XXI. Baguette, à droite

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«Mister, possiamo parlare?» Giorgio Chiellini avvicina l'allenatrice al termine della seconda seduta della giornata. Si guarda intorno con circospezione, ci sono troppi compagni nei paraggi.
«Nel mio ufficio quando hai finito.» la ragazza annuisce, impilando gli ultimi cinesini. Ha colto il disagio del suo numero 3, per questo ha tagliato corto quasi con disinteresse, senza nemmeno distogliere lo sguardo dai tronchi di cono colorati.

«Grazie.» il capitano le rivolge un breve cenno del capo e segue i compagni negli spogliatoi. Sul campetto della Continassa rimane solo Mauro Icardi, che sta sfidando se stesso in una crossbar challenge. I palloni si stampano sulla traversa in rapida successione, tornandogli solo in parte tra i piedi. Quelli sono i primi che ammucchia nell'area piccola, quindi recupera tutti gli altri mentre Vittoria lo raggiunge con la rete in nylon.

«Finito di suonare?» l'allenatrice ridacchia.
«Fa un bel rumore l'alluminio.» la punta centrale sorride, mettendo via i palloni. «Domani rigori?»
«Così, senza uno sfidante?» Vittoria accenna a Dybala, tenuto precauzionalmente a riposo.
«Pensi che il capocannoniere della A abbia bisogno di uno sfidante? Io non credo.» l'argentino scherza.
«Allora vedi di restare davanti a tutti, è più comodo.» la più grande scuote la testa, ridendo.

«Martedì sera vai davvero a cena con Wanda?»
«Me lo chiedi perché temi che possa commettere qualche gaffe madornale?»
«Affatto, le cose vanno molto meglio da quando siamo di nuovo in Italia. Semplice curiosità.»
«Ti avevo promesso che le avrei parlato.»
«Lo so e ti ringrazio ma se hai altri programmi...» tentenna lui: non vuole esplicitare che, visto quanto accaduto in settimana, la cena può anche saltare.

«Se mi dispiacesse, non mi farei scrupoli a disdire, dico davvero. È tutto a posto, Maurito.»
«Mi fido, eh.» il sudamericano le tocca una spalla.
«Ti sta portando bene.» Vittoria gli regala un sorrisone, la classifica non mente.
«Sì, lo sta facendo. Vado a lavarmi, buona cena.»
«Buona doccia, salutami i bambini.»
«Non mancherò.» il calciatore annuisce.

Vittoria oltrepassa le porte a vetri e si lascia il campetto alle spalle, salendo a due a due i gradini che la conducono al piano superiore. Si ritrova a scuotere la testa, ridacchiando tra sé e sé, quando le torna in mente una domanda postale in merito a quel modo di salire le scale da sua sorella: fare i gradini a due a due è sintomo di pigrizia – il totale dei gradini effettivamente toccati è la metà – oppure di solerzia, dal momento che il tempo impiegato a raggiungere il pianerottolo in cima alle scale è sensibilmente inferiore?

Mentre aspetta che il difensore centrale la raggiunga nel suo ufficio che, più di un ufficio, è un orto botanico, innaffia e concima le piante ornamentali e non solo che ha disseminato un po' dappertutto, raccogliendo fiori e foglie secchi e buttandoli nel cestino dei rifiuti organici, cambia un paio di sottovasi con altri più adatti che si era fermata ad acquistare qualche giorno prima, sistema i bastoncini che impediscono all'orchidea dracula simia, una delle più preziose tra quelle che ha alla Continassa, di collassare su se stessa.

«Vittoria.» la appella Giorgio, affacciandosi data la porta aperta. Il fatto che la chiami per nome, prediligendolo al ruolo, dice tante cose. «Scusa se ti ho trattenuta ma non volevo...»
«Ehi, ehi, ehi, nessun problema, sarei comunque passata a sistemarle, le donne delle pulizie hanno accesso interdetto perché combinano solo guai.» la ragazza inclina la testa, riferendosi alle piante.

«Conosco il fenomeno: mia moglie le fa sempre morire.» il numero 3 ride, Carolina è un disastro.
«Povera, se vuole posso darle qualche dritta. Non è difficile, quando si capisce dove andare a mettere le mani, il problema è capire dove andare a mettere le mani.» anche Vittoria ride. «Volevi dirmi?»
«Non molto, in verità, e probabilmente non è nemmeno affar mio.» il difensore sospira.

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