LXIX. O noi o loro

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Mauro: Vittoria

Vittoria: Oh

Mauro: In che razza di squadra
mi hai mandato?
Mauro: Qua non ce n'è mezzo
normale
Mauro: Persino Bernardeschi
sembra un fenomeno

Vittoria: Con un tecnico che
gli consente di rischiare la giocata,
anche lui diventa un fenomeno

Mauro: Dai, seria, nemmeno alla
Samp eravamo messi così male

Vittoria: Con questi invece
affronti Messi

Mauro: Non ne usciamo vivi
Mauro: Spiegami com'è che
avete vinto un Europeo, va'

Vittoria: Federico Chiesa

Mauro: Onesta

Vittoria: Con chi sei in camera?

Mauro: Manu
Mauro: In questo marasma,
sembra forte persino lui
Mauro: Un incrocio tra Iniesta
e Busquets, tipo

«Ma oh!» grida Locatelli, schioccandogli uno schiaffo risentito sulla nuca.
«Cosa? Siete imbarazzanti.» Mauro smanetta sul cellulare finché il viso divertito di Vittoria non gli appare sullo schermo. «E poi tutti 'sti naturalizzati, per carità, anch'io lo sono, però, insomma, l'Italia è piena di gente senza piedi, non è necessario andarla a riesumare nei peggiori sobborghi brasiliani...»

«Ehi, Maurito, un vero guerriero non molla mai.»
«Ma che guerriero? Io qua mi ritrovo a sputare più sangue di un uomo colpito da un proiettile nello stomaco, questi non segnano nemmeno con le mani e tra un paio d'ore siamo in campo a giocarci un trofeo!»
«Se fosse per me, manderei in campo una decina di idioti travestiti da stregoni voodoo per prendere a mazzate l'Albiceleste, alla ricerca di tibie e rotule fino a quando in campo non restiamo soltanto in 7 per omaggiare Cristiano, poi faccia un po' Mancini.»

«Cos'è che ti abbiamo fatto, di preciso?» Icardi alza gli occhi al cielo, sbuffando.
«Mi avete nel senso degli argentini o mi avete nel senso della FIGC? Perché nel primo caso i problemi sono Messi e Maradona, il primo assurto ad erede del secondo che è ritenuto una divinità da troppa gente, nel secondo caso il problema è la non-qualificazione ai mondiali, nonostante la quale s'è deciso di confermare Mancini, che non ha nemmeno avuto il buongusto di prendere e dimettersi.»

«E poi, siamo sinceri: noi non segniamo nemmeno con le mani ma non è che l'Inter che ti ha reso grande...» inizia Locatelli, salvo correggersi poco dopo: «Sempre che l'Inter possa rendere grande qualcuno, anche questo è da vedere.»
«Rigiro la frittata, la questione è: amo i miei compagni di nazionale? No. Amavo i miei compagni di nazionale, quando ancora venivo sporadicamente convocato con l'Argentina? Nemmeno.»

«Sono qui perché mi sento italiano? Ma neanche per sogno, oggi mi sento meno italiano di ieri ma comunque più italiano di domani e il mio sentirmi italiano oggi è pari a zero, se non sottozero. Lo faccio in primis per Vittoria, in secundis per l'Italia che, nonostante non sia casa, può ritenersi una seconda casa anche solo per l'infinità di tempo che ci ho passato.»

«Il sentimento nazionale non è né qualcosa che si insegna, né qualcosa che si apprende, o ci nasci o sei fregato e – siamo onesti – com'è possibile per uno straniero imparare ad essere italiano, quando la prima cosa che s'impara vivendo in Italia è che gli italiani stessi sono divisi tra nord e sud, nord e centro, centro e sud, trentini e altoatesini, pariolini e bori? Vi fate la guerra addirittura all'interno delle singole città!»

«E, poi, altra domanda: posto che io non ho nulla a che fare e non voglio avere nulla a che fare con i miei nuovi compagni di nazionale – in senso buono, s'intende, sono colleghi, niente di più, niente di meno –, i miei nuovi compagni di nazionale svolgono il loro lavoro per bene, rendendo più agevole il mio? Nemmeno. Quindi, riassumendo, di preciso cosa sono venuto a fare prima a Coverciano ed ora a Wembley?»

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