XXX. Accantonare la pappamollaggine

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«Mi sono dimenticata di risponderti, scusami, ho avuto un contrattempo... qualcuno mi ha lasciato un cucciolo di beagle davanti alla porta di casa, dev'essere entrato seguendo quel minus habens di Armando, che lascia sempre che la porta si chiuda da sé. L'ho portato dal veterinario per capire se avesse il microchip o meno e mi sono dimenticata, davvero, scusami.» Vittoria batte dolcemente una mano sulla testolina color caffellatte del cagnolino.

«Jóia, per la miseria!» Neymar la interrompe, la risata cristallina ad avvolgere l'abitacolo. «Non me la sono presa, né mi sono preoccupato – la Juve avrebbe sicuramente detto qualcosa su una tua eventuale dipartita...»
«Grazie, eh.» borbotta lei, storcendo il naso.
«Prego. Solo, mi ha stupito che tu abbia visualizzato, di solito non lo fai per ricordarti di rispondere.»

«Anche per questo mi stavo scusando.»
«Puoi smettere di farlo.»
«E tu puoi smettere di interrompermi mentre parlo.» borbotta la ragazza, posando sul pavimento con poca delicatezza la busta della spesa.
«Tutto ok?» domanda lui, preoccupato dal rumore.
«Sì, ho soltanto mollato per terra la spesa.» Vittoria sghignazza, facendogli alzare gli occhi al cielo. «Tu, invece, come stai?»

«Bene, mi annoio un po' ma ci sta: faccio lo scemo per il No comment del venerdì, sopporto che a sbagliare i rigori sia sempre Kylian...»
«Avete litigato? Di nuovo?»
«Non litigo con chi ha bisogno di mettere a contratto che sarà il rigorista titolare perché è troppo scarso per guadagnarsi il posto sul campo.»
«Neymar.» l'italiana lo riprende, seria.

«Mi mandi una foto del cane?»
«Perché sei nervoso?» chiede l'allenatrice, cercando di non fargli pesare troppo quella domanda.
«Sono stanco, non è nervosismo.»
«Tu non sei mai stanco per queste cose.» l'italiana sospira, riordinando la spesa.
«Che palla al piede, Vittoria! Devi sempre insistere?» il sudamericano alza gli occhi al cielo.

«Sono nervoso, sì, sono sempre nervoso, soprattutto in questi giorni, perché non funziona niente e, per giunta, ti ci metti anche tu, l'unica che non dovrebbe farlo!» sbotta, sbattendo una mano sul volante quando l'automobilista che lo precede fa diventare rosso un semaforo perché percorre troppo velocemente il lungo viale su cui viaggiano.
«Ti mando una foto del cane.» mormora la ragazza, aprendo la fotocamera.

«Cos'hai adesso?»
«Niente, Ney, solo non voglio litigare, men che meno per telefono. Non è il caso.»
«Non era mia intenzione indisporti, ci sono cose di cui non mi va di parlare, specialmente se ci convivo da giorni e peggiorano di minuto in minuto anche a causa tua.» replica lui, con tono prima sarcastico, poi irritato. «Sai cosa?» domanda, quando gli arriva la notifica della foto.

«Fai quello che vuoi, cerca pure un pretesto per peggiorare la mia situazione ed il mio umore, dato che sei così brava a farlo.»
«Non ho nessun interesse nel farti arrabbiare, è un giorno intero che non ci sentiamo – colpa mia, vero – e credevo, conoscendoti e conoscendo il tuo tono di voce, che parlarne potesse farti stare almeno un pochettino meglio. Fine.»

«Anche parlare del tuo aborto con qualcuno che non fossi tu o che non fosse la mia famiglia mi avrebbe fatto bene, eppure non l'ho potuto fare per colpa tua. Parlarne mi fa bene ma non sei tu a scegliere con chi e quando io lo debba fare.»
«Hai ragione.» mormora Vittoria.
«Eh?» Neymar, del tutto impreparato a sentire quelle parole, corruga la fronte.

«Hai ragione, ho sbagliato. Non ho neanche pensato ai risvolti che questa mia presa di posizione avrebbe potuto assumere, con l'andare del tempo. Non credevo che saremmo durati così a lungo, sono sincera. Mi dispiace.»
«Giusto, hai sbagliato.» il brasiliano parcheggia, scollegando il cellulare dal bluetooth.
«Non esultare troppo, capita anche ai migliori.»

«Credo proprio che tu debba scusarti con me.» il calciatore sogghigna, entrando in casa.
«Toglitelo dalla testa, ho già fatto la mia buona azione quotidiana.» l'allenatrice guarda gli occhietti del cucciolo accoccolato in un angolo.
«Come vuoi, ma sappi che, tra di noi, è finita.»
«Va bene, scusa.»
«Davvero? Basta così poco per...»

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