Capitolo 20 ~ Sonetto 116

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"Non sia mai ch'io ponga impedimenti
all'unione di anime fedeli;
Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento,
o tende a svanire quando l'altro s'allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.
Se questo è errore e mi sarà provato,
Io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato"
(William Shakespeare)

ELIA

Le prove sono terminate da una decina di minuti e io mi sto dirigendo nel parcheggio, quando mi accorgo di aver scordato in teatro la borsa a tracolla, con dentro gli appunti presi quest'oggi e soprattutto, il mio ipad, perciò mi volto e a passo svelto rientro, sicuro della presenza di Alex, il quale mi aveva accennato sarebbe rimasto a sbrigare alcune faccende burocratiche, che in qualità di proprietario, gli competono.

Quando però raggiungo la platea, alzando lo sguardo verso il palco, vedo, seduta sul letto allestito per le prove di oggi, Giulia, intenta a recitare nuovamente la scena provata durante tutto il pomeriggio, ma mai realmente riuscitale, ovvero quella del risveglio di Giulietta e Romeo, proprio prima che lui lasci Verona, diretto a Mantova.

«Vuoi andare già via? Ancora è lontano il giorno:
non era l'allodola, era l'usignolo
che trafisse il tuo orecchio timoroso:
canta ogni notte laggiù dal... dal...
Dio che nervoso!
Mannaggia a me, cosa mi prende?
Ho letto e riletto questo libro un centinaio di volte, lo so praticamente a memoria, ma allora perché diavolo non riesco a recitare questa dannata scena?!»

«Forse perchè il tuo cuore non riesce ad aprirsi e a pronunciare determinate parole» intervengo quindi, emergendo dall'oscurità, così che mi possa notare, avendo riscontrato lo stesso blocco verificatosi durante tutte le prove e per nulla da lei.

«Elia! Dio santo! Mi hai spaventata a morte.
Da quanto tempo stai lì a fissarmi?» esclama perciò Giulia, scioccata, tentando di ricomporsi.

Al che io mi muovo verso di lei e intanto, le rispondo «Neanche un minuto, ma mi è bastato per capire che hai un blocco mentale, che ti impedisce di recitare liberamente questa scena e credo che in buona parte, sia colpa mia.
Ma se permetti, vorrei rimediare».

Lei però non sembra d'accordo «No, fermo lì, non ti avvicinare.
Ti prometto che domani, quando riproveremo questa scena, sarò pronta, ma ora lasciami continuare da sola... ti prego».

Povera illusa, come se in vita mia, avessi mai dato retta a qualcun'altro.

«Giulia, non ti ho ascoltata sette anni fa, di certo non lo farò ora» rispondo infatti, salendo sul palco, per poi avvicinarmi al letto di scena e affermare «Chiudi gli occhi, su».

«Cos'è, hai deciso che il modo migliore per liberarti di me, è uccidermi?» ribatte perciò lei, incrociando le braccia al petto, nel tentativo di fare la dura, ma al contempo facendomi spazio.

Al che, sedendomi sul bordo del letto, io dico con fermezza «Ma finiscila.
Piuttosto, ora ascolta la mia voce e pensa di essere in biblioteca, quella dove ormai sette anni fa, abbiamo iniziato a lavorare al progetto di letteratura che ci ha permesso di legare...
Te lo ricordi?».

«Non potrei scordarlo neanche volendo» borbotta, ma una velata malinconia la tradisce.

«Ecco, allora ripensa a quei momenti, quando, lavorando al compito, abbiamo iniziato a conoscerci e ad avvicinarci, scoprendo che le cose che ci univano, erano più di quelle che ci dividevano.
E pensa a quanto forte era, al tempo, la tua voglia di raggiungere l'obiettivo, di conquistare il tuo sogno, di diventare un'attrice professionista.
Perché ci siamo Giulia, è arrivato il tuo momento.
Perciò svuota la mente, non pensare più ai problemi che ti affliggono e concentrati solo su questo».

Forse uso un tono un po' troppo duro ed imperativo, ma solo perché so meglio di chiunque altro quanto sia elevato il potenziale di Giulia e come, semplicemente, si stia facendo prendere dalla paura.

Le serve solo un incoraggiamento, ne sono certo e sono pronto a darglielo decantando io stesso la parte di Romeo «Era l'allodola, messaggera dell'alba,

non l'usignolo.
Guarda, amore, la luce invidiosa
a strisce orla le nubi che si sciolgono a oriente;
le candele della notte non ardono più e il giorno
in punta di piedi si sporge felice dalle cime nebbiose dei monti.
Devo andare: è la vita, o restare e morire.»

«Quel chiarore laggiù
non è la luce del giorno, lo so: è una meteora
che si libera per te dal sole questa notte,
la torcia per farti lume sulla via di Mantova;
dunque rimani ancora, c'è tempo per andare» mi segue lei, senza il minimo tentennamento.

«Mi prendano pure, sarà certo la morte,
ma sono felice se tu vuoi così.
E dirò, allora,
che là, quel grigio non è l'occhio del mattino
ma il fioco riverbero della fronte di Cinzia;
che non è l'allodola a battere la volta
del cielo, così alta su noi.
Io voglio restare,
non veglio più partire: vieni, o morte,
sarai la benvenuta!
Vuole così Giulietta.
Che c'è, anima mia? Parliamo, non è giorno»

«É giorno, è giorno: dunque, presto, va' via!
È l'allodola che canta fuori tono
forzando su dissonanze e aspri acuti.
Dicono che l'allodola divida con dolcezza
ogni accordo: questa non ci divide con dolcezza;
e ancora, che l'allodola e il rospo ripugnante
abbiano scambiato i loro occhi:
così avessero fatto anche della voce,
poi che quella voce lotta il nostro abbraccio,
perché ti caccia da me, col suo richiamo al giorno.
Oh, va', ora, va'; si fa sempre più luce.»

«Sempre più luce! Sempre oscura di più la nostra pena!» concludo, estremamente fiero di lei, che nel frattempo riapre gli occhi e sorride a trentadue denti.

E nuovamente, come già successo durante una delle prime prove, esattamente come accaduto anche sette anni fa, quando i nostri sguardi si fondono, è come se fossimo solo noi e nessun altro.

I nostri cuori battono all'unisono, suonando una melodia conosciuta ed io le scosto una ciocca ribelle di capelli, caduta davanti ai suoi occhi, perchè niente deve impedire ai miei di affogarci dentro.

Occhi così penetranti, i suoi, che paiono cioccolato fuso e son capaci di leggermi l'anima.
L'hanno sempre fatto, cosí come lei è stata in grado di capirmi come nessun'altro mai.

I respiri, sempre più affannati, si fondono, mentre la mia mano scende dalla sua fronte alla sua guancia, sulla quale si posa delicata e la sua si poggia sul mio ginocchio.

I nostri volti sono ormai così vicini, che basterebbe un non nulla perché le nostre labbra si unissero nuovamente, dopo tutto questo tempo, ma...

«Ehi Giulia io sto per...
Oh cazzo, amico che ci fai qui!?»

Alex entra nella sala e ci interrompe.

«Mi pare piuttosto evidente» rispondo quindi, scocciato, indicando Giulia con lo sguardo, mentre proprio quest'ultima si scosta di scatto e scuote il capo.

Al che, dispiaciuto, lui tenta di scusarsi «Cazzo ragazzi scusate, io...»

Ma ormai è tardi...

«No! E' colpa mia, è stato tutto un errore.
Grazie di avermi aiutata, ma non deve capitare mai piú... ciao Elia.
Alex» lo interrompe infatti la mia ex, alzandosi frettolosamente dal letto di scena e dopo aver afferrato la propria borsa, correndo fuori dal teatro.

Spazio Autrice:
Ciao a tutti, ragazzi e ragazze e benvenuti in questo nuovo capitolo, in cui, tornati nel presente, assistiamo ad un'intensa prova, che fa riemergere in Giulia ed Elia, sentimenti mai del tutto assopiti.
Detto questo, spero vi sia piaciuto, se vi va stellinate e fatemi sapere che ne pensate.
Un bacio e ci vediamo o giovedí o domenica con il prossimo 📖🖋❤.

Come Shakespeare e la sua GiuliettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora