Capitolo 66 - Pezzi

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​POV ELIZABETH

Basta. Ora è passata ufficialmente una settimana dal momento in cui la vita di mia figlia è ridotta a ingozzarsi come una bambina sul letto insieme ai suoi amici, fare straordinari su straordinari al night e tornare a casa solo per dormire poco e male. Ha addirittura chiesto alla sua titolare di lavorare la notte di capodanno con doppio turno per sgravare Johanna che, a quanto mi dice, al momento non se la passa molto bene.

Ariel è sempre stata così.
Quando qualcosa la affligge fa mille cose per non stare mai ferma e non pensare a ciò che la rende triste. In questo caso so che, il colpevole, ha un aspetto fisico perfetto e abita al di là della strada.
Lei mi ha raccontato ogni cosa, so tutto, e per quanto l'istinto di mamma mi dice di proteggere con unghie e denti mia figlia, in realtà non riesco ad avercela con lui perché so che non è cattiveria la sua ma solo il suo modo di essere. Tutto sta nel capire se Joe deciderà di provare a limare i tratti del suo carattere che feriscono la mia lenticchia.
Limare, non eliminare. Quello mai, sarebbe utopia.

Non si può chiedere a un pesce di brucare l'erba.

Ho la sensazione che quei due insieme farebbero faville. Sono così diversi, eppure ognuno ha qualcosa che all'altro manca.

Guardo l'orologio e, diamine, sono già le nove di sera. Entro breve Ariel uscirà per andare al night, ma non prima di aver fatto una chiacchierata mamma-figlia.

Spalanco la porta della sua camera e, poco prima di guardarmi infastidita, intravedo le guance umide e rosse, gli occhi gonfi e la manica del maglione grigio, bagnata.
In più, sta guardando il cielo. Chiaro segno che stava piangendo ed era in cerca di conforto.

"Mamma, e se fossi stata nuda? Bussa prima di entrare!"

Le sorrido.
"Lenticchia smettila di fare la pudica, lo sai che abbiamo le stesse identiche tette."

Alza gli occhi al cielo ma non ribatte perché sa che è vero. Ha preso il mio seno, solo che il suo è ancora sodo, tondo e morbido.
Ne riparleremo agli 'anta'.

"Dimmi velocemente mamma. Stavo per prepararmi a uscire..." si toglie il maglione rimanendo in canotta, per poi dirigersi verso l'armadio "devo andare al night. Oggi inizia una nuova ragazza e le farò da tutor per tutta la sera."

"A proposito del night..." colgo la palla al balzo, sedendomi sul letto "parliamo di te, del tuo futuro."

"Che intendi?" si acciglia, guardandomi confusa.

Sospiro, pronta al 'pippone' da mamma new age. Io sì, che sono ancora giovane cavoli.
"Questo è un lavoro provvisorio Ariel, lo sai. Ma hai già vent'anni ora, perciò è ora che pensi a cosa vuoi fare davvero nella vita. È il momento di tornare a ragionarci su seriamente."

Sospira.
"Come mai proprio adesso vuoi parlarne, mamma?"

"Lo sai che io e tuo padre partiamo fra tre giorni e torneremo solo tra non so quanti mesi. Voglio essere certa che quando torniamo tu abbia già delle idee chiare. Non voglio che butti via la tua vita, ok? E non sto dicendo che non approvo il tuo lavoro al night, ma tu sei speciale lenticchia. Devi fare qualcosa di speciale."

"Beh ecco..." si morsica il labbro, poi mi guarda con occhi lucenti e finalmente tiro un sospiro di sollievo quando si siede vicino a me, dolce come sempre "io avrei già qualcosa in mente."

"Tipo?"

"Mi..." si alza e ritorna di fianco a me con un dépliant "mi piacerebbe studiare Psicologia all'università di New York."

"Psicologia?" afferro la brochure e la apro sfogliandola.

"Sì. O psichiatria. Non so, devo ancora decidere... ma mi piace molto il funzionamento e i segreti della mente umana... e mi piacciono le persone. Vorrei aiutarle, soprattutto mi piacerebbe studiare le condizioni come quelle di Erika..." mi guarda spaesata e capisco che aspetta un mio parere "tu che ne dici?"

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