Capitolo 12 ~ Il cuore di una madre

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"Mia madre è una poesia che non sarò mai in grado di scrivere, anche se tutto quello che scrivo è una poesia a mia madre."
(Sharon Doubiago)

7 ANNI PRIMA

ELIA

Lascio la biblioteca dopo due intense ore di studio, in cui, lo devo proprio ammettere, io e la mia compagna di classe abbiamo fatto decisamente un buon lavoro e mi dirigo a prendere l'autobus, a differenza del solito però, non quello diretto verso casa.

Infatti, seppur sia già piuttosto tardi e sarei dovuto rincasare già da un po, prima di tornare, non posso esimermi dal fare un'ultima tappa.

Un posto che nessuno vorrebbe frequentare, soprattutto in visita a un suo caro, ma in cui io sono, mio malgrado, costretto a dirigermi.

Un triste edificio che ormai conosco fin troppo bene.

Tanto che quando le porte scorrevoli si aprono, mi addentro lungo l'asettico corridoio che porta all'ascensore, senza nemmeno fermarmi alla reception.

3° piano, stanza 220: eccola la mia destinazione.

Poi, una volta davanti alla porta, busso e domando «Si può?».

Ottenendo, come risposta, un convinto «Certo, entra» e cosí faccio.

«Elia, tesoro, finalmente sei arrivato.
Per un attimo, ho temuto oggi non saresti venuto» mi accoglie poi, allegra, la persona più importante della mia vita, anche se so che in realtà sta piuttosto male e finge per non preoccuparmi più di tanto.

«Figurati se non passo a trovarti, mamma.
Piuttosto, oggi come ti senti?
Papà ha detto che stamattina ti hanno fatto una serie di esami e che forse potrebbero rimandarti a casa, se i risultati dovessero essere buoni» rispondo quindi io, sedendomi sulla poltroncina al suo capezzale e prendendole la mano.

«Si... poverino, è stato qui, tutto solo, per quasi due ore».

«Beh, totalmente solo non direi, c'era pur sempre la signora Rodriguez a fargli compagnia» ribatto, indicando con lo sguardo l'anziana compagna di stanza di mia madre, che come per la maggior parte del tempo, sta dormendo, dandoci le spalle.

Al che lei scoppia a ridere e afferma «Che sciocco!
Comunque, sto abbastanza bene, ora bisogna solo aspettare di capire se finalmente mi sarà possibile tornare a casa».

«Speriamo» esalo, come una silenziosa preghiera.

«Già, non sai quanto mi manca stare con voi...
Senza contare che qua è una noia mortale.
Tu piuttosto? Com'è andata oggi a scuola e come mai hai ritardato?» mi domanda poi, curiosa

Al che, dubbioso se raccontarle la verità o meno, io rispondo «Oh, emh a scuola bene, come sempre del resto.
Quanto al ritardo, io... io ero... ero in biblioteca, con una mia compagna di classe, per svolgere un...»

«Con una tua compagna di classe? Ho sentito bene?
Cioè tu oggi sei uscito con qualcuno diverso da Alex e in particolar modo, con una ragazza?
Sei sicuro di non avere la febbre?» chiede, ridacchiando e sfiorandomi la fronte.

Lo sapevo che si sarebbe rivelato un errore, dirglielo.

«No mamma, non ho la febbre e comunque, se proprio vuoi saperlo, non ci sono uscito per divertimento, ci hanno accoppiati per un importante progetto di letteratura, per cui siamo stati costretti» le rispondo, stizzito.

«Certo, certo, dicono tutti così».

«Ma è vero!» insisto.

Lei quindi ridacchia e ribatte «Sarà... ma certe cose, una madre se le sente.
Dai retta a me figliolo, siamo solo all'inizio».

Spazio Autrice:
Ciao a tutti, ragazzi e ragazze e benvenuti in questo nuovo capitolo, che approfondisce un aspetto del passato di Elia, estremamente importante, ovvero il rapporto con sua madre, malata di cancro.
É un argomento tosto, me ne rendo conto, ma spero vi sia piaciuto e che apprezziate il doppio aggiornamento settimanale, per la seconda settimana consecutiva, anche se, come ho già detto, non é un appuntamento fisso.
Detto questo, se vi va stellinate e fatemi sapere che ne pensate.
Un bacio e ci vediamo domenica con il prossimo 📖🖋❤.

Come Shakespeare e la sua GiuliettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora