Cristiano si rimbocca leggermente le maniche della felpa che indossa, appoggiandosi alla balaustra della tribuna vip del Santiago Bernabéu. Guarda gli spalti svuotarsi mestamente nello svolgersi pacato dei festeggiamenti juventini, Vittoria rilascia un'intervista, poi si eclissa e lui, in tutto quel contrasto, sente qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di provare: gli dispiace.Il pensiero che non sarebbe stato parte della partita, della finale, dopo anni ad illuminare quel genere di match e, soprattutto, ad illuminarsi in quel genere di match, a prendersi la scena. Vedere due delle sue ex squadre così da vicino, eppure non poterle toccare. Il ritorno a Manchester. Era stato spontaneo dire di sì. Era un invito diverso da tutti gli altri, perché Manchester aveva incarnato il suo personale trampolino di lancio, la sua scala verso l'Olimpo.
Tornare era un modo per ringraziare e ricambiare il favore prima della fine ma Cristiano, oggi, non è più così sicuro di sentirsi pronto a smettere. I dubbi lo tormentano soprattutto adesso, mentre guarda quella gente che, un giorno, era lì per lui, per quel suo rigore al 97º, l'11 aprile 2018. «Vedi, se fossi rimasto?» Vittoria lo raggiunge e ci scherza su, lo distoglie dai suoi pensieri, gli tocca la schiena e gli stringe la mano come fanno i giocatori prima di una partita, quasi sfidandolo ma con divertimento.
Si battono anche una mano tra spalla e gomito, reciprocamente, in una sorta di abbraccio che fa parte del protocollo, e Cristiano ride.
«Sarei uscito comunque, no? Ci avete battuti.» fa spallucce il portoghese, vedendo un paio di telecamere puntate su di loro. Le nota anche Vittoria, che sceglie di sfruttare il momento, fingendo di boccheggiare, come se l'asso lusitano le avesse colpito a morte l'anima bianconera. «Dai, scherzo. Forza Juve, sium?»«Seh, ti aspecto a Parigi, altro che sium.»
«Sarà una bella sfida, tra due che non sanno vincere.»
«Ragionamento che fa chiunque non sia in finale.»
«Forse.» le concede il più grande, inclinando la testa con un sorriso. «Come stai?» le chiede colui che ha fatto del numero 7 un brand, celando in quella semplice domanda un milione di cose. È un'interrogativa che va ben oltre la banalità dietro la quale troppo spesso viene nascosta, una cortesia mista a disinteresse che ne riduce significato e cura.Vittoria, però, capisce, capisce che Cristiano ha bisogno di qualcuno che lo capisca e capisca Georgina, perché la perdita di un figlio non è mai gestibile, neanche se ti chiami CR7 e navighi nell'oro. L'allenatrice lo sente vacillare mentre si spinge ad abbracciarlo, accarezzandogli la schiena muscolosa e chiudendo gli occhi, perché puoi convincerti di aver superato un dramma tale finché vuoi ma è quando torni ad esserne avvolto, quando ci cadi dentro di nuovo che le lacrime si ripresentano ed il nodo in gola stringe come la prima volta, che il dolore ti lacera ed il respiro accelera. Non sta bene Cristiano, non sta bene Georgina, la nuova arrivata lenisce solo parzialmente una ferita che, in fondo in fondo, non si rimarginerà mai.
Vittoria lo percepisce addosso ed, in un certo senso, sembrano percepirlo anche coloro che affollano la tribuna vip del Bernabéu, perché le fotocamere si spengono ad una ad una, i loro video smettono di finire su internet, i cellulari vengono riposti in tasche e borse. «Vieni a colazione, domani.» comincia il più grande, flebilmente, e Vittoria si sente un po' morire dentro. Alla fine è stata anche colpa sua se il portoghese ha lasciato Torino e si trova a Manchester, nella situazione in cui è, che non significa che il gemellino sarebbe sopravvissuto ma significa che alcuni aspetti della sua vita sportiva, oggi, avrebbero potuto assumere un'altra forma.
«Vorrei...»
«Lo so.» la ragazza annuisce e scioglie l'abbraccio, passandosi due dita sotto gli occhi. «Farò finta che Zio Pat non mi abbia messo in guardia: mai mangiare a casa di Cristiano!» scimmiotta Evra, imitandone anche le movenze. È diventata celeberrima quell'intervista in cui il francese ricordava il tristissimo pollo con contorno di verdure servito a casa del lusitano.
«Patrice? I love this game!» anche Ronaldo lo imita, salutando Vittoria poco dopo. Domani.
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𝟙𝟘 | 𝕁𝕦𝕧𝕖𝕟𝕥𝕦𝕤 𝔽ℂ
FanfictionNon arrivi a condurre una squadra all'apparenza senza speranza verso la gloria eterna per caso. Entrata dalla porta sul retro come un generico Signor Nessuno. Una delle tante, diventata presto l'idolo di tutti.