12 - Parla

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POV ARIEL

Jo era uscita dal locale senza curarsi di nulla e nessuno, con il viso totalmente viola e gli occhioni lucidi.
Sbagliò anche a individuare la sua auto da quanto era sconvolta e cercò di aprire violentemente lo sportello di una simile alla sua.
"Jo..."
"Porca troia maledetta indiavolata" biascicò nervosa la rossa.
"Jo..."
"Domani chiamo quel cazzo di meccanico decrepito e lo denuncio"
"Jo"
"CHE CAZZO VUOI?"

Porco cane.

"Ti prenderanno per scassinatrice se non la pianti subito" disse cercando di farla ragionare, indicando un gruppetto di ragazzi poco distante da loro che la guardavano malissimo.
La riccia sembrò tornare nel mondo reale, come se qualcuno l'avesse risvegliata da un lungo sonno.
"Scusa Ariel, sono stata una stronza" ammise portandosi via con rabbia una lacrima che le rigava la pelle diafana.
Da come si era asciugata quel piccolo pezzo di acqua salata era facile immaginare da cosa fosse originata, cosa rappresentasse.

Rabbia, delusione e vergogna.

Rabbia, per chissà quale motivo.
Delusione, verso quel ragazzo o qualcosa connesso a lui.
Vergogna, per essersi fatta vedere in quello stato da tutti quelli che aveva spintonato nella folle corsa verso l'uscita.

Beh, che dire, era davvero poco su cui basare qualche ipotesi.

|È davvero nulla su cui basarsi! |

Ma in ogni caso... passi tutto ma la vergogna proprio no, quella non l'ammetteva.

Nessuno doveva vergognarsi delle proprie emozioni, soprattutto quando rabbia e dolore avevano un volto ben preciso. Soprattutto se il volto era bello come quello di Lentiggini.

Esatto, l'avrebbe chiamato così d'ora in poi perché già gli stava sul cazzo.

"Ma si può sapere che ti ha fatto quel Jack?" le domandò, dopo aver intrecciato le loro mani per portarla di fronte all'auto giusta.
Johanna spalancò gli occhi, fissandola incredula.
"Vi conoscete?"
" No, me l'ha presentato Joe la sera del suo compleanno in casa. Ti ricordi, sono uscita con Daniel quella sera"
"Sì, giusto" passandosi una mano fra i capelli color del fuoco si appoggiò con fare stanco allo sportello chiuso della sua auto.
Tutto d'un tratto lo sguardo della ragazza da triste divenne serio e Ariel non ebbe il coraggio di dirle nulla.
A volte stare accanto silenziosamente a qualcuno era meglio di spendere mille parole.

Poi d'improvviso la rossa afferrò saldamente le spalle dell'amica e fece scontrare le loro fronti con un'espressione che non prometteva niente di buono.
"Ora guardami dritta nelle palle degli occhi" disse, naso contro naso "Promettimi una cosa... o ti infilo un arriccia spiccia direttamente nel cranio"

Mi auguro che non stia davvero citando l'uccello della Sirenetta.

"Cosa?"
"Tu promettila"
"Prima dimmi cosa"
"Prima promettila"
"Prima dilla"
"Possiamo fare questo giochetto fino domattina Ariel, non ho un cazzo da fare tanto" puntualizzò roteando gli occhi al cielo.

Ok, non ci avrebbe cavato un ragno dal buco, tra l'altro iniziava a piovigginare e si stava alzando un vento freddo. Sarebbe stato meglio salire in auto il prima possibile o ciao ciao lavoro per i prossimi giorni e benvenuta influenza.

"Va bene" si arrese, sospirando.
Lo sguardo di Jo, prima vittorioso divenne confuso nel giro di tre secondi.

"Non mi ricordo più cosa volevo farti promettere" si grattò la testa disorientata mostrando un sorriso timido e imbarazzato.

Più la conosceva più capiva che Johanna era senz'altro buona, carina, gentile, acida, impertinente, lunatica e, soprattutto, completamente pazza.
"Luna Lovegood... sei tu?" ruotò le dita a livello della tempia in un gesto d'inconfondibile interpretazione. "Sei una pazza" terminò, sorridendole affettuosamente.

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