Capitolo 61 ~ Montale

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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.”
(Eugenio Montale)


«Dannazione!» grido, tirando un pugno al muro del corridoio, subito dopo essere entrato in casa, provocando anche una leggera spaccatura nell'intonaco

Tanto che mio padre, subito dietro di me, nel suo completo scuro, come il suo umore, esclama «Elia, figliolo, che fai?! Hai forse intenzione di spaccarti le nocche?» afferrandomi immediatamente la mano per controllare

«Forse...» rispondo io, carico di rabbia e rancore, tanto da non sentire quasi il dolore.

Ma d'altronde canto, come potrebbe non essere cosí, se la sofferenza per la perdita di mia madre, riempie tutto il mio cuore?

«Elia, ti prego, so che é difficile, ma...»

«No papà! Non farlo, non oggi.
Io non voglio essere consolato, né compatito... voglio solo...»

«Prendertela con il mondo?! Bene! Ma sappi che tua madre non avrebbe mai voluto questo. Mai!» mi interrompe però lui, con durezza, per poi continuare, con maggior tenerezza «Lei non avrebbe mai voluto vederti buttare giù e crogiolarti nel dolore, né tantomeno farti sopraffare da rabbia e rancore... il suo unico desiderio era e rimane, vederti felice, anche se non è più qui a dimostrartelo»

Al che, mentre lacrime amare, che fino ad allora ero riuscito a frenare, iniziano a scorrere dai miei occhi, io ribatto, disperato «Lo so, è che...
Papà lei stava... stava meglio, capisci?!
Era in netta ripresa, ha tirato più di ogni rosea aspettativa e i medici mi avevano persino detto di averla vista più serena!»

«Certo figliolo, perché finalmente aveva accettato il suo destino, perché sentiva, dentro di sé, che tu ce l'avresti fatta anche senza di lei...
In fondo, la morte è un po come la nascita, gli ultimi momenti lieti, prima di andarsene, sono un po come la stabilizzazione del bambino, in vista del parto» mi risponde perciò mio padre, accarezzandomi la schiena, nel tentativo di consolarmi

Tanto che io alzo il capo e con un improvviso cambio d'umore, quasi speranzoso, gli domando «Lei confidava che sarei stato felice anche dopo la sua morte e per questo se ne è andata serenamente?»

«Già Elia, proprio così.
Quindi da domani torna a concentrarti sullo studio e pensa a prendere la maturità... fallo per lei»

«Va bene papà... grazie.
Ora però vado in camera mia» rispondo, per poi voltarmi e dirigermi nella mia stanza.

Ed è appoggiando il cellulare sulla scrivania che ricordo, ieri, essere arrivata, neanche a farlo apposta, la risposta dall'università a cui avevo fatto domanda d'ingresso, per cui afferro la busta e, dopo essermi slacciato a cravatta, un po titubante, la apro, scoprendo, con mia somma sorpresa e incredulità, di essere stato ammesso, avendo avuto, fino all'ultimo, grossi dubbi a riguardo.

Ed è in quel momento che realizzo tutto e capisco cosa devo fare, per rendere realmente fiera mia madre, anche da lassú.

Anche se sarà la decisione più sofferta di tutta la mia vita, io mi devo trasferire a Parigi.

Spazio Autrice:
Ciao a tutti, ragazzi e ragazze e benvenuti in questo nuovo capitolo, che costituisce un prosieguo dello scorso, ma sta volta dal punto di vista di un disperato Elia.
Detto ciò, se vi va stellinate e fatemi sapere che ne pensate.
Un bacio e ci vediamo tra una settimana, con il prossimo 📖🖋

Come Shakespeare e la sua GiuliettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora