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Tanti anni fa

Elisabetta era una donna scaltra ed intelligente.
Appena Einar l'aveva vista l'aveva subito colpito.
Aveva uno sguardo seducente, un sorriso da far mancare il fiato, ma era molto protettiva nei confronti della sua famiglia.
Si erano incontrati una sera d'estate, lei veniva dalla tribù del sud, si era spostata lì dopo aver perso la sua famiglia ed era rimasta la sola guida dei suoi fratelli.
Einar l'aveva conquistata con molta fatica, lei sempre sfuggente e restia a fidarsi, ma con Einar si era finalmente sentita al sicuro dopo tanto tempo.
Poco dopo il suo matrimonio, aveva concepito una cucciola ed aveva passato tutta la sua gravidanza allo stato di demone, nel loro nido ben nascosto.
Aveva partorito senza sciamano, a causa dei cattivi rapporti del marito con Aaron, ma la bambina era nata sana e forte.
"Io non chiedo di più" aveva affermato Einar baciandole la testa.
"Sarà meglio per te, mi ha distrutta. Niente cuccioli per almeno tre anni, anzi ancora di più se non li porti tu"
Einar le aveva preso il viso tra le mani baciandola ripetutamente, per poi posare lo sguardo sul frutto del loro amore.
"Sophia" affermò sicuro. "Voglio chiamarla Sophia"
"Mi piace" disse con un sorriso la donna.
"È delicato, come lei"
Einar la baciò nuovamente, entusiasta.
"Piano, la svegli così" commentò ridacchiando.
"Ti amo come il primo giorno che ti ho vista. Lo sai?"
Elisabetta alzò gli occhi al cielo. "Lo so, lo so"
Einar le accarezzò dolcemente il viso.
"Io ti vedo" affermò.
"Io ti vedo" replicò Elisabetta, sicura.


"Mama" mormorò la cucciola, mentre la madre le faceva segno di fare silenzio.
"Andrà tutto bene piccola" sussurrò, mentre rumori infernali si facevano sempre più vicini.
"Ascolta la mamma ti vuole bene. Sono qui con te, sarò sempre qui con te" ripeteva, stringendola più forte che poté, per poi rendersi conto di quanto fosse tardi.
Elisabetta le baciò la testa, mentre le trovarono.
"Sta lontano dalla mia cucciola" affermò con gli occhi rossi.
Elisabetta era sempre stata protettiva nei confronti della sua famiglia.
Non aveva esitato a frapporsi tra chi minacciava sua figlia e la sua preziosa bambina: aveva lottato con tutta sé stessa, da demone, nella sua forma umana e proprio nel disperato tentativo di proteggerla, il suo corpo era diventato freddo, privo di vita.
Il colorito delle sue guance che il marito aveva sempre amato ora era spento.
Trovarono la piccola poco dopo.
La cucciola, spaventata, si era rannicchiata accanto alla madre, cercando protezione tra le sue braccia, le stesse che l'avevano stretta, sollevata, che l'avevano sorretta mentre imparava a camminare, che si erano trasformate in ali per insegnarle a volare.
I grandi occhioni di quella cucciola di appena tre anni si erano chiusi per sempre quella notte.

Oggi

Einar sobbalzò spaventato, svegliato da quel terribile incubo o meglio dai ricordi che gli facevano visita ogni notte, al contrario di qualcun altro, la cui serata era animata da ben altri momenti alimentati da baci bollenti e tocchi silenziosi.
Regina baciava la moglie gemendo sulle sue labbra.
"Ho bisogno di te" mormorò, spingendosi verso di lei.
Graffiare leggermente la schiena era per Regina un modo per segnare qualcosa di suo, afferrarlo, stringerlo e non lasciarlo andare via.
Regina divorò le sue labbra con un bacio, mentre la faceva stendere sull'erba.
Quando la figura del suo sogno cambiò: i suoi capelli si fecero argentei e la sinuosa figura femminile decisamente non era più la sua Emma.
Einar si era materializzato davanti a lei e a Regina non sembrare importare affatto.
Voleva unirsi a lui, voleva il suo corpo, così lo attirò verso di sé maggiormente.
Si inarcò verso di lui, mentre gemeva compiaciuta.
"Guardami" commentò, prendendole il viso tra le mani.
E appena incrociò il suo sguardo che la realizzazione la colpì come uno schiaffo.
Regina si svegliò di soprassalto, mentre Emma la fissava, facendola leggermente spaventare.
"Tranquilla sono io" commentò Emma.
Regina annuì riprendendo fiato.
"Ti ho... ti ho svegliata?" chiese ansimando.
"A quanto pare" disse alzando le spalle ed avvicinandosi maggiormente a lei.
"Ero... stavo... stavo sognando..."
"Me ne sono accorta" affermò Emma ridendo.
Regina accennò un sorriso imbarazzato, sistemandosi meglio, il suo corpo sudato, la sua temperatura notevolmente alle stelle.
"Che... che stavamo facendo?" chiese curiosa Emma ad un certo punto.
Regina impallidì. "Che vuoi dire?"
"Ti ho sentita" commentò divertita.
Regina arrossì immediatamente.
Emma sapeva esattamente quando mentiva, la sua mente era completamente in tilt, il totale panico.
Così decise che era decisamente tempo di distrarre anche lei.
Regina si mise a cavalcioni su di lei baciandola ripetutamente.
Emma seppur ancora addormentata, rispose al suo invito con gioia, lasciando che Regina toccasse il suo corpo nella maniera desiderata.
"Sai a che pensavo?" commentò Emma, mentre Regina le baciava il collo.
"Quando torneremo a palazzo quando tutta questa storia sarà finita voglio passare un'intera giornata a letto con te. Non intendo spostarmi da lì" disse ridacchiando e gemendo debolmente.
Regina ricambiò le sue attenzioni per poi realizzare quello che Emma aveva appena detto.
Lei non voleva tornare a palazzo. Il suo popolo aveva bisogno di lei, Eleanor doveva rimanere lì.
Einar avrebbe insegnato loro sempre nuovi segreti, lui era importante.
Ma da quando era diventato così fondamentale nella loro vita?
Era arrivato per caso, per destino ed ora era come se facesse parte delle loro vite e non potesse più andare via.
Era una guida, un punto di riferimento che Regina non aveva mai davvero avuto.
Ed ora era diventato anche così presente nei suoi pensieri... forse allontanarsi da lui le avrebbe fatto bene, prima che la situazione potesse sfuggirle di mano.
Era solo spaventata per la luna di sangue e con Einar si sentiva più tranquilla.
Doveva essere solo quello.

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