86 - Nuvole di polvere

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POV JOHANNA

Chiudo la chiamata con la madre di Joe per poi girarmi verso Jack che mi sta già guardando con un sopracciglio alzato. Appena capisce che qualcosa non va, si veste in fretta.

In effetti, la madre di Joe non mi aveva mai chiamato prima d'ora. Mai.

Specialmente alle 6:45 del mattino.

«Ho captato la parola questura. Ti prego dimmi che Joe non si è fatto arrestare, amore» mi chiede mentre usciamo dalla camera per raggiungere la scarpiera.

«Arrestare come minimo. L'hanno beccato a curiosare sul computer della reception in ospedale e poi ha messo le mani al collo al dottore che l'ha visto.»

Jack scuote la testa, sconsolato. Non è particolarmente stupito, nemmeno io lo sono.

Siamo tutti tristi da quando Ariel ha scelto una strada che non si incrocia più con la nostra, ma Joe ne è devastato.

«Lo sapevo che si sarebbe messo nei casini di nuovo, prima o poi. Dai, andiamo subito. Sua mamma è già la?»

«No. Ieri sera ha accompagnato sia lei che sua sorella da loro nonna e sono rimaste la a dormire. Addison ha chiesto se la possiamo andare a prendere. Poi ha chiesto se possiamo fermarci in banca e dopo raggiungiamo la questura.»

Ci infiliamo i giubbotti e siamo in auto subito dopo. Guardo fuori e anche se è mattino oramai l'inverno sta arrivando ed è ancora piuttosto buio. Da quando abbiamo scoperto dello stalking e delle minacce, qualcosa è andato perduto. Sapere che Ariel stava passando tutta quella merda non è qualcosa che riesco ad accettare. Come non accetto di averla trattata malissimo, e averla fatta sentire la peggiore. Sono stata la solita stronza immatura.

Mi brucia non averle potuto chiedere scusa... dirle che un'amica come lei non me la sono mai meritata. Ma si era chiusa in sé stessa e io non sono riuscita a scavalcare quel muro perché, con lo stesso cemento, ci ho incollato mattone dopo mattone del mio orgoglio ferito.

Che vergogna, Johanna. Che vergogna!
Hai fatto pena!
La vergogna di non averla protetta come lei ha sempre protetto noi, è soffocante.

Quante volte l'ho ferita?
Mi sono strusciata sul suo uomo;
Ho contribuito a licenziarla;
Le ho voltato le spalle;
Ho dato voce alla mia gelosia;
Ho pensato solo al mio orgoglio;

Non ho saputo vedere oltre. Ho lasciato che mi allontanasse, anzi, le ho dato dei pretesti fantastici per non parlarmi più neanche se ci avesse provato.

Avrei potuto fare qualcosa di più di quello che ho fatto quando è rimasta chiusa in casa sua dopo la morte della madre, lo so.
Ma mi sono... bloccata.

Non so spiegarlo, ma non riuscivo a muovere un muscolo verso di lei.

Me ne pento. Cazzo, se me ne pento ora.

«Quanto è la cauzione?» chiede mentre parcheggiamo di fronte a casa della nonna di Joe ed Erika.

«Tremila dollari.»

Addison al telefono mi ha confidato che Joe non ha detto una parola. Non una sola cazzo di parola, agli agenti. Se ne sta lì, seduto su una sedia da ore, a fissare il nulla. E così han chiamato sua madre sperando di farlo parlare.

~

Noi siamo rimasti fuori dall'edificio, vicino all'auto parcheggiata, mentre osserviamo Addison entrare e parlare con un agente. Dopo qualche minuto segue il poliziotto e scompare dalla nostra visuale.

Un po' di tempo dopo... esce Joe.

È incazzato. Cammina come se qualcuno gli avesse ucciso sua sorella.
D'istinto mi verrebbe da indietreggiare di fronte a quell'espressione assassina rivolta verso di noi. Ma sta puntando Jack, e cazzo, se prova a toccarlo gli do un altro calcio sulle palle.

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