Epilogo

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POV JOE

Quattro anni dopo la riunione con Ariel

«Haylee, amore vieni qua un attimo!» le urlo, e mi ritrovo a sorridere come un'ebete quando lascia subito il pennarello con cui stava colorando, e fa una corsetta verso di me. La prendo su al volo e me la mangio di baci. Letteralmente.

È un capolavoro. Il mio. Il nostro.

«Papà! Basta! Daiii! Che chifooooo» osa lamentarsi mentre ridacchia e si asciuga la mia saliva dalla guancia.

«Che schifo???» spalanco la bocca fintamente scioccato. «Come osi dire che schifo al papà più bello del mondo?? Ora te la faccio pagare, piccola ingrata!» lei ride, si contorce e si lamenta... ma non smette mai di ridere.

Esiste un suono migliore? Niente lo ha ancora battuto, ma sono pronto a raccogliere nuove scommesse.

«Papà! Guadda! Brum brum gialla!» interrompe i miei bacetti battendo la sua manina aperta sulla mia testa per poi indicare un taxi che ha appena parcheggiato di fronte a casa nostra.

Sono arrivate.
Oggi è un giorno speciale: mia sorella e mia madre sono di nuovo a Flanders. La clinica sperimentale ha ritenuto il percorso di Erika più che soddisfacente per il momento e ha deciso di dare precedenza ad altri pazienti autistici. Io e Ariel volevamo che venissero a vivere in casa con noi, ma mia madre è stata irremovibile a riguardo e non ha voluto.
Avere lei e mia sorella come coinquiline non sarebbe stato un problema, specialmente in questo periodo, ma non voleva fare la parte della madre/suocera sempre in mezzo al cazzo.
Non che sia in totale disaccordo, e difatti ho fatto costruire loro, dalla mia ditta edile, una casetta nel giardino. Lei ed Erika hanno scelto arredi e tutto il resto.
E siamo felici tutti.

Voglio sempre avere vicino la mia famiglia. Certo, ora ne ho una nuova che amo come non mai, ma non sono tipo da dimenticare le cose o le persone. Mai.

«NONNA! NONNA!» Haylee scalcia anche su di me sperando che la metta giù ma devo affrontare di nuovo, per la ventesima volta, un certo argomento delicato. Voleva pensarci Ariel, ma non esiste. Non sarò mai uno di quei padri che si limita a portare a casa i soldi e smollare la figlia a ginnastica artistica e rivederla a colazione giorni dopo.
Ciò che fa Ariel, lo faccio anche io.

«ZIA EIKA! ZIA EIKA!»

Mentre le due donne scendono dal taxi, non appena Haylee intravede sua zia... impazzisce. L'ha sempre adorata. Hanno sempre disegnato insieme, giocato insieme, ascoltato insieme quando Ariel raccontava loro le favole.
In verità non posso nascondere di essere preoccupato perché, ad oggi, Erika non vede Haylee da quattro mesi: noi siamo tornati in America prima di loro.
Non ha idea di come sia diventata e cambiata in così poco tempo. L'ultima volta che si sono viste, la piccola dimostrava affetto apertamente solo a me e sua madre. Ora, invece, abbraccerebbe pure le tombe.

Ha quasi due anni e, se per noi è super coccolona e dolce, per Erika potrebbe essere un terremoto di magnitudo 9: è estremamente vivace, chiacchera senza sosta da quando ha compiuto un anno, è iper socievole e anche un'eccezionale e precoce bilingue perché in Italia, al nido, si parlava solo la lingua locale.
Questo le ha permesso di sviluppare una capacità di linguaggio abbastanza sviluppata per la sua età.

È stupenda, ma impegnativa.

Per questo ho paura di come reagirà Erika se non riusciamo a contenere questo piccolo vulcano dispensatore d'affetto.

Ciò non cambia che Erika è quella che è, non potrà di certo cambiare. Sta a noi, far capire alla piccola cosa può e non può fare con lei.
Ariel è stata molto chiara al riguardo: non si può rieducare Erika, non c'è nulla da rieducare in tal senso. Ma possiamo rendere Haylee consapevole fin da piccola.

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