«Diana.» Vittoria richiama sua sorella, accavallando le gambe. «Perché indossavi una giacca da uomo? Mi sono persa una nuova moda?»
«Avevo freddo e me l'hanno prestata, te l'ho detto.»
«E tu me l'hai giustamente lanciata addosso quando ti ho fatto notare la cosa. Non voglio diventare complice delle tue abominevoli scelte estetiche, non sono né un negozio di seconda mano né un maledetto attaccapanni.» le fa notare la maggiore.«Appendiabiti?» Diana abbozza una risata, incastrando l'iPhone tra guancia e spalla. Ha trascorso il weekend a Torino insieme alla sorella dopo una settimana piena di didattica a distanza, Forte dei Marmi la sua dimora temporanea.
«Perché stai sviando?»
«Non sto sviando.»
«Avanti, Didì, poche balle. È di Dušan?» l'allenatrice si lascia sfuggire un sorriso quando vede un cagnolino correre entusiasticamente verso di lei.«Chiedilo a lui, no?»
«Beccata.» Vittoria abbandona la sua panchina preferita per accarezzare la bestiola. «E, comunque, lo sto chiedendo a te.» mette in chiaro le cose.
«Pensi che ti abbia sempre detto tutto?»
«Non è questo il punto, Diana, lo sai anche tu.» la più grande si incammina verso l'ingresso, dove ha dato appuntamento a Paulo. «Ci sono cose di noi che nemmeno noi stessi conosciamo.»
«Vuoi farti gli affari miei.»«Me li sono sempre fatta, anche senza il tuo consenso.» Vittoria la prende in giro.
«La puoi piantare con gli sfottò e ascoltarmi, dato che probabilmente sai tutto di noi?!» Diana sbotta, esentandosi insolitamente dalla scenata con cui è abituata a chiedere aiuto: quando c'è qualcosa che non va, la più piccola fa una scenata che ti induce a pensare che abbia bisogno di aiuto e, di solito, si tratta di un aiuto serio, tipo un esorcismo.
«Sei già al livello "se mi fai andare male gli esami ti picchio, perché ti ho sempre nella testa" o...»«Vittoria!»
«Cosa?» la più grande ride, troppo divertita.
«Niente.» mastica la sorella, buttandosi sul primo posto che trova libero in treno. «Niente.»
«Molto bene. Dicevi?»
«Ci siamo baciati, venerdì. In stazione. Nel bagno della stazione. Quello delle donne, se ti interessa.»
«Bello, vai avanti.» commenta l'altra, ironica.
«Fine.» Diana sospira, abbattuta. «Mi ha lasciato la sua giacca, poi ognuno per la sua strada. Fine.»«Bello, molto.» Vittoria annuisce.
«Già, molto.» la minore punta gli occhi fuori dal finestrino, guardando la campagna scorrere oltre ciò che resta della pioggia che ha rigato i finestrini chissà quanto tempo prima. «Tu cosa fai?»
«Un giro al Valentino. C'è un cane bellissimo.»
«Prendiamo un cane? Dai, Vitto, per piacere!»
«Contaci, poi lo squartiamo, in modo da averne metà ciascuna. Non abitiamo insieme, Diana.»
«Quanto sei macabra.»«Capita. Devo parlare con Dušan?»
«Per l'amor del cielo!»
«Ottimo. Tempo al tempo, se sarà destino tornerete amici come prima.»
«Credi ancora al destino? Hai trent'anni!»
«Credi che ti basterà tornare sua amica?» domanda Vittoria, mordendosi un sorriso quando non la sente rispondere. «Va bene, ci sentiamo più tardi.»
«A dopo, ciao generatrice di tutti i miei problemi.»
«Addirittura?» la più grande ride. «Ciao, Didì.»Quando Paulo varca i cancelli del parco più famoso di Torino, lo coglie un sonoro sbadiglio. Ha sotto gli occhi due borse da far invidia ad un ristoratore che, trovatosi improvvisamente senza materie prime, è costretto ad andare a fare la spesa al supermercato e si porta dietro la sonnolenza di un ghiro che ha la voglia di vivere di un bradipo. Ha posticipato la sveglia almeno una dozzina di volte ma non è troppo in ritardo, è riuscito a patteggiare un ritrovo alle 8:10 che, per la sua salute psicofisica, è oro colato: Vittoria diventa impossibile quando si fa ritardo, soprattutto agli incontri "punitivi".
«Andiamo?» lo raggiunge l'allenatrice, esortandolo con gli occhi a fare dietrofront. «Volevo portarti a fare un giretto in canoa sul Po ma mettono pioggia e, mio malgrado, ho bisogno di te, possibilmente senza influenza.» lancia una lunga occhiata al fiume più importante d'Italia, il grigio-marrone dell'acqua ad inondarle le iridi di un riflesso spento. «Sai remare?» gli chiede poi, come se quella conversazione avesse senso, come se non salutare fosse normale. La carrozzeria della Opel GT del 1969 tintinna al contatto con gli anelli che porta alle dita, rispondendole più prontamente del giocatore.
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𝟙𝟘 | 𝕁𝕦𝕧𝕖𝕟𝕥𝕦𝕤 𝔽ℂ
FanfictionNon arrivi a condurre una squadra all'apparenza senza speranza verso la gloria eterna per caso. Entrata dalla porta sul retro come un generico Signor Nessuno. Una delle tante, diventata presto l'idolo di tutti.