Capitolo 65 - Controllo

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​POV ARIEL

Delusa.
Imbrogliata.
Usata.
Amareggiata.
Imbarazzata.
Arrabbiata.

Ferita.

Mi sento come se quella mail fosse stata una doccia fredda e ustionante allo stesso tempo.
Anzi no, mi verrebbe associarla di più alla cascata della Gringott che lava via ogni magia.
Solo che essendo una povera nata babbana, la mia cascata è fatta da semplici parole che hanno spazzato via le sue menzogne.

Menzogne, non bugie.
A mio modestissimo parere le bugie si dicono spesso, a volte inconsapevolmente, e difficilmente non vi si può riparare... con una buona dose di scuse sentite il bugiardo può rimediare.

Però, per come la vedo io, la menzogna è diversa.
In essa viene racchiusa una bugia, certo, ma è detta con la consapevolezza che se scoperta assomiglierà a una coltellata.
È subdola, cattiva e difficile da recuperare.

Dire a tua moglie che sei chiuso in ufficio oberato di lavoro, quando invece ti stai facendo fare un pompino dalla segretaria sotto la scrivania, è una menzogna.

Regalare i fiori alla tua fidanzata dopo che le hai mollato un ceffone per la sedicesima volta con un biglietto di 'Non lo farò più, ti amo'... è una menzogna.

Dire alla ragazza che ti ama che non potete stare insieme perché l'equilibrio psico-fisico di tua sorella sarebbe a rischio, quando invece sei tu che sei un vigliacco e non hai le palle per dirle 'Hei, voglio scoparti senza impegno e senza rischio, per cui ti dirò un sacco di belle paroline se servirà per farti stare con le gambe aperte'... è la menzogna che mi ha fatto salire sulla macchina di Maximilian, diretta a casa sua.

Ha iniziato a piovere così forte che il rumore dell'acqua che batte violentemente contro il finestrino mi permette quasi di rilassarmi. Il rumore dei tuoni è impressionante.
Avrei preferito guardare le stelle e immaginarmi il Piccolo Principe con la sua rosa; hanno un potere calmante come nient'altro su di me, ma il cielo è completamente oscurato dai nuvoloni scuri.
Dio, come sono patetica.

Mi sento meglio a sapere che ho mollato Joe con il mio cellulare in quel parcheggio e mi sono dileguata mentre leggeva la mail della Dottoressa. Se si fosse accorto che stavo entrando nella macchina di Max mi avrebbe caricato su una spalla come ogni volta.

Mi sono sentita già abbastanza ingenua e mi sento in imbarazzo anche adesso... chissà Johanna e Jack cosa pensano? Diranno che sono una cazzo di ingenua che crede a ogni cosa che le dice il ragazzo stronzo di cui è persa. Che cliché di merda.
Se lui crede che me ne sarei stata lì a urlargli contro, davanti ai nostri amici e a Max, non ha capito un cazzo. Non ho intenzione di fare la figura della bimbetta urlante, non per uno che mi prende per il culo da sempre. Avrei voglia di picchiarlo e urlargli dritto nei timpani per fargli comprendere quanto mi ha fatto male... ma non lo farò.

'Non serve mica gridare per avere più attenzione. Le stelle stanno in silenzio eppure c'è chi le guarda per ore'.
Il piccolo principe ha ragione, come sempre.

Appoggio la testa contro il vetro, trovandolo freddo e umidiccio.
Max ha acceso l'aria calda e la radio; mi ha raccontato tutto quello che ha fatto in Brasile durante queste feste natalizie, ma non è mai entrato nei dettagli sul mio stato attuale.
Mi ha vista sconvolta, con gli occhi rossi e le mani tremolanti.
Gli sono davvero grata che non abbia voluto curiosare e quando mi ha informata che stavamo andando da lui non ho obiettato perché non voglio tornare a casa, né vedere la brutta faccia di Joe per i prossimi centocinquant'anni.

"Chica..." mormora sospirando, mentre fa manovra per parcheggiare sotto un palazzone piuttosto alto "se vuoi puoi sfogarti. Lo so che c'entra quel tipo enorme, lo so che ti piace. Non sono cieco."

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