XXXII. Geroglifici in cirillico

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«Ciao!» Vittoria si porta i capelli dietro le spalle lisciandoseli con entrambe le mani, quindi ruota di 180º il cappellino che ha sulla testa, in modo da non avere la visiera a coprirle gli occhi celati già da un paio di occhiali a specchio. È il secondo venerdì di ottobre, davanti ha un tappeto erboso, intorno una folla festante: sta per assistere alla sua prima partita della pausa nazionali, Venezuela-Brasile.

«Ciao, ci conosciamo?» il ragazzo che le siede accanto corruga la fronte, cercando di dare un nome a quella voce, a quella fisionomia.
«Non di persona, ma abbiamo una cosa in comune.»
«Tifiamo entrambi Brasile? Dimmi di sì, non potrei sopportare il contrario.» il classe 1997 ride, appoggiando i piedi sul seggiolino di fronte a sé.
«Due cose in comune.» si corregge lei, divertita. «Ci stiamo entrambi nascondendo.»

«Beccato.» Richarlison sbuffa, sconfitto. Abbassa un po' le spalle, mentre alza gli occhi al cielo e spera che l'italiana lo abbia riconosciuto per puro caso.
«Richarlison de Andrade.» sussurra la più grande, appena udibile. «Sono l'allenatrice della Juventus, piacere.» gli stringe la mano, cordiale.
«Kean, no?» domanda lui, cercando conferme.
«Purtroppo...» borbotta l'altra, ancora infastidita.

Il sudamericano vive in Inghilterra da ormai 4 anni, acquistato prima dal Watford, per circa 10 milioni di euro, poi dall'Everton, che l'ha pagato 5 volte tanto. Con il club di Londra ha disputato – unico della rosa – tutte le 38 partite di Premier League della stagione 2017/18. Approdato a Liverpool, le aspettative su di lui sono iniziate a fioccare: non diventi per caso il giocatore più pagato della storia del tuo club. Richarlison, però, non ha deluso: all'esordio contro il Wolverhampton, è stata subito doppietta.

La settimana successiva ha segnato il gol vittoria contro il Southampton, guadagnandosi piano piano l'attenzione di Tite, che l'ha incluso nei 23 vincitori della Copa América 2019, manifestazione nella finale della quale ha siglato su rigore il definitivo 3-1 contro il Perù. È fresco campione olimpico, nonché capocannoniere del torneo con 5 reti all'attivo, nonostante l'errore in finale contro la Spagna, quando si è divorato un ghiottissimo penalty.

«Come mai sei qui?» l'attaccante dell'Everton appoggia un gomito sulle ginocchia ed una guancia al palmo della mano, voltandosi a guardarla.
«Non penso di potertelo dire... in caso contrario farei tutto alla luce del giorno, non trovi?»
«Io voglio soltanto evitare che mi riconoscano.»
«Tu sei tu.» Vittoria ride. «Com'è l'Inghilterra?»
«Meglio il Brasile, senza ombra di dubbio.»

«Complimenti per le Olimpiadi, hai disputato un ottimo torneo. Peccato per il rigore sbagliato in finale, se avessi segnato ti avrei detto che sei stato eccellente ma così non posso farlo.» la ragazza gli mima l'errore, dimostrando di averlo visto e rivisto.
«Non tutti sono Neymar.» fa spallucce lui. «Mi è dispiaciuto quando gli hanno impedito di venire a difendere il titolo di Rio: ci teneva davvero tanto.»
«Sei stato un degno successore, non preoccuparti.»

Vittoria e Richarlison rimangono a chiacchierare per tutto il riscaldamento, toccando i temi più disparati. L'italiana nota che, come la stragrande maggioranza delle più o meno sedicenti star pallonare, al brasiliano non dispiace parlare di sé, anzi, per cui le risulta facile mantenere la conversazione su quei binari, senza doversi inventare frottole per non sbottonarsi più del dovuto. Chiacchierano persino in inglese, nonostante ormai la ragazza padroneggi il portoghese piuttosto bene.

«Quindi non hai la patente.» gli dice, al termine della partita stravinta dai verdeoro, durante la quale hanno accantonato convenevoli e similari per lasciare spazio a tecnicismi e tatticismi calcistici.
«Sto cercando di prenderla in Inghilterra ma non è semplice, faccio fatica. Ho dato la teoria ma ho fatto 36/56, il minimo per passare è 42.»
«Sì? Gli inglesi sono assurdi.»

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