«Smetti di dire delle fesserie.» la punta centrale sbuffa, sa che la più grande si dice interessata al discorso soltanto perché non vede l'ora di poter mettere un po' di pepe tra quelle parole, infilando i punti deboli ora dell'uno, ora dell'altro. «Piuttosto, quand'è che ti sei innamorata di lui, calcisticamente parlando?» si riferisce a Neymar, che raddrizza le antenne, attento: non ne hanno mai veramente parlato, è sempre stato più un discorso relativo al calcio sudamericano che a lui in prima persona.«Semplice, finale del Mondiale per Club, Santos-Barcellona, 18 dicembre 2011, Yokohama. Quello è stato forse l'ultimo momento in cui una squadra non europea è stata quasi all'altezza di un club europeo, lasciando stare il risultato finale. Ora potremmo anche perdere una partita contro qualcuno di esterno al Vecchio Continente, anche se non succede dal 2012, però a nessuno verrebbe in mente di mettere in dubbio la superiorità degli europei.»
«Anche loro lo sanno, per questo si presentano alla sfida con l'obiettivo di non fare brutta figura, difendendosi mentre aspettano che l'avversaria mostri qualche falla a causa della brutta collocazione nel calendario della partita in questione. In quegli anni il Barcellona costringeva qualsiasi squadra avversaria a snaturarsi, ad abbassare il proprio baricentro nella speranza di poter infilare qualche fortunosa ripartenza.»
«Per chi non è abituato ad affrontare un 11 del genere, leggasi Santos, non è facile gestire una partita simile, men che meno considerando che loro facevano e fanno del pressing la loro arma migliore.» Vittoria inclina per un momento la testa verso Neymar, che annuisce. «Hanno dovuto improvvisare, perdendo per 4-0, ma non è tanto questo, sono le successive 70 partite che disputa, i 56 gol che segna, l'indimenticabile vittoria in casa in Confederations Cup nel 2013, quando hanno battuto la Spagna, quel gol che ci ha segnato nei gironi al 55º, quello in finale al 44º, il Barcellona.»
«È stato l'unico per cui io mi sia mai alzata di notte a causa del fuso orario, perché Juventus e Nazionale non contano, ragionando noi ora per singoli.»
«Sono uscito da quella finale con una grande convinzione: avrei giocato nel Barcellona quando sarei stato pronto per farlo. A 19 anni era troppo presto, sono rimasto a casa un altro anno e mezzo, poi mi sono trasferito, zittendo in fretta chiunque credesse che un calcio estroso come il mio non sarebbe potuto tornare utile anche qua.»«Quella partita nello specifico è stata un caso isolato: ci siamo trovati davanti un Barcellona impossibile da fermare in un momento in cui non sapevamo nemmeno lontanamente come gestirlo.»
«Non che il Barcellona sia diventato molto altro, nell'era della MSN.» commenta Dušan, oggettivo.
«Confermo. Berlino, per quanto fosse veramente difficile farla andare diversamente, brucia ancora.» Vittoria abbozza un sorriso carico di mestizia.«Eppure lo sposi. Sindrome di Stoccolma.» il serbo colpisce appena l'anulare della ragazza. «Hai già scordato che potrebbe buttarci fuori anche quest'anno? Mai fidarsi del nemico.» la mette in guardia, ammonitorio.
«Hai mai pensato che potresti giocare meglio di lui?» la più grande inclina la testa, divertita. Beve un sorso di spremuta, quindi torna a parlare.«Se dovessimo perdere in finale anche quest'anno, per di più contro di loro, inserirebbero la Sindrome di Stoccolma nei sistemi internazionali di classificazione psichiatrica e nei manuali di psicologia, probabilmente.» scherza e Neymar la guarda ridere, appoggiare il viso alla mano sinistra, le cui dita sono serrate in un pugno che incontra un raggio di sole capace di accendere gli occhi rubino del leone in oro. «Non vincete, vero?» rivolge gli occhi luccicanti al fidanzato, che abbozza un sorriso.
«Quanto credi che c'entri il caso?» il sudamericano si inumidisce le labbra con la punta della lingua. Dušan li osserva e si sentirebbe tremendamente di troppo, se non stessero intrattenendo una conversazione che, il più delle volte, lo coinvolge in prima persona.
«Relativamente, ora che siamo giunti a questo punto. È ai gironi che si può pensare ad una serie di biglie lanciate compatte verso l'ostacolo – una curva, un ponticello, un tunnel di sabbia – piazzato in quel settore della pista con il preciso scopo di stabilire una gerarchia che, talvolta, provoca l'emergere anche casuale di alcune delle prime 16.»
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𝟙𝟘 | 𝕁𝕦𝕧𝕖𝕟𝕥𝕦𝕤 𝔽ℂ
FanfictionNon arrivi a condurre una squadra all'apparenza senza speranza verso la gloria eterna per caso. Entrata dalla porta sul retro come un generico Signor Nessuno. Una delle tante, diventata presto l'idolo di tutti.