49.

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La ragione per cui non riusciamo a lasciare andare qualcuno è perchè, nel profondo, abbiamo ancora della speranza.


"Non farmelo ripetere un'altra volta cazzo, ti faccio saltare in aria la testa." ringhiai a denti stretti nel mentre che l'uomo cambiava rotta e pian piano l'elicottero si abbassava.
"Ti aspetto qui ma sbrigati!" mi urlò non appena si avvicinò al suolo e con un salto finii a terra incominciando poi a correre verso il mio scorpione, il suo corpo era in una pozza di sangue e gliene usciva anche un pochino dalla bocca.
"No amore mio, no ti prego." dissi afferrandole il viso tra le mani e subito mi sporcai di sangue i vestiti, lentamente con le dita controllai se si sentiva il battito e scoppiai a piangere.
Era viva, il suo battito era debole.
Ma c'era, si percepiva a stento.
In lontananza vidi alcune macchine arrivare e sussultai dalla paura non appena notai che si trattava dei messicani, sicuramente avevano visto l'elicottero riabbassarsi e Ramala aveva dato l'ordine di venire ad uccidermi.
Sollevai Zulema con tutta la forza che avevo in corpo e la trascinai sulla sabbia bollente urlando per tutta la forza che ci stavo mettendo.
"Figlia di puttana non farmi questo." dissi disperata e la vista era offuscata dalle lacrime che scendevano impetuose lungo il mio viso.
"Sbrigati, stanno arrivando!" urlò il pilota con tutto il fiato che aveva in corpo, strinsi i denti e dopo alcuni minuti riuscii a trasportarla all'interno dell'elicottero mentre la sua testa penzolava lungo la mia spalla, era completamente inerme.
Sembrava che pesasse come una piuma.
"Vai, cazzo!" urlai dando un colpo dietro al pilota in modo tale che mi sentisse e si risollevò subito in alto nel cielo nel mentre che un proiettile stava per colpirmi.
"Figli di puttana!" urlai afferrando la pistola incominciando a sparare contro di loro, mi sarei vendicata molto presto.
"Dove vado?" mi urlò l'uomo nel mentre che ispezionavo tutto il corpo di Zulema.
Era pallida come la neve e le sue labbra stavano diventando viola ma il suo corpo era ancora bollente, vivo.
Sicuramente era svenuta per l'eccessiva perdita di sangue ma il battito lo percepivo, non stavo sognando.
Notai tutti i miei jeans macchiati del suo stesso sangue e anche la mia maglietta lo era, insieme ai miei capelli.
Mai avrei pensato che avessi avuto il suo sangue sopra alla mia pelle, mai.
"Non andiamo più in Marocco, dobbiamo andare all'ospedale Cruz Roja de Córdoba, ora!" urlai furiosa e pensai che quell'ospedale era l'unico più vicino a noi, uno dei migliori di tutta la Spagna.
Imprecai togliendomi la cintura dai pantaloni e gliela strinsi forte nella spalla, almeno il sangue si sarebbe cessato e Zulema non ne avrebbe perso ulteriormente, le strappai la maglietta di dosso e il panico mi travolse perché un proiettile era vicino al suo cuore e avevo il terrore di sfiorarla perché ci voleva un'intervento chirurgico al più presto.
"Maledizione." sbottai nel mentre che il paesaggio scorreva sotto di me e mi guardai attorno alla ricerca di un qualcosa di utile e fortunatamente vidi una cassetta del pronto soccorso, l'aprii velocemente e mi misi a cavalcioni sopra a Zulema.
Con delle garze sterili feci pressione sulla sua ferita nel petto con la paura di romperle qualche osso ma non doveva lasciarmi proprio ora, avrei lottato.
"Più veloce porca puttana!" urlai sovrastando il rumore delle eliche sopra di me e l'uomo imprecò aumentando la velocità e speravo di non precipitare nel vuoto più totale.
"Come diavolo faccio ad atterrare?" mi urlò arrabbiandosi e feci ancora più pressione nella donna sotto di me afferrando altre garze e tanto cotone.
"C'è uno spazio riservato agli elicotteri per le emergenze, puoi atterrare ." sbottai guardando la cintura del sedile e con un colpo secco la strappai per stringergliela ancora più saldamente nella spalla, la guardai con attenzione e aveva tre proiettili in corpo ma quello che mi preoccupava di più era quello vicino al cuore.
"Bionda se mi dovessero sparare ricordati che devi bloccare l'emorragia subito."
Serrai la mascella facendo ancora più pressione e mi mancò il fiato mentre l'elicottero si abbassava, eravamo in viaggio da più di mezz'ora e speravo che non fosse troppo tardi ma almeno non l'avevo lasciata lì nel deserto.
Non l'avrei lasciata mai più, mai.
"Ci siamo!" esclamò il pilota spegnendo il motore una volta atterrati e vidi alcuni medici venire verso di noi di corsa.
"Signorina si deve spostare ci pensiamo noi." disse uno prendendo la barella ma scossi la testa.
"Ha una forte emorragia e se mi sposto perderà ancora più sangue. Fatemi restare con lei cazzo." sbottai furiosa e quest'ultimo annuì infilandosi i guanti facendo cenno di spostarmi un'attimo.
Non tolsi le mani da sopra al suo petto e come la misero nella barella balzai sopra di lei facendo ancora più pressione.
"Dimmi cosa è successo." disse nel mentre che entravamo dentro con la barella e tutti gli occhi erano su di me, dovevo essere ricoperta di sangue da cima a fondo, in particolare sulle mani.
Gli spiegai brevemente ciò che era successo senza entrare nei dettagli anche perché il loro obiettivo era di salvarle la vita.
"Okay il battito c'è, fatele subito una dose di morfina ed eparina. E chiamatemi la Pierce!" disse la donna al mio fianco urlando e dal suo cartellino scoprii che si chiamava Miranda Bailey.
"Hai fatto benissimo a tamponare le ferite, se tu non fossi intervenuta subito probabilmente la tua amica sarebbe morta dopo pochi minuti. Ma questo non esclude il fatto che lei ora sia in pericolo, per favore dobbiamo svolgere il nostro lavoro." disse quest'ultima e mi tolsi dal suo corpo non prima di averle dato un bacio veloce sulla fronte e le accarezzai il viso.
"Zulema io ti perdono ma ti prego, torna da me ti scongiuro." le sussurrai nel mentre che un medico mi trascinava fuori nella sala d'aspetto.
Speravo con tutto il cuore che le potessero salvare la vita perché non ce l'avrei fatta senza di lei.
Mi accasciai a terra e incominciai a piangere con tutta la forza e il dolore che avevo in corpo, sembrava che mi stessero lacerando un pezzo della mia anima, del mio cuore, della mia mente.
Le persone mi guardavano quasi terrorizzate dalla mia reazione ma non volevo fare pena a nessuno, quello che stavo provando era una vera tortura.
Alcuni medici fecero avanti e indietro nella stanza dove si trovava il mio scorpione e il panico mi invase ancora di più, volevo entrare a tutti i costi e mi avvicinai dando dei colpi contro la porta.
Ma purtroppo non mi fecero entrare, era impossibile poter riuscire ad aprirla.
Ad un certo punto due braccia mi strinsero da dietro abbracciandomi dolcemente e le conoscevo benissimo dato che in passato mi avevano stretta in qualsiasi occasione, sempre.
Il suo profumo inconfondibile mi colpii in pieno facendomi sussultare e le gambe incominciarono a tremarmi interrottamente.
Mi voltai e subito i suoi occhi azzurri come l'oceano si scontrarono con i miei e scoppiai a piangere tra le sue braccia.
Non avevano mai perso la loro potenza né tantomeno la loro determinazione, erano glaciali ma trasmettevano forza e sopratutto speranza.
Ricambiò l'abbraccio e mi accarezzò i capelli nonostante le stessi macchiando il camice di sangue, ma non disse nulla.
Perché noi avevamo sempre fatto così, bastava uno sguardo per capire che qualcosa non andava ed eravamo legate da tutta la vita.
Eravamo cresciute insieme, tutte le nostre prime esperienze le avevamo fatte insieme, regalandoci dei momenti unici.
Dopo alcuni minuti mi staccai da quell'abbraccio che mi aveva rigenerata completamente e mi calmai, le sue mani mi afferrarono saldamente il viso per asciugarmi le lacrime e i miei occhi verdi si scontrarono con i suoi azzurri, freddi come il ghiaccio.
Non era un sogno, era davanti a me.
In carne ed ossa.

"Amelia Shepherd, sei davvero qui?"

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