1. Il pazzo vestito di rosa

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Come ve lo immaginate, essere insultati da un ragazzo con addosso una tuta di Minou? Sì, una tuta intera in pile tutta rosa con la gattina de "Gli Aristogatti".

«Oh, ho già passato tutta la mattinata a maledire i suoi colleghi per telefono, non ho problemi a dirne quattro anche a lei, ora. Non è un problema per la dogana, anzi! Ho ordinato un pacco dalla Corea, mi aspettavo di dover pagare il dazio, e l'ho fatto! Tramite bonifico bancario! È così difficile controllare se un dannato pagamento è andato a buon fine? Ho finito tutto il credito del mio cellulare per l'incompetenza di quattro cretini!»

Lo guardo, sbigottito. Anche i suoi capelli sono rosa. O meglio, non del tutto. La chioma è divisa in due: metà bionda, metà pesca. Sarebbe molto carino, con gli occhi ebano e le guance arrossate, se non avesse quell'espressione incazzata dipinta sul volto. E ovviamente, non so che dirgli. Vorrei abbandonare il pacco e scappare alla velocità della luce, sperando di non vederlo mai più, allo stesso tempo vorrei tirargli una sberla in piena faccia e, ad essere sinceri, per un momento mi immagino pure di togliergli quella ridicola tuta che gli sta forse un po' troppo corta per la sua altezza.
Pensiero che cancello subito dalla mia testa: è un ragazzo, che diamine!

«Mi spiace», mi limito a rispondere. «Non mi occupo io di queste cose.»

«E certo», fa lui, «come nessun'altra delle persone con cui ho parlato stamattina. Si può sapere cosa dovrei fare? Pagarti una seconda volta? Non ne ho alcuna intenzione.»

«Allora, temo che dovrò portare con me questo pacco, signore.» Accidenti, mi sa che il mio tono è quasi di sfida. Lui inarca il sopracciglio, e mi preparo a ricevere altre insolenze. Ma perché tutte a me?

«Signore le mie palle» mi fa eco, mentre mi inchioda con lo sguardo. Tira fuori una banconota, che supera del doppio l'importo che mi doveva e la appoggia sulla colonna, al cancello.

«Ecco.»

«Non sono autorizzato a darle il resto, ehm... Signorino.» Mi sento un idiota. Chiamare "signorino" un ragazzo che avrà sì e no la mia età sembra stupido, però se lo rende contento... Ma no, non è contento nemmeno così. Dovrei chiamarlo per nome, forse? Alla prossima ci provo.

Scherzavo. Spero non ci sia una prossima volta. Mi limiterò a non usare nessun connotato.

«Lo so. Tienitelo. Vatti a comprare delle caramelle.» Ora ho ancora più voglia di picchiarlo. Lascio il pacco sulla colonnina con le mani che prudono, davanti al cancello che ci separa. Per fortuna, perché i suoi occhi scuri mi stanno trapassando con rabbia.

«Buona giornata» gli auguro poco convinto, mentre giro sui tacchi per andarmene.

«Anche a te», commenta lui acido, prima di prendere la scatola con sé e sbattersi la porta dietro alle spalle.

Tiro fuori la banconota dalla tasca, e mentre il mio fastidio si affievolisce – sono abituato ai clienti rompi scatole – si fa strada un altro sentimento. Provo quasi compassione per quello strano ragazzo. Ma non posso farci niente, mi dico tra me e me, salendo in furgone. È una frase che mi ripeto per tutta la mattinata. Avrebbe semplicemente potuto fare a meno di pagare tramite bonifico bancario, se tanto aveva i contanti da darmi alla consegna. Metto in moto per l'ennesima volta, e do un'occhiata allo schermo del mio smartphone, che ha appena vibrato.

Merda.

«Pronto?» Una voce profonda che riconosco a stento, dato il tono cortese, risponde alla mia chiamata. Forse in quel pacco dalla Corea c'era un fantastico dildo rosa super accessoriato che l'ha calmato. Ugh, devo smetterla.

«B-buongiorno», quasi balbetto. Questa volta non mi rivolgo a lui in alcun modo. «Sono passato questa mattina per portarle un pacco, e per ritirare il pagamento dei diritti doganali...»

«Ah», risponde seccamente. Ora lo riconosco.

«Sono appena stato avvisato che il pagamento è stato ricevuto, quindi se per lei non è un problema, tornerò al suo domicilio per renderle i soldi, verso...» controllo l'orologio dal display della radio, «circa a mezzogiorno e mezzo, va bene?»

«Non sono in casa, mi spiace.» I toni si sono distesi, dunque. In effetti, aveva ragione lui, nonostante i suoi modi poco carini. Aspetta un momento, è uscito di casa con quella tuta? No, sicuramente si è cambiato. Ma che mi importa? Ripenso ai pon pon che penzolano dalla base del cappuccio, sorridendo. «Lasciali pure nella cassetta della posta.»

«Sono desolato, non posso farlo.» Ma che problemi ha con i soldi questo tipo? Prima non vuole pagarmi, poi mi lancia dietro il doppio di quel che mi deve, e infine si aspetta che io gli lasci del denaro nella buca delle lettere? Sono tentato di mettere l'etica da parte e fare come dice lui, così posso finire questa conversazione e mettermi il capitolo "ragazzo bizzarro con la tuta rosa" dietro alle spalle. Lui è sicuramente d'accordo. Ma non capisco se è un tipo a posto. Magari tra qualche ora chiama per lamentarsi del fatto che non gli ho reso il denaro, se ha un altro colpo di testa. «Se mi dice in che zona è, posso portarglieli.»

«Perché hai chiamato?» Il cambio di discorso è talmente repentino che freno d'impulso, rischiando di essere tamponato. Cosa vuol dire "Perché hai chiamato"?

«Avresti potuto fare finta di nulla e intascarti il denaro, no?» Dopo esser passato sopra all'implicazione che deriva dalla sua frase – mi sta dando del ladro? – mi trovo ad imprecare mentalmente. Ha ragione, dopotutto. L'avrebbe scoperto soltanto se avesse deciso di chiamare di nuovo per insultare la compagnia. E l'avrebbe fatto, ne sono quasi certo.

«Si figuri, non è una cosa che farei.»

«A che ora stacchi?» mi domanda, dopo esser rimasto in silenzio per qualche secondo.

«All'una e un quarto», rispondo sempre più stranito dalla piega che sta prendendo la conversazione.

«Puoi raggiungermi all'indirizzo che ti ho mandato per messaggio. Quando arrivi chiedi di me, oppure chiamami.»

dear delivery boy [taekook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora