XLIII. Perdere gli scudetti in albergo

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All'Olimpico, tra Roma e Juventus va in scena una partita a tratti surreale. Mourinho schiera Rui Patrício, Viña, Ibañez, Smalling, Maitland-Niles, Veretout, Cristante, Afena-Gyan, Pellegrini, Mxit'aryan e Abraham in un 4-2-3-1 solido fin dalle prime battute, Vittoria risponde con un vacillante 4-4-1-1 che vorrebbe preservare parte del reparto difensivo in vista della finale di Supercoppa Italiana da disputarsi mercoledì contro l'Inter.

La starting list bianconera vede tra i pali Szczęsny, a sinistra Hickey, poi Østigård e Bonucci, a destra Danilo, quindi un quartetto di centrocampo composto da Gavi, de Paul, Locatelli e Chiesa, Dybala seconda punta ed Icardi davanti, in completa solitudine. Le scelte dell'allenatrice italiana si rivelano ben presto altalenanti, proprio come l'andamento della partita. L'11 juventino funziona a sprazzi, l'intensità è ad intermittenza e soltanto da alcuni giocatori, complicando sensibilmente le cose.

Bonucci capeggia la brigata dei dannosi, rendendosi protagonista di un paio di coperture avventate in area, guadagnandosi 2 gialli ed una conseguente espulsione, lasciando i suoi in 10 e regalando alla Roma una punizione ed un calcio rigore. Il 19 si dimostra nel complesso passivo e distratto, confermando la sua inadeguatezza tra le fila bianconere. A seguirlo a ruota c'è Rodrigo de Paul, la sua è la serata sottotono di un giocatore svogliato e fuori tempo, del tutto inutile alla causa.

Avulso completamente dal gioco bianconero, il centrocampista argentino tocca pochissimi palloni e non dialoga mai coi compagni: Smalling e Cristante lo condannano ad un'esistenza da fantasma, fermando ottimamente qualsiasi sua iniziativa e costringendolo a perdere il pallino del gioco ogni 2 per 3. Dall'altro lato, però, anche Mourinho ha da recriminare: Viña offre una prestazione discontinua e poco puntuale nelle verticalizzazioni, il subentrato Shomurodov accentua le crepe della Roma.

Al 6º minuto, una sponda pesca in area Tammy Abraham, che impatta di testa ma senza conferire al pallone, bloccato con sicurezza da Szczęsny, sufficiente forza. All'11º, invece, l'inglese non sbaglia: l'angolo di Veretout trova la sua incornata vincente, sulla quale Bonucci si fa cogliere impreparato. Ha meno colpe Østigård, impegnato in un'altra marcatura. È 1-0 Roma, ma la Juventus ha il sangue negli occhi. Al 18º, Chiesa vede uno spazietto piccino piccino per Dybala, raggiunto con un passaggio a dir poco mirabolante.

La Joya, solo al limite dell'area, ha tutto il tempo per controllare e, con il mancino, imbucare un sinistro a giro che termina alla destra di Rui Patrício in una finalizzazione perfetta. Il suo gol è una gemma che abbaglia l'Olimpico in quello che, nonostante la grinta della Juventus, è a tutti gli effetti il momento migliore della Roma, molto più precisa, sicura, rapida, efficace. Dybala sta facendo reparto da solo, perché i bianconeri tendono a schiacciarsi un po' troppo ed, infatti, tornano a rischiare la pelle.

Chi ce la rimette davvero è Chiesa. Vittoria lo vede saltellare per il campo, come se stesse verificando l'integrità di un'articolazione che l'allenatrice non riesce ad identificare perché la fascia destra della squadra ospite si trova dall'altro lato del terreno di gioco. Gli chiede a gesti se voglia optare per una sostituzione preventiva ma lui non fa in tempo a replicare che, coinvolto in un contatto con Smalling dopo il quale, dal dolore, per poco non sviene, riceve tutte le risposte che cercava.

Federico rimane quasi 4 minuti a terra, con le mani sul volto sfigurato da un pianto a dirotto. Sono quasi 4 minuti lunghissimi quelli che Icardi trascorre al suo fianco, quelli che Dybala trascorre al suo fianco. Sono un'eternità per chi, come lui, sognava un finale di stagione dorato. «Matías, entri tu.» Vittoria manda subito il 46 a scaldarsi, prima ancora che abbia la certezza dell'infortunio di Chiesa, nella speranza che il giovane argentino non realizzi del tutto mentre scorrazza a bordo campo.

«Mati, deja de pensar y escúchame. Los jugadores especiales se reconocen en los momentos de dificultades. No era mi intención pero debo. Estás aquí, disfrute (Mati, smetti di pensare e ascoltami. I giocatori speciali si riconoscono nei momenti di difficoltà. Non volevo ma devo. Sei qui, divertiti).» l'italiana gli spiega che non pensava di schierarlo così presto ma, data la situazione, è costretta a farlo. Gli allontana i capelli dalla fronte per depositarvi un lieve bacio, al quale lui annuisce, concentrato, e lo lascia andare: Chiesa è uscito in barella, è ora.

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