Cos'è?" 

"Erica mi ha insegnato a farlo. Caffè al caramello, con latte e una spolverata di cacao. Decaffeinato, ovviamente. E questo è un muffin al cioccolato, ammetto di averlo preso tra quelli che hai fatto tu."

"Perché?"

"Perché so come prendi il caffè e come fai colazione. Vengo qui per passare il tempo con te, non per controllarvi, non ne ho bisogno. Perché vorrei sapere anche cosa preferisci a cena, o a pranzo o qual è il tuo colore preferito... Accetti?"

"Accetto."



La parola era "CUBO". 

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