28 - Tardi

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POV JOHANNA

Ancora non mi capacitavo di come uno stronzo di quel calibro potesse piacere alla mia amica.

Ariel era dolce, schietta, gentile, buona e altruista.

Joe era solo un bastardo, egocentrico, con seri problemi affettivi e che aveva a cuore solo la sorella e la madre. Anche a Jack voleva molto bene, ma quei due bisticciavano sempre come due innamorati repressi.

In realtà non era un cattivo ragazzo, anzi. Ma si stava comportando da perfetto stronzo con la mia migliore amica.

Avevo assistito anch'io all'assalto della sciacquetta che gli si era strusciata contro e che infine gli è saltata letteralmente addosso.

No dico, ma proprio nella serata dei gay le uniche clienti etero dovevano rintracciare proprio loro.

Sì, anche Jack era stato adocchiato ma era stato più furbo e aveva gentilmente declinato l'invito.

Se avesse anche solo osato alzare il culo da quella poltrona, lo avrei preso a forza per le palle e fatto risedere beandomi delle sue urla; ma non urla qualsiasi, no, ma urla degne di una tredicenne al suo primo concerto rock che, se avesse potuto, avrebbe lanciato sul palco anche l'imene.

Incredibile quanto alcune donne possano essere vacche.

Però ammettevo che la colpa, se si parlava di Joe e quella là, non era tutta della ragazza. Anzi, lui aveva scelto di farsi tastare come pongo e sempre lui aveva accolto la lingua in bocca della tizia, senza nessun riguardo per i sentimenti della mia amica.

Aveva ragione Ariel. È solo un babbano.

Io non lo notai subito quel bacio. Me ne accorsi perché spiando Jack con lo sguardo lo vidi fissare la pista.

Subito dopo i miei occhi si posarono su Ariel che si era immobilizzata e aveva fatto cadere le bottiglie di vino destinate a un gruppetto di lesbiche già mezzo ubriaco.

In mano teneva ancora il cabaret, ma non si rese conto di aver fatto un lago di alcol sotto di lei; i suoi occhi erano tutti presi da qualcosa al centro della pista e, subito, notai la mano della ragazza tremare sempre più forte.

Mi avvicinai preoccupata che stesse per svenire o simile, quando mi accorsi di ciò che stava accadendo.

POTREI VO-MI-TA-RE.

Vidi il coglione, subito dopo, fare un passo verso la morettina sconvolta, ma non gli avrei permesso di avvicinarsi; lo minacciai con un gesto poco ortodosso per farlo arretrare.

Non avrei permesso che quel Casanova le spezzasse il cuore. Non dopo che l'aveva guardata con un sorrisino maligno sapendo quello che lei provava nei suoi confronti. Che testa di cazzo.

"Ariel" la mora si girò a guardarmi come un automa, facendomi provare un moto di compassione "Ariel, dai..." non riuscivo a capacitarmi che quello sguardo vitreo davanti a me, rosso e lucido, fosse causato da sentimenti che non sarebbero mai dovuti nascere "Ascolta..." le asciugai velocemente una lacrima "usciamo da qui. Prendiamoci una pausa" era almeno la terza quella sera, ma pazienza... ero disposta a beccarmi tutti i cazziatoni di Sarah se avesse aiutato Ariel a togliersi dalla testa l'immagine di Joe baciare appassionatamente un'altra.

La tirai per il braccio, dirigendomi nel terrazzino a uso dei lavoratori del locale. Non c'era nessuno e tanto bastava.

"Ariel, ascoltami bene"

La mora alzò lo sguardo incontrando i miei occhi.

"Joe non ti merita. Tu sei troppo per lui."

"Lo so..." ammise, guardando di nuovo i piedi. Si capiva che tratteneva le lacrime.

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