IX. Muso lungo

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«Prima le signore.» il minore dei fratelli Elkann dà la parola a Vittoria con un rapido cenno del capo, facendola aprire in una breve risata.
«Mi prendi anche in giro, adesso?» la ragazza scuote la testa, riordinando le scartoffie che ha davanti a sé. È fine aprile, il suo approdo sulla panchina della prima squadra un segreto custodito gelosamente da chiunque – al massimo dieci persone ma forse neanche quelle – ne sia a conoscenza.

I toni della riunione sono molto rilassati, hanno già parlato un po' tutti ed hanno già parlato un po' di tutto. L'obiettivo è mettere a fuoco i punti fissi intorno ai quali chi siede a quel tavolo vorrebbe che orbitasse la nuova Juventus, allo scopo di capire come procedere sia sul mercato che nell'impostazione e nella gestione del periodo estivo. Si sono già toccati tanti argomenti ma non si è ancora scesi veramente nel concreto, ragion per cui tocca a Vittoria.

«Io? Quando mai?» Lapo la guarda, un ghigno beffardo sulle labbra. Non saprebbe dire per quale motivo si trovi lì, probabilmente suo fratello non voleva che rimanesse una seggiola libera. E pensare che sarebbe stato sufficiente aumentare un po' lo spazio tra un posto e l'altro... fatto sta che non se ne lamenta, nel suo abito di uno sgargiante verde lime osserva chi popola la sala, scambiando di tanto in tanto un paio di battute con Vittoria.

Oltre a suo fratello John, ci sono i soliti Agnelli, Nedvěd e Paratici, Arrivabene che, per qualche strano motivo, si è sentito in dovere di presenziare in qualità di rappresentante degli amministratori e Bertola, che gestisce le questioni finanziarie ed, a suo modesto parere, è ben più utile di uno dei team manager della Scuderia Ferrari più scarsi di sempre. Non che Binotto stia facendo faville, sia ben chiaro.

«Va bene, va bene, va bene, non è questo il punto.» interviene John, con il suo italiano leggermente macchinoso, fulminando con un'occhiataccia Lapo che, allontanata la seggiola dal tavolo, ha incrociato sgraziatamente le gambe, facendo sfoggio di un calzino blu dalla fantasia a paperelle decisamente impegnativo. «Possiamo iniziare?» Vittoria annuisce ed estrae dall'astuccio grigio perla la sua stilografica Montblanc, rigirandosela tra le dita prima di prendere la parola.

Non ha bisogno di scrivere, in realtà, ma avere tra le mani quello che è indubbiamente il più grande tra i suoi piccoli capricci le dà una fiducia tutta diversa. «Sarò brutalmente diretta, non mi piacciono le perifrasi quando la chiarezza è tutto ciò di cui si necessita.» esordisce, sfilando il tappo all'Around World Doué Classique Special Edition con un'eleganza decisa. Non è la stilografica più preziosa che possieda, l'ha pagata poco più di un migliaio di euro, eppure si stupisce sempre di quanto un oggetto così piccolo possa valere tanto.

Certo, ci sono gioielli di dimensioni ben inferiori dal valore ben più elevato ma, per lei, le stilografiche sono tutt'altra cosa. Se deve spendere un'esagerazione in oggetti sostanzialmente inutili – una Bic sarebbe più che sufficiente, in casi come quello –, preferisce di gran lunga le penne del noto marchio tedesco. Tra le sue passioni/ossessioni ci sono anche le automobili, è vero, ma hanno due problemi enormi: occupano spazio e necessitano di manutenzione. Per non parlare di quando devono sgranchirsi le gambe.

«Presidente, abbiamo una rosa senza alcun senso logico, stratificata su giocatori impossibili da connettere tra loro. Le altre squadre hanno un camper, un iPhone ed un caricabatterie con un cavo lungo un metro, noi una tenda, un iPhone e nessuna presa di corrente. Chi vuol intendere intenda, anche se io preferirei il camper. Avremmo gli uomini per pressare alto e giocare un calcio offensivo, mi manda in bestia che iniziamo a farlo solo quando abbiamo l'acqua alla gola.»

«È inconcepibile che, dopo aver segnato al terzo minuto, la squadra smetta di giocare per mezz'ora, barricandosi in un bunker sgangherato per lasciare campo, palla e gioco a chi ha preso uno schiaffo in faccia dopo soli 180 secondi. È inconcepibile, specialmente se ad avere le chiavi del bunker sono Rugani, De Sciglio e Sandro. Non abbiamo una punta, il centrocampo è un colabrodo, Sarri ha mandato via Pjanić per quella pippa di Arthur.»

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