XV. Non prendere il sette ma chi ci sta sotto

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«Pequeñito.» Vittoria posa una mano sulla coscia di Gavi, richiamando la sua attenzione. Stanno raggiungendo la Ciutat Esportiva Joan Gamper, stipati in un autobus di linea pieno zeppo di gente. Il calciatore non voleva chiamare l'autista messogli a disposizione dal club e Vittoria si è adeguata senza problemi, anche per lei i mezzi pubblici, nel caso in cui silenziosi ed a percorrenza relativamente lunga, sono sempre stati un ottimo calmante.

Il centrocampista posa una mano su quella di lei e inclina la testa fino a solleticarle il collo con i capelli. Chiude gli occhi, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro mentre prova a concentrarsi sui piccoli disegnini che l'allenatrice crea sul tessuto dei suoi pantaloncini, minime carezze quasi impercettibili. Vittoria ha capito che Gavi non ha voglia di chiacchierare, Luca ha appena pubblicato il fatidico articolo ed i passeggeri dell'autobus già ne parlano.

I due ragazzi si separano all'ingresso del centro sportivo, l'allenatrice diretta verso le tribune, il più piccolo verso gli spogliatoi. L'andaluso tira dritto fino al suo armadietto, senza salutare nessuno, litiga con la serratura che, oggi, sembra volerlo prendere in giro, sbloccandosi più a fatica del solito, ripone lo zaino nello scomparto di mezzo e recupera gli scarpini, quindi si lascia cadere sulla sua porzione di panca e molla la presa sulle calzature, che sbattono rumorosamente sul pavimento piastrellato.

«Gavi? Ma se potresti essere suo padre!» Sergio Busquets dà un sonoro schiaffo sulla nuca a Gerard Piqué, facendolo ridere. Il tempismo di Luca è stato perfetto: da come scherzano, è palese che nessuno dei due abbia letto l'articolo. Anche Sergi Roberto si unisce alle risate e Gavi afferra il deodorante, guardando attraverso il vetro trasparente del contenitore quanto gel biancastro ancora abbia a sua disposizione. Poco. Prima di indossare la maglia da allenamento utilizza quello che gli serve, quindi si mordicchia le labbra e prende la mira.

Tutti si sono accorti che non è dell'umore. Dire che è nero sarebbe un eufemismo. Non parla con nessuno, preferisce macerare nel suo brodo, crogiolandosi nel malumore, lo sguardo truce puntato ovunque e da nessuna parte, gli auricolari ancora nelle orecchie, a riprodurre canzoni che neanche ascolta ma che gli consentono, dato il volume bassissimo, di origliare le conversazioni dei suoi compagni di squadra. Il vetro della boccetta di deodorante esplode contro la parete, le schegge piombano in parte nel cestino, in parte rimangono attaccate alla pittura, il gel denso che fa da collante ed impiastriccia tutto.

Si sente tradito e ferito nell'orgoglio Gavi, sono ore che il suo cervello gli ripropone un'infinità di episodi in cui Piqué aveva fatto il simpatico e si era dimostrato gentile per quello che, con il senno di poi, era mero interesse personale. È arrabbiato con se stesso per aver prima pensato e poi sperato che Gerard lo trattasse così a prescindere da sua madre, è arrabbiato all'idea di dover discutere sia con la donna che l'ha messo al mondo che con il compagno di squadra, è arrabbiato con ogni singola persona presente al centro sportivo, ignara colpevole di non rispettare docilmente il suo cattivo umore.

«Sapevo che non stavi davvero ascoltando la musica.» Griezmann si siede al suo fianco quando il trio delle battutine, rivoltagli un'occhiataccia per il deodorante, esce dagli spogliatoi.
«Bravo, hai indovinato. Vuoi una medaglia?» Gavi lo fissa in cagnesco, riponendo gli auricolari nella custodia che chiude con un gesto secco.
«Non ti chiedo neanche se stessi origliando, sappi solo che ho visto le foto e mi dispiace.»
«Grazie.» il centrocampista annuisce.

Antoine gli dà una veloce pacca sulla spalla mentre raggiungono il tappeto erboso, quindi prende un pallone ed inizia a palleggiare, coinvolgendo il più piccolo in quel giochetto improvvisato per cercare di distrarlo mentre aspettano che arrivino Mister, preparatori e compagni. Il francese guarda la porta alla sua sinistra per una frazione di secondo, quindi colpisce il pallone di prima. Questo sbatte con forza contro l'incrocio dei pali e viene sbalzato addosso a Piqué, che ciondolava lì per lì.

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