17.

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•𝙰𝚛𝚒𝚎𝚕•

Quando esco da casa, Hayley mi segue senza proferire parola.
È chiaro che voglia seguirmi, a quest'ora della notte.
Forse, è preoccupata che possa succedermi qualcosa.

«Allora... Dove siamo dirette esattamente?»
«Vicino a casa di James c'è un ospedale»
«Come fai a saperlo?»
«Non è difficile notarlo. Dunque, andiamo li e vediamo che succede. Se non dovessimo avere nessuna novità, allora è seriamente un problema, perché non so dove altro guardare» Ammetto, inserendo la prima marcia.
Parto un istante dopo, sentendo lo sguardo di Hayley puntato addosso.

Ha ansia e chi non l'avrebbe.
Sono la prima ad averne.

Durante il tragitto restiamo in silenzio, non avendo alcun argomento.
Potrei chiederle del suo fidanzato e se la loro storia ha subito qualche cambiamento, ma sono talmente presa da James, che potrei non ascoltarla.
Quindi perdermi coi pensieri durante il nostro discorso.

Arrivo in ospedale in breve tempo.
Sento il cuore battere più forte del normale e mi chiedo se sia normale.
La paura la manifesto in questo modo?

Entriamo all'interno, e subito mi dirigo verso la reception, ricordandomi poi di un dettaglio.
L'ennesimo.
Non ho idea di quale sia il nome del papà di James, e sento i miei occhi pizzicare per questa motivazione.

«Ariel»
«Io... Non so quale sia il nome del padre»
«E vai direttamente con James»
«Che intendi?»
«Chiedili se un ragazzo di nome James è stato portato qui. Ovviamente mettici di mezzo anche il cognome, io non l'ho messo perché non lo so» Mi spiega Hayley.
Sento di volerla abbracciare per poterla ringraziare.

Ha sempre delle belle idee.

Raggiungo la reception, osservando l'uomo che c'è prima di me.
Non c'è alcuna motivazione, semplicemente lo guardo.
Mi capita spesso di perdermi con gli occhi, specie in questa settimana.

«Prego» Mi richiama, ed io sono costretta ad avvicinarmi di più.
«James Miller... È qui?»

«Un attimo che controllo»

Vorrei avere subito una risposta, senza dover aspettare qualche secondo.
Non riesco a metabolizzare di essere qui.

Avrei voluto che fosse andata diversamente.

«Stanza duecentoventisette» Per un attimo spero di aver capito male.
«Come prego?»
«Stanza duecentoventisette, al secondo piano»

Poi mi rendo conto che è tutto vero.
Lui è qui, ed io non lo sapevo.
Non me l'ha detto nessuno.

«Ariel» Mi raggiunge Hayley.
Ha capito che sarei caduta a terra, se non mi fossi seduta all'istante.
«Che c'è? Che ti ha detto?»
«Lui è qui» Nel ripetere quelle parole, mi sembra di sognare.
Un sogno che voglio terminare il prima possibile.
O meglio, incubo.

«È qui? E cosa è successo?»
«Non lo so, Hayley. Mi ha semplicemente detto il numero della stanza. Non ho idea di cosa sia successo»

Hayley si porta una mano sulla fronte.
Capisce come me, che sua mamma mi ha presa in giro per tutto questo tempo.
E che sicuramente è nella camera assieme al figlio.
Infatti poi, si avvicina ancora di più, per parlarmi come se niente fosse.

«L'ho visto fare nei film e ora lo ripetiamo noi, Ariel. Bisogna che qualcuno chiami quella donna per farla uscire dalla stanza, cosi tu puoi restare sola con James»
«Che stai dicendo? E se poi ci dovesse scoprire, come glielo spiego?»
«Beh, racconti tutta la verità, Ariel. La affronti, davanti a James, e le dici che quelle bugie non sono servite a nulla, perchè alla fine l'hai trovato»
«Senti, Hayley, non siamo nei film. Come mai potresti fare per convincere un medico a chiamarla?»
«Ti fidi di me?» Annuisco, senza pensarci due volte.

Camminiamo mano nella mano diretti in ascensore, premendo poi il secondo piano.
Quando le porte si aprono, noto che il reparto è al buio.

«Dovremmo tormare domani, Hayley»
«Non esiste. Devi parlarci adesso» Sussurra a sua volta, camminando dietro di me.
Forse si aspetta che io mi fermi davanti alla camera di James, e cosi succede.

Mi blocco, non appena leggo quel numero.

Duecentoventisette.

«È qui»
«Dio, mi sento elettrizzata al massimo, Ariel» Ridacchia.
Hayley è sempre stata piena di adrenalina.

«E ora che si fa?» Borbotto, mentre continuo ad osservare quella maniglia, tentata di volerla aprire.
«Lascia fare a me» Si allontana, ed io resto da sola, nell'attesa.

Quando poi intravedo Hayley vestita come se fosse un'infermiera, sento ancora di più il battito accelerato.
Ma non riesco a non sorridere.

«Sei impazzita?»
«Sh» Mi punta un dito sulla bocca, facendomi poi l'occhiolino.

«Qual è il cognome di James?»
«Miller» Annuisce, aprendo poi la porta.

All'istante mi nascondo.

«Signora» Sento che la richiama.
Mi porto una mano sulla bocca, trattenendo la mia voglia di ridere.
Hayley ha ragione, anch'io mi sento elettrizzata.

Le due escono.
Non ho più ascoltato alcuna parola, noto semplicemente che Hayley allontana quella donna dalla camera di James.
Non so quale scusa ha trovato, soprattutto non so quanto tempo ho con esattezza, prima che ritornino.

Corro verso la stanza, e una volta all'interno, il mio sguardo si posa subito su quello di James.
Dorme, ma non è quello che mi lascia a bocca aperta.

È il modo in cui è conciato.
Ha una flebo, immagino da giorni, soprattutto noto l'ossigeno, e sento il mio cuore spezzarsi in due.
Fortuna non ha una mascherina a coprirli il volto.

Velocemente mi avvicino, sedendomi poi al suo fianco.
Il suo battito del cuore riecheggia nella camera.

«Jam sono qui» Sposto i suoi capelli all'indietro, posando poi la bocca sulla fronte.
Non mi muovo.

Però, quello che succede dopo, è inaspettato.
James si sistema con una mano sulla mia, e il suo viso più vicino al mio.

«Ciao ragazzina» Mormoro, ed io sento la mia pelle scoppiare.
Mi giro verso di lui, ignorando quelle lacrime che escono.
Non riuscirei mai a fermarle.

«Ehi» È la mia voce.
«Sto sognando o sei reale?» Resto a contemplare il fatto che lui sia poco cosciente.
«È reale, James... Sono qui» E ancora, resto immobile, quando sento la sua bocca sulla mia.

Anche in questo momento non è connesso con la mente?

«Non sono riuscito a trovarti, Ariel» Mi parla, immobile sulle mie labbra, ormai secche e gonfie.
«Ti ho trovato io, James» Rispondo, non riuscendo a spostarmi di un millimetro.

«Cosa ti è successo Jam?»
«Non ho ben capito. Credo sia una commozione celebrale»
«Che?» Non ho mai sentito questi sentimenti farsi spazio dentro di me.

La paura di perderlo mi ha accecata.
L'ansia di lasciarlo andare per davvero e di non poter cambiare nulla.

«Ho avuto un incidente con la macchina mentre pensavo a te, questo ricordo»

È questo che si prova quando temi che tutto sia finito?
Che la parola fine sia improvvisamente così veritiera.
E mette più paura di quello che credi.

𝙳𝚞𝚎 𝙲𝚞𝚘𝚛𝚒 𝙸𝚗 𝚄𝚗𝚘.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora