XXVI. Pattinare sul ghiaccio

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La Juventus arriva all'anticipo con la Sampdoria cavalcando l'onda dell'entusiasmo: ad un mese dall'inizio del campionato il bottino è pieno, il morale alto ed il mercato chiuso. Vittoria ha, come previsto, perso 2 centrocampisti – Hans Nicolussi Caviglia, tornato nelle fila dell'Under 23, e Nicolò Fagioli, in prestito alla Cremonese – e Cristiano Ronaldo, nuovamente al Manchester United 12 anni dopo. La partenza che l'allenatrice più ha sofferto sul piano del gioco è quella di Fagioli, a livello di squadra, invece, sente la mancanza di tutti e 3: la determinazione del portoghese e la voglia di fare dei più giovani davano una bella spinta ai bianconeri.

Il fischio d'inizio risuona nell'aria dello Stadium mezz'ora dopo lo scoccare di mezzogiorno, la Juventus è reduce da 4 vittorie nelle ultime 4 sfide di Serie A contro i blucerchiati, ai quali i padroni di casa hanno segnato in ciascuna gara almeno 2 gol, subendone soltanto 1 nel parziale. La capolista ha mantenuto la porta inviolata nelle ultime 3 sfide contro i doriani, è dal 1976/77 che non riesce a fare di meglio. La Sampdoria, inoltre, non vince a Torino da 6 trasferte consecutive nelle quali ha incassato 19 gol e ne ha segnati soltanto 2.

Vittoria sceglie di fare un po' di turnover, rinunciando ad Icardi in attacco per la prima volta in stagione: l'argentino ha un vantaggio sufficiente su Immobile, che sarà impegnato nel derby della Capitale e, verosimilmente, non avrà le chance di segnare una valanga di gol. In porta c'è Szczęsny, a sinistra Pellegrini, a destra Danilo, al centro della difesa de Ligt e Østigård, sulla mediana Miretti, de Paul, Locatelli e Bernardeschi, in attacco il duo sudamericano costituito da Dybala e Douglas Costa.

Alla Joya bastano 10 minuti per sbloccare la partita: Locatelli prova la conclusione dalla lunga distanza ma incontra la respinta di Thorsby. A quel punto, l'azzurro accarezza il pallone per il mancino di Dybala che non lascia scampo ad Emil Audero. Una sessantina di secondi dopo sono nuovamente i padroni di casa a rendersi pericolosi, con Dybala che assiste Douglas Costa, il cui destro viene accompagnato sul palo esterno dal portiere cresciuto nelle giovanili della Juventus.

Un paio di minuti dopo, una conclusione sconsiderata di Bernardeschi, che sarebbe terminata su Marte, viene deviata da un tocco di mano di Murru: l'arbitro non ha dubbi ed assegna il calcio di rigore. Dal dischetto, il sinistro di Dybala spiazza Audero, il capitano della Vecchia Signora allarga le braccia e corre verso la panchina, si copre il sorriso con l'immancabile maschera da gladiatore e abbraccia tutti i suoi compagni. Prima che venga fischiata la ripresa del gioco, dà il cinque a Vittoria, che gli fa l'occhiolino: perdonato.

Per la Juventus, però, non è tutto oro quel che luccica: lo stato di grazia del numero 10 si infrange contro la barriera di un affaticamento muscolare – l'ennesimo – che lo vede costretto a chiedere il cambio. La fascia di capitano passa a Szczęsny, il suo posto è preso da Kulusevski, che si mostra subito pericoloso spedendo di poco alto un colpo di testa. Bisogna aspettare il 43º per vedere un'occasione ospite: il destro di Quagliarella impegna Szczęsny, il quale non può fare nulla sulla conclusione di Yoshida che, sugli sviluppi di un calcio d'angolo, trova il pallone di Candreva ed accorcia le distanze.

«Ragazzi!» Vittoria batte una mano sul tavolo dello spogliatoio, zittendo il vociare sconclusionato che le impedisce di parlare alla squadra come vorrebbe. Il calo di concentrazione ad un niente dallo scadere ha fatto sì che incassassero una rete gratuita, tranquillamente evitabile in condizioni normali.
«Sì, ma non urlare.» borbotta McKennie, superandola con nervosismo: gli preferisce sempre altri giocatori e la cosa inizia ad infastidirlo.
«Weston.» lo ammonisce lei, inflessibile.
«Cosa? Stai urlando, è oggettivo.»

«Meglio fare ciò che ci piace o ciò che conviene?» la più grande lo ignora bellamente, rivolgendosi ai suoi, che la guardano stralunati. «Allora?»
«La risposta è insita nella domanda stessa: conviene fare ciò che ci piace per essere felici.» si azzarda a rispondere Luca Pellegrini.
«Buona chiave di lettura.» l'allenatrice lo indica, annuendo. Non vola una mosca, tra loro aleggia soltanto il bisogno di capire dove lei voglia andare a parare. «Giocare a calcio vi piace, immagino.»

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