30 - Emozioni

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POV ARIEL

“Dimmi di Erika. Come sta?” cambiare argomento era più sicuro e mi faceva meno male… sapere che lui aveva baciato un’altra mi causava ancora una morsa allo stomaco.

Ormai avrei potuto aprire un negozio di ferramenta con tutte le morse che i miei assurdi sentimenti mi avevano procurato.

Sapevo che ero una sciocca a provare tutto ciò, sapevo che non avevo diritti su Joe. Io e lui non eravamo nessuno.

Solo due vicini, che una volta chiacchieravano quando s'incrociavano e ora si sopportavano appena.

“Sta bene” il tono, come immaginavo, si addolcì all’istante a parlare della sorella.

“La sua psichiatra è bravissima” gli confessai.

“A proposito, che ti ha detto?” chiese curioso e gentile, ora che il clima era decisamente più tranquillo anche io ero più a mio agio. Però cazzo, faceva un freddo assurdo fuori dal locale.

“Niente di che. Mi ha spiegato bene come comportarsi con Erika e come evitare di creare situazioni di disagio” mentre Erika disegnava e senza farsi sentire da lei, ovviamente.

“Disagio?” s’incupì il moro.

“Sì, quando ad esempio sente tu e tua madre litigare e si autolesiona mi ha spiegato come aiutarla, cose simili”

In realtà la dottoressa mi aveva detto che quel comportamento era intrinseco in lei, nella sua malattia. Non avrebbe mai smesso del tutto di farlo ma ciò che veniva scatenato, ossia l’autolesionismo, poteva venire alleviato ma non curato, purtroppo.

Mi spiegò che era tipico dell’autismo non sopportare il cambiamento, di qualsiasi genere, inoltre mi disse che le persone affette da questa condizione tendevano ad affezionarsi a pochissime persone e che, solo quelle, diventavano un punto cardine importantissimo della loro vita.

Per farla breve, se entravi nella vita di un autistico uscirne lo avrebbe ferito oltre modo.

Notai che Joe divenne improvvisamente nervoso, come se stesse pensando a qualcosa di molto spiacevole. Si passava di continuo le mani fra i capelli picchiettando nervosamente la mano sulla coscia, nel chiaro tentativo di darsi un contegno e non scoppiare a prendere a pugni il lampione dietro di lui.

•RITIRATA! Mi hai sentito? Ritirata!•

“Poi Erika ha parlato” cercai di distrarlo perché non volevo che fosse di nuovo incazzato col mondo “Non molto eh, ma ha parlato. La psichiatra è veramente brava, è stata lei a farla parlare. Non l’ho mai sentita dire tante cose tutte insieme”

“E che ha detto?” mi chiese curiosissimo, rendendomi a dir poco incredula.

Possibile che la dottoressa non tenesse informata la famiglia di Erika di ogni cosa riguardante la sua paziente? Boh… forse era una cosa di poco conto, in effetti.

Inside out è stato bello” la psichiatra consigliò ad Addison di farlo vedere alla figlia… per un preciso motivo.

“Mmm” Joe sembrava confuso.

“Scherzi vero? Non hai mai visto Inside Out? È stupendo!” gli puntai un dito contro con l'aria di chi sta guardando qualcuno che ha appena detto a un bambino di quattro anni che babbo natale non esiste.

“Illuminami” mi sorrise… a me bastò quel semplice sorriso a farmi perdere nei meandri di quel verde così puro e nitido. Se solo avessi potuto avrei vagato per ore in quel boschetto di ulivi, cercando di captare un po’ di più di lui e della sua anima.

Faceva lo stronzo, e con me lo era davvero. Ma con Erika era la persona più dolce della terra e questo aspetto di lui, così bipolarmente misterioso, mi mandava in brodo di giuggiole.

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