LXXII. Tempismo, temporale, tempesta

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«Neymar.» Vittoria gli accarezza una guancia, cercando di svegliarlo non in maniera troppo brusca. È inizio agosto, sono gli ultimissimi giorni di ferie. L'orologio segna le due di notte, se prima spurava soltanto un forte vento, ora piove anche. Sono alcune ore che la ragazza sente delle contrazioni più forti del solito ma, in base a quanto rilevato dall'ultima ecografia, mancherebbero almeno un paio di settimane al parto. Mancherebbero, al condizionale, perché, mentre le acque del lago d'Iseo si agitano sempre di più, lei ha altre acque di cui preoccuparsi, le sue, quelle che si sono appena rotte.

Il tempismo è pessimo, il tempo idem: il forte temporale, oltre a rendere pressoché impossibili gli spostamenti dall'isola di Loreto al resto della terraferma, ha completamente azzerato i segnali dei cellulari che, adesso, non prendono più. Sono bloccati lì, Vittoria lo sa, sta iniziando a convivere con questa cosa ma cerca di non pensarci mentre, tra una contrazione e l'altra, prova e riesce a svegliare il brasiliano che, tutto intontito, impiega un po' di tempo per riprendersi dallo shock e mettere adeguatamente a fuoco la situazione.

«Stai scherzando? Stai scherzando. Non stai scherzando.» blatera, tra sé e sé. «Oh, santo cielo.»
«Dovrei essere io a dirlo, non tu che, peraltro, l'hai già vissuto e, soprattutto, non devi partorire.»
«Undici anni fa, cosa vuoi che mi ricordi? No, non è vero, mi ricordo che è stata una cosa terribile. E che c'era sangue, ovunque, un trauma assoluto.»
«Quello che volevo sentirmi dire, grazie.»
«È una mia dote particolare sapere sempre cosa dire e quando dirlo, jóia.» le accarezza una guancia.

«Fammi andare un secondo in bagno, ho bisogno di uno shock termico che mi riporti con i piedi per terra.» afferma, prima di alzarsi e riempirsi le mani di acqua fredda. Vittoria sente l'acqua scorrere mentre chiude gli occhi e respira, aspettando che la contrazione passi. Non sa quanto tempo trascorra prima che Neymar torni, oggettivamente poco, soggettivamente tantissimo. È una cosa che metti in conto, quando decidi di avere un bambino, eppure non sei mai del tutto pronta, men che meno se è la prima volta, se accanto non hai nessuno che possa aiutarti, sostenerti e consigliarti fuorché il tuo fidanzato.

«Camminiamo, Vittoria, vieni.» le prende le mani, spronandola a fare avanti e indietro, a stare in piedi. Ricorda nitidamente che con Caroline, durante il travaglio attivo, uno dei problemi era stata la posizione di Davi Lucca, troppo lontano dalla luce. C'era stato bisogno dell'aiuto che può dare in quei casi la forza di gravità, la quale, attraendo i corpi verso il basso, sicuramente non è deleteria, o almeno di questo si autoconvince Neymar, anche perché non hanno poi molte soluzioni a disposizione, né particolari conoscenze e competenze, per cui tanto vale.

Un fulmine squarcia il blu del cielo che, in realtà, è quasi nero, ed il rumore delle gocce cambia, diventa più sodo, secco, violento, consistente: grandina. Vittoria piangerebbe, se non fosse troppo impegnata a concentrare altrove le sue forze, a capire il suo corpo, ad ascoltarlo, ad ascoltare sua figlia, ad ignorare gli scenari drammatici che si disegnano di spinta in spinta nella sua mente, perché è sempre andato tutto storto, perché non era così che l'aveva immaginato, perché nella sua testa non le sembrava irraggiungibile un ospedale, infatti non l'ha mai nemmeno desiderato, l'ha sempre dato per scontato, sbagliando ancora una volta.

Quando Aëla inizia a piangere, non più dentro di lei, parte di lei, l'allenatrice cade sulle ginocchia, fino ad accasciarsi sul pavimento, sfiancata dalle circostanze, dall'incertezza, dal senso di inadeguatezza e dai sensi di colpa, perché non era previsto così presto e lei, stupidamente, non aveva immaginato che sarebbe comunque potuto succedere, perché, se fossero rimasti sulla parte di terraferma non collegata via acqua al resto del mondo, ora sarebbero in ospedale, perché, se Aëla stesse male, lei non saprebbe minimamente cosa fare, come comportarsi, quale scelta compiere.

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