Y/n's pov
Sono a tanto così dal perdere il fiato, in più sento tutto attorno a me iniziare a girare senza finire mai. Mi maledico per aver bevuto a quest'ora del pomeriggio. Sorvolo sulla cosa accorgendomi di essere finalmente arrivata all'entrata dell'edificio, iniziando così a guardarmi attorno con foga: devo trovarlo, devo assolutamente trovarlo. Non vedo peró la sua macchina tra quelle parcheggiate davanti e rincomincio così a correre di qua e di lá per vedere se riesco a scovarlo da qualche parte: niente da fare. Tasto le mie tasche con fare sbadato in cerca del telefono e lo tiro fuori, istigata a fare il suo numero. Le mie mani si avvicinano ai numerini presenti sulla schermata, quando ricordo di non aver mai preso il suo contatto telefonico "Merda!" sbotto, rincominciando a correre con la rabbia e l'ansia che mi pervadono: questa volta direzione casa, spero e prego che sia lì. I sensi di colpa mi stanno investendo come se mi fossi gettata sotto un treno mentre le mie gambe si appesantiscono ad ogni passo fatto verso la mia abitazione. Mentre proseguo di fretta verso casa controllo che ore siano sul mio cellulare. Il rapido cambio di visuale accentua il mio mal di testa, cosa che fa girare tutto attorno a me ancora più insistentemente. Arrivo a inciampare sui miei stessi piedi e casco a terra percorrendo qualche centimetro sul cemento per inerzia. Un forte bruciore si fa largo nel mio corpo e sento il fastidio della ferita arrivarmi alle tempie umide. "che male.." mugolo, provando a toccare la ferita ma bloccandomi dal sangue che vi scorre sopra. Improvvisi flashback mi ritornano alla memoria e i brividi attraversano il mio corpo: ho bisogno di un attimo. Devo calmarmi. Inspiro ed espiro lentamente e provo a lasciar perdere la cosa nonostante il disagio che mi sta arrecando. ricontrollo l'orario: sono appena le tre di pomeriggio. Mi alzo pigramente da terra e mi dirigo dolorante verso casa. Una volta entrata nel palazzo saluto velocemente gli addetti alla sicurezza senza smettere di correre (per quanto possa chiamarlo così il mio"camminare-velocemente-come-un-pinguino-") e prendo l'ascensore fortunatamente aperto intascando quello che avevo tra le mani e premendo il bottone del terzo piano. Spero di trovarlo in casa, devo assolutamente scusarmi.
Non solo mi ha scorrazzato dove volessi senza lamentarsi per un secondo, ma si è anche sorbito mia madre, è andato a cercarmi un divano e ha dovuto aspettarmi chissà per quanto tempo in auto. Tamburello nervosamente i piedi a terra intanto che l'elevatore sale e una volta arrivata al nostro pianerottolo accelero il passo fino alla sua porta. Suono il campanello e busso un paio di volte, l'ansia e l'impeto mi stanno massacrando: se c'è una cosa che odio, è dare fastidio alle persone.
Grazie al cielo, il leggero cigolio della porta mi fa capire che c'è qualcuno dall'altra parte. Di fatto questa si apre, facendomi apparire davanti la figura di Seo-Joon. Non gli lascio neanche il tempo di dire qualcosa che mi ritrovo a inchinarmi un numero infinito di volte provando ad ignorare il tremendo mal di testa "ti prego, ti prego perdonami, mi ero completamente dimenticata di te" dico frettolosamente. Realizzo che ciò che ho appena detto suonava meglio nella mia testa, il mio subconscio impreca come non mai "c-cioè, intendevo dire che-"
Non mi lascia finire. La sua risata riecheggia in tutto il piano e mi entra nelle orecchie come un ariete sbattuto su una porta, cosa che mi porta ad alzare gli occhi dalla confusione della cosa. "non sei arrabbiato?" chiedo stranita. Fa no con la testa "ti ho vista uscire con i ragazzi, immaginavo sareste andati a pranzo, cosí sono tornato a casa" accenna un sorriso. Mamma mia, dovrei sentirmi meglio, ma la cosa non fa che farmi stare con i sensi di colpa ancora più intensificati. "davvero" lo guardo negli occhi "davvero, ti chiedo scusa, per tutto" mormoro prendendomi le mani e giocandoci dall'imbarazzo e dal disagio. In tutta risposta sento la sua di mano appoggiarsi sul mio capo e mi ci da qualche colpetto con fare dolce "non preoccuparti" sorride, allontanandosi poi da me, dandomi le spalle e camminando verso non so dove con nonchalance "d-dove vai?". Mi fa cenno di entrare con la mano senza voltarsi, così varco timidamente la soglia confusa. Lui non risponde e sparisce dietro una porta, da cui esce qualche secondo dopo con qualcosa in mano: credo sia un kit di medicazione o qualcosa del genere.Lancio una rapida occhiata alle mie condizioni e alzo le mani "oh! tranquillo, non c'è bisogno!" mento, con le ferite che mi implorano di accettare il suo aiuto. "avanti, vieni, ci metteremo pochissimo" ridacchia in modo quasi contagioso, prima di aggiungere "Jungkook puó stare tranquillo, non ti farò niente che possa renderlo geloso".

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𝐏𝐄𝐑𝐂𝐇𝐄' 𝐂𝐈 𝐒𝐈𝐀𝐌𝐎 𝐈𝐍𝐂𝐎𝐍𝐓𝐑𝐀𝐓𝐈✔️
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