«Cosa fai qui fuori?» Dušan Vlahović raggiunge Vittoria all'esterno del locale in cui lei lavora. Ha staccato da un'oretta, a dire la verità, ma un paio di amiche l'hanno pregata di restare – è il compleanno di una delle due – e lei non se l'è sentita di tagliare la corda. L'attaccante della Fiorentina è in compagnia di altre persone ma sembra aver dimenticato l'euforia festaiola a casa.«Avevo caldo.» Vittoria scrolla le spalle.
«In effetti.» il serbo annuisce, concorde.
«Mi sei piaciuto da morire contro la Juve, il 22 dicembre. Hai disputato un'ottima partita.»
«Anche se avete perso?»
«Hanno. Non attribuirmi sconfitte che non sono mie.» l'allenatrice scuote la testa e lui ride.«Allora potresti festeggiare.»
«Potrei.» Vittoria annuisce ma non si schioda.
«Perché fai così?» il più piccolo appoggia schiena e gomiti alla balaustra, facendo tintinnare la bottiglia di birra contro la superficie liscia dietro di lui.
«Così come?» domanda l'altra, seppur sappia come.
«Ti isoli, sempre.»«Sono stanca.» afferma Vittoria, ma Dušan non le crede: si vede che quello, escluso il lavoro, non è posto per lei. «Tu? Non ti divertivi più?»
«L'ultima sessione di allenamento mi ha ucciso.» il calciatore dedica un'occhiata distratta alla bottiglia verdognola quasi vuota che tiene senza convinzione tra le dita. «Tu, piuttosto, sicura di stare bene?»«Non con la testa.» la ragazza piega la lattina di Estathè al limone fino a quando non riesce a dividerla in tre parti, separando le basi dal resto.
«Hai combinato un guaio?»
«Il guaio è venuto da me.»
«E quanto è un problema?» Dušan sonda il terreno: sono anni che Vittoria rifila al mondo risposte calibrate per non lasciar trapelare assolutamente niente e vuole capire se si sbilancerà oppure no.«Abbastanza. Ho un ragazzo, a Parigi, e un bambino, nella pancia.» l'allenatrice ricava un rettangolo di alluminio che avvolge fino ad ottenere un conetto, parlando come se non parlasse di sé.
«Lui lo sa?»
«Non ancora ma non è quello il punto. Ne abbiamo parlato prima della... a inizio giugno.»«Prima della?»
«Non credi di allargarti un po' troppo? Sei l'unico che sa del bambino, non posso anche dirti...» gli occhi della più grande lasciano ciò che resta della lattina e si puntano su di lui, che ridacchia.
«Capirei?»
«Potresti, ti basterebbe sovrapporre qualche dato anagrafico ed un paio di cose che ti ho raccontato.»«E nascondermi l'identità di lui è più importante che nascondermi il bambino?»
«Insisti? Non sono stata io ad attaccare bottone.» Vittoria gli punta contro un dito, ilare.
«Non sono stato io a sbottonarmi così tanto.» Dušan le fa il verso, abbassandole l'indice.
«Dicono che parlarne sia meglio.»«Dipende dall'interlocutore.»
«Ti reputi un buon interlocutore?»
«Cos'è, da questa risposta dipenderà il tuo dirmelo o meno?» il serbo finisce la birra e la guarda, curioso.
«So già se dirtelo o non dirtelo, non pensare di avere tutta questa importanza. Vale la tua opinione di giocatore, non di persona che interloquisce.»«E quindi?»
«Niente. Stai bene a Firenze?»
«So che c'è dell'interessamento da parte della Juventus, se è questo che intendi. Ronaldo va?»
«È una signorina, non si sa mai cosa faccia.»
«Se resta, declino. Sono giovane, voglio giocare.»«Sinceramente spero che se ne vada.»
«Prevedibile.»
«Neymar.»
«Cosa?»
«Il nome.»
«Interessante. Lui ti mette incinta, io ti sopporto.»«Non andavamo d'accordo, io e te?» Vittoria gli rifila una gomitata affettuosa.
«Dipende dai momenti, dai tuoi momenti.»
«Resti senza qualcosa da bere?» la ragazza cambia argomento, prendendo l'alluminio da buttare.
«Non mi va di tornare in mezzo alla gente.»
«Cosa ti prendo?»
«Lascia stare, vado a casa.»
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𝟙𝟘 | 𝕁𝕦𝕧𝕖𝕟𝕥𝕦𝕤 𝔽ℂ
FanfictionNon arrivi a condurre una squadra all'apparenza senza speranza verso la gloria eterna per caso. Entrata dalla porta sul retro come un generico Signor Nessuno. Una delle tante, diventata presto l'idolo di tutti.