LXXI. Cammelli e cammellieri

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I minuti che precedono un esame sono, per certi versi, drammaturgia allo stato puro. Minuti di rara tensione, con un finale prevalentemente già scritto, se l'esame in questione è quello di maturità. Si tratta soltanto di definire un numero, perché, alla fine, è questo il compito dell'orale: spostare l'indicatore un po' più in su o un po' più in giù, a seconda dei casi. Eppure, la maggior parte delle volte l'esaminando si lascia trascinare nel vortice di un momento in cui tutto si fa confuso, in cui si sovrappongono paura e tensione, speranza e fortuna, preghiere ed aspettative. Una costellazione di dettagli: sguardi, movenze, atteggiamento, parole.

C'è una strana politica, una reminescenza dell'epoca Covid, che tuttora vige nella scuola di Ginevra: oltre a te, è consentito ad una sola persona l'accesso all'aula in cui svolgerai l'esame orale. La ragazza non fa neanche caso al fatto che Vittoria e Richarlison varcano la soglia dell'edificio insieme a lei, la prima per scambiare due parole con un'insegnante che abita nello stesso isolato di sua nonna e sta passando di li per caso – ha tra le mani un bicchierino di caffè ed un elenco di studenti –, il secondo perché le sta cortesemente portando i tre o quattro libri che, tra una cosa e l'altra, non è riuscita ad infilare nello zaino.

In effetti, Ginevra non presta nemmeno attenzione al fatto che il brasiliano la segue per il corridoio, l'ultima volta in cui è veramente stata cosciente di qualcosa è riconducibile a pochi istanti prima, quando Vittoria gli riassumeva brevemente in portoghese l'argomento del suo elaborato, un lavoro riguardante l'evoluzione in senso anche metaforico, dalle Metamorfosi di Ovidio alla particolare struttura del cranio dei picchi, dall'evoluzione della lingua a quella dell'approccio scientifico.

A precederla in sede d'esame c'è una ragazza con cui non ha mai legato particolarmente per il diverso modo di fare ed il diverso approccio che hanno alla vita: Paola ama recitare la parte dell'impaurita, con le ginocchia tremule e la faccia esitante, impegnandosi, con quel comportamento, a mostrare una timidezza che, nella vita vera, non le appartiene.

Ginevra, invece, è più una di quelle che tendono a dissacrare l'attimo, renderlo meno importante di quanto in realtà sia, ridimensionarlo a fatto del tutto incidentale, come un estemporaneo avvenimento che capita e va superato dandogli il giusto peso. La ragazza non saprebbe dire se l'atteggiamento di Paola condizioni in qualche misura il giudizio del corpo docenti, né se il suo atteggiamento lo faccia, sa però che, a lei, le moine di Paola danno piuttosto fastidio, come le dà fastidio chiunque cerchi l'approvazione altrui in modo così palese.

Non è tanto la questione del ridere per forza alle battute scontate ed imbarazzanti dei professori o l'indossare la camicia e gli occhiali al momento di un'interrogazione per apparire più studiosa, è l'abbassare il tono di voce quando ti vengono rivolte domande cui non sai perfettamente le risposte per non sfigurare agli occhi dei compagni, per obbligare l'insegnante a chiedere di ripetere mentre speri che arrivi un suggerimento divino e piangi per mezzo voto in meno in mezzo all'aula in modo che tutti ti vedano e ti consolino.

Se starnazzi come un'oca dalla mattina alla sera, vantandoti di quanto la tua media sia favolosamente alta, i tuoi appunti incredibilmente ordinati, la tua grafia eccezionalmente bella, puoi anche risultare credibile agli occhi del professore che ha già lasciato l'aula ma di certo non puoi pretendere che i tuoi compagni ti prendano in simpatia.

Sapevi che sarebbe andata bene o stavi solo recitando?, è capitato che chiedessero a Ginevra, cercando di scalfire la maschera di chi ostentava sicurezza e non aveva mai mostrato interesse nel creare legami con il resto della classe. Non la conoscevano, non la conoscono, le due ipotesi erano tanto valide allora quanto lo sono adesso, mentre guarda Paola uscire ed aspetta che la chiamino.

Ringrazia Richarlison per i libri con un sorriso, chiacchiera brevemente con la professoressa di italiano, colei che meno di tutti s'è interessata a capirla e per questo l'ha capita più di tutti, si concede un mezzo sorriso mentre inserisce la chiavetta USB nell'apposita porta e le dicono di esporre l'elaborato e scorrazzare sulla parte di PCTO, ché, tra Curricula dello Studente ed esperienze di classe, è la quinta volta – la ventesima negli ultimi quattro giorni – che si sentono raccontare di PowerPoint sulla storia del Novecento.

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