LXVI. Condizioni minime di sicurezza

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«Vittoria.» una mano le accarezza la schiena mentre lei si stropiccia gli occhi e cerca di regolarizzare il respiro. «Vittoria.» la richiama Davi Lucca, avvolgendosi il cordino della medaglia d'oro intorno ad un polso.
L'italiana si volta a guardarlo ma gli occhi sono appannati. Non vuole, però, sciogliersi in lacrime, cadere davanti a lui. Il quasi undicenne le si accuccia di fianco, con l'espressione preoccupata e gli occhi dolci puntati nei suoi. «Vittoria, cosa succede?» le domanda, riuscendo male a mascherare la paura.

La voce sembra aver abbandonato la sua persona come un'inevitabile esalazione, più che come un'interrogazione volontaria. Vittoria chiude gli occhi ed appoggia la testa alla parete dietro di sé, abbracciando il più piccolo affinché questo non abbia la malsana idea di andare a cercare aiuto. Il biondino sorride quando sente Aëla muoversi, è la reazione che si aspettava da parte di Vittoria e riceve per interposta persona.

«Posso fare qualcosa per te?» le chiede allora, tirando un sospiro di sollievo quando l'allenatrice sorride vedendolo sorridere e gli accarezza la testa mentre scuote il capo, tornando piano piano a respirare. Mette a fuoco il viso spaventato che le sta davanti, si sforza di ridarsi un tono, si passa le mani sulle guance come se avesse pianto.
«Andiamo a casa?» propone l'italiana, morbida, quasi con esperienza, come se fosse abituata a gestire quelle situazioni su se stessa.

«Stai meglio?» si accerta il brasiliano, strappandole un sorriso sincero: è ovvio che non stia bene ed è bello che lui le abbia detto meglio, non bene.
«Sto meglio, grazie. Devo passare un attimo dall'hotel a prendere la valigia e salutare i ragazzi, vuoi venire con me o vai con...»
«Vengo con te, ho visto troppe volte papà perdere.» afferma lui, veloce, a tratti insofferente nei confronti di quello che sa già sarà il comportamento del padre.

Vittoria ride e lo spettina, salgono insieme sul pullman bianconero. La Juventus è in festa ma il forte contrasto tra quello che sente dentro e vede fuori non disturba l'allenatrice, che prende parte ai cori e all'euforia. Avrebbe bisogno di una doccia e del coraggio di vivere ciò che l'aspetta, probabilmente conviene incominciare dalla doccia.

Scappa in camera il tempo necessario a darsi una rinfrescata veloce mentre Danilo e Douglas Costa giocano con Davi Lucca, è quando mette piede fuori dall'hotel che la testa le gira e le tempie pulsano. Le mani le tremano mentre si piazza tra le gambe il trolley, in modo che le frenate della metro non le spediscano il pigiama, l'unica cosa di cui al momento le importi davvero, in giro per il mezzo pubblico.

«Neymar mi ha detto che non ti avrei dovuto dare la medaglia.» si decide a riempire il silenzio che li avvolge, omettendo la parte del discorso che le ha fatto più male. Non crede che sia qualcosa di cui parlare con Davi Lucca, non ha intenzione di fargli in qualche modo pesare ciò che pesa a lei.
«Perché?»
«Perché lui ha perso.»

«Che scemenza. Senza "offesa", ma so di non essere tuo figlio. Ti voglio bene quasi come ad una seconda mamma, però non sei mia mamma.»
«Infatti nella mia vita non ho mai preteso di prendere il posto di qualcun altro, figuriamoci di Caroline, che è una persona speciale.»
«Non prendertela troppo, sai quanto possa essere stupido.»

«Razionalmente sì, però mi ha fatto sentire in colpa, non è il modo giusto per farmi pesare la vittoria, posto che ci sia un modo giusto per far pesare qualcosa a qualcuno. Sono più arrabbiata che triste, un anno a dirmi che sarò una brava mamma e...»
«Sarai una brava mamma, Vitto, non
preoccuparti mai di questa cosa. Non dubitarne per nessun motivo.»

«Ha rovinato le belle promesse che mi ha fatto in tutti questi anni. Vorrei fare un casino perché non si può litigare per una medaglia, a fronte di qualcuno che vince c'è sempre qualcuno che perde, né è logico gettare benzina sul fuoco così, ma sto cercando di convincermi che io sia diplomatica. Non so neanche se sia peggiore la prospettiva di trovarmelo davanti ora o di lasciar depositare le cose e aspettare domani.»

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