XVIII. Andare alla Continassa, allenare e vincere

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Nonostante il Bayern Monaco sia una corazzata in fase di assestamento dopo una profonda rivoluzione estiva, l'undici bavarese è sempre e comunque una corazzata, un'istituzione composita – società, staff, squadra, ambiente – che restituisce una sensazione quasi sgradevole di potenza assoluta, di invulnerabilità, di perfezione calcistica, inevitabilmente anche di arroganza nei confronti degli altri, dei comuni mortali, dei club del campionato tedesco e probabilmente, se non sicuramente, di almeno tre quarti dei club che participeranno alla prossima Champions League.

La forza del Bayern sta nel suo modo di attraversare il tempo che passa: per loro, la transizione e il progresso non sono eventi critici perché perpetui, sempre vivi, sempre in corso. Sono fasi programmabili e non rimandabili, per nessun motivo... Vittoria clicca sulla x in alto a destra e spegne il computer, allontanandosi di scatto dalla scrivania e dall'articolo che stava leggendo.

Le ruote della seggiola scorrono rapide sul parquet della camera da letto e l'accompagnano alla stampante, dalla quale ritira due fogli sui quali l'inchiostro si sta ancora asciugando, quindi afferra un abito chemisier rosso geranio in tinta con lo smalto che sua sorella si è divertita ad applicarle dopo pranzo ed un paio di orecchini crawler di Dodo, ai quali abbinerà una cinta dorata che è sicura di avere da qualche parte nella cabina armadio.

«Diana, andiamo a Bergamo.» dà uno scappellotto sulla nuca alla sorella, lanciandole addosso un paio di shorts in crêpe zebrati di Valentino ed un top bianco con le maniche a tre quarti.
«Perché a Bergamo? Dai, che palle!» la più piccola di toglie il cuscino da sotto la testa e se lo piazza sugli occhi, sbadigliando. «Gioca Dušan, stasera.»
«A Bergamo. Dai, Diana, alzati.»

«Dici davvero?» la sorella minore si scopre un occhio per assicurarsi che l'altra non stia mentendo.
«Gli hai scritto dopo il gol nel 2-1 in casa al Toro?»
«Non ci sentiamo da quando ci siamo visti, l'8.»
«E perché mai, di grazia?»
«L'ultimo messaggio gliel'ho mandato io, tocca a lui scrivermi per primo.» dice la piccola, ovvia.

«Ti hanno mai detto che il tuo cervello ha qualcosa fuori posto?»
«Ogni tanto, ma parlavano per invidia.»
«Tu sei pazza, potevi almeno complimentarti per il gol, quel colpo di testa è stato stupendo.» Vittoria le parla dal bagno, terminando di truccarsi. Non ci mette molto, a dire la verità, abbina un rossetto lucido all'abito ed allo smalto e l'operazione può dirsi più che conclusa. Non le piace truccarsi tanto.

«Lascio a te i tecnicismi.»
«È stato il suo primo gol in A della stagione.»
«Mi complimenterò oggi, cosa vuoi che ti dica?» Diana scrolla le spalle, prendendo il suo posto in bagno per darsi una sistemata veloce ed indossare gli indumenti gentilmente ricevuti.
«Metti questi, altrimenti Dodo rompe.» Vittoria le porge anche un paio di orecchini ad anello ed un bracciale bangle della stessa marca.

«Non hai anche la collana con le stelline?»
«Ho mezza collezione, un po' mi è stata spedita, un po' l'ho comprata, scegli quello che vuoi.» la sorella maggiore indica il portagioie. «Ti aspetto in cucina, hai 10 minuti per raggiungermi.»
«Me ne bastano un paio, arrivo.» Diana annuisce, stupendosi sempre di come Vittoria li sfoggi soltanto quando a fotografarla sono altri, in modo che lei possa pubblicizzare cose senza nemmeno perdere tempo a mettersi in posa: per la legge dei grandi numeri, qualche foto decente c'è sempre.

Vittoria: Avanti tutta, Dušan

Dušan Vlahović: L'Atalanta
ti spaventa così tanto?

Vittoria: Gasperini mi sta
terribilmente antipatico

Dušan Vlahović: Ah, ecco.
Mi pareva strano che questa
Atalanta ti spaventasse

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