64. Alla luce del sole

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Apro gli occhi mugolando a causa della luce.

Per qualche secondo tutto mi sembra normale, ma nell'attimo in cui mi rendo conto che qualcosa non va, la realizzazione e lo sconforto si impadroniscono di me.

Taehyung non è qui.

Passo la mano sul materasso, dal suo lato del letto, e il freddo del tessuto mi ghiaccia fin dentro alle ossa.

Afferro il cuscino del mio ragazzo e me lo premo in faccia, respirando a fondo quasi nella speranza di soffocare nel suo profumo, poi mi giro verso la finestra grugnendo.

Perché il sole continua a splendere indifferente? Perché devo svegliarmi, se non c'è lui accanto a me?

Perché il tempo non si è interrotto nel momento esatto in cui Taehyung ha sbattuto la porta di casa per andarsene?

Sbuffo, rigirandomi nel letto. Allungo il braccio verso il comodino, alla ricerca del cellulare. Può darsi che Taehyung abbia richiamato? No, ha detto a Seokjin che voleva stare da solo, non è possibile che in una notte abbia cambiato idea.

Quando sblocco lo schermo non trovo nessun messaggio suo. Trovo invece quattro chiamate perse dalla ditta e sei da Ravi. Sbatto le palpebre perplesso e controllo l'orario.

Merda!

Premo il tasto di chiamata mentre mi lancio fuori dal letto.

«Aspetta, Jungkook, ti passo subito il signor Morales!» esclama Rita, la centralinista della nostra sede.

Attendo qualche istante, indeciso se prepararmi per andare al lavoro nonostante il ritardo o se rassegnarmi al fatto che verrò licenziato. Lo so, sono un poco tragico.

«Jeon!» La voce del mio capo mi fa saltare sul posto.

«B-buongiorno» balbetto, la voce ancora roca dal sonno e probabilmente da tutto il pianto di ieri sera.

«Come stai? Senti che voce che hai» commenta l'uomo, il tono preoccupato più che contrariato.

«Come...?»

«Dev'essere tremendo ammalarsi in questo periodo. Prenditi qualche giorno e vedi di non tornare finché non ti sarai ripreso del tutto. Non voglio che ti affatichi troppo e abbia una ricaduta, o la prossima volta ti dovrò chiamare all'ospedale» scherza il signor Morales. Un pizzico di apprensione gli fa incrinare la voce a metà dell'ultima frase, e mi fa capire che teme davvero che io stia male a causa del lavoro. «Sei un bravo lavoratore, Jeon, ma devi essere responsabile della tua salute. E io ti rivoglio al più presto, quindi rimettiti in fretta. La prossima volta chiama direttamente in sede, non avvertire solo Malik.»

Ravi? Che c'entra Ravi ora...? Oh.

Rassicuro il mio titolare sul fatto che non sono stato portato allo stremo delle forze dai turni troppo pesanti, e in qualche modo me la cavo con quattro giorni di riposo forzato.

Riattacco e passo alla seconda chiamata della giornata. Dopo neanche uno squillo il mio collega risponde.

«Jungkook! Che cazzo- dove sei? Sei vivo?»

Giusto un pelo ansioso.

«Io... a casa. Mi sono appena svegliato. Grazie per avermi parato il culo.»

«Non dire altro» mi interrompe seccato. «Ho inventato una balla sul momento, ma pensavo che ti fosse successo qualcosa! Cazzo, per un attimo ho pensato di rischiare la galera per falsa testimonianza.» Okay, ora i toni si sono fatti più distesi. Mi dava per morto. «Che c'è, ci ho preso con la febbre o hai fatto troppa festa ieri sera?»

Quanto vorrei che fosse questo.

«Io e Taehyung ci siamo lasciati.»

Il mio amico molla un urlo che mi stordisce.

dear delivery boy [taekook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora